Pronuncia 267/1994

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 213 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 settembre 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Macerata nel procedimento penale a carico di Greco Daniele, iscritta al n. 698 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 1994 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 213 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Macerata con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1994. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: SPAGNOLI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 30 giugno 1994. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore: Ugo Spagnoli

Data deposito: Thu Jun 30 1994 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CASAVOLA

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Massime

SENT. 267/94. PROCESSO PENALE - RICOGNIZIONI - DIRITTO DEL COIMPUTATO DELLO STESSO REATO O DI REATO CONNESSO DI RIFIUTARSI DI RISPONDERE O COMUNQUE DI PRESTARE L'UFFICIO DI RICOGNITORE - RITENUTA ESCLUSIONE - ASSERITA INGIUSTIFICATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO RISPETTO ALL'UFFICIO DI TESTIMONE CON INCIDENZA SUL DIRITTO DI DIFESA - INESATTEZZA DELLE PREMESSE INTERPRETATIVE DA CUI MUOVE IL GIUDICE 'A QUO' - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

Riguardo alla ricognizione di persone, prevista dall'art. 213 cod. proc. pen., conformemente alla concorde dottrina e alla stessa giurisprudenza, deve ritenersi, che -sebbene non sia esplicitato dalla norma- nel caso in cui la persona chiamata ad effettuare l'atto in questione, sia un coimputato o un imputato in un procedimento connesso, in base al principio 'nemo tenetur se detegere', essa sia assistita dal diritto al silenzio e possa non prestarsi alla ricognizione attiva. Ne' a diversa conclusione puo' condurre il fatto che la disciplina della ricognizione non contempla, per il coimputato e per l'imputato in un procedimento connesso, le incompatibilita' per gli stessi previste dall'art. 197 cod. proc. pen. riguardo alla testimonianza, giacche', comunque si voglia definire la natura del mezzo di prova-ricognizione, e' arbitrario equiparare la ricognizione alla testimonianza. Vanno quindi respinte - in quanto formulate in base all'errato contrario assunto interpretativo - le censure di violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa formulate in proposito. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., dell'art. 213 cod. proc. pen.). - Cfr. Cassazione, Sez. VI pen., u.p. 18 febbraio 1994 (Goddi), secondo la quale, nell'ipotesi in questione, e' applicabile la regola, prevista per l'esame dall'art. 210, quarto comma, cod. proc. pen., dell'avviso della facolta' di non rispondere. red.: F.S. rev.: S.P.