Articolo 398 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 92/2018Depositata il 27/04/2018
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per ipoteticità della questione e per difetto di adeguata motivazione sulla rilevanza, della questione di legittimità costituzionale degli artt. 398, comma 5, e 133 cod. proc. pen. Seppure, nel caso di specie, l'assenza del minore chiamato a rendere testimonianza in sede di incidente probatorio non sia giustificata da un impedimento a comparire o da gravi difficoltà, e sarebbe risolvibile tramite l'accompagnamento coattivo, con un sacrificio "non grave" delle sue ragioni, tale sacrificio è proprio ciò che il rimettente mira ad evitare con la questione sollevata.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 398, comma 5
- codice di procedura penale-Art. 133
Pronuncia 92/2018Depositata il 27/04/2018
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal GIP del Tribunale di Lecce, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 3 e 4 della Convenzione sui diritti del fanciullo - degli artt. 398, comma 5, e 133 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono che, quando la mancata comparizione del minore chiamato a rendere testimonianza in sede di incidente probatorio sia dovuta a «situazioni di disagio che ne compromettono il benessere», alle quali sia possibile «ovviare» esaminandolo presso il tribunale del luogo della sua dimora, il giudice competente, anziché disporre l'accompagnamento coattivo, possa ritenere giustificata la mancata comparizione e delegare l'incidente probatorio al GIP nel cui circondario il minore risiede. Il sistema processuale vigente offre al giudice un ampio e duttile complesso di strumenti di salvaguardia della personalità del minore chiamato a rendere testimonianza, a fronte del quale deve escludersi l'asserita necessità costituzionale di introdurre quello ulteriore congegnato dal rimettente. Peraltro, la pretesa di delegare l'incombenza al GIP del luogo di residenza del minore si rivela affatto eccentrica rispetto alle norme convenzionali evocate, cui risulta del tutto indifferente presso quale giudice la testimonianza venga assunta. Nella materia penale sussiste un particolare collegamento tra le regole sulla competenza territoriale e il principio del giudice naturale, in ragione della "fisiologica" allocazione del processo penale nel locus commissi delicti, cosicché qualsiasi istituto processuale che producesse l'effetto di "distrarre" il processo dalla sua sede inciderebbe su un valore di elevato e specifico risalto, giacché la celebrazione di quel processo in "quel" luogo risponde ad esigenze di indubbio rilievo, fra le quali, non ultima, va annoverata anche quella per la quale il diritto e la giustizia devono riaffermarsi proprio nel luogo in cui sono stati violati, la cui sede, di massima, è anche quella più idonea all'accertamento del fatto, in particolare nella prospettiva di una più agevole e rapida raccolta del materiale probatorio. ( Precedente citato: sentenza n. 168 del 2006 ).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 398, comma 5
- codice di procedura penale-Art. 133
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 117
- convenzione ONU diritti del fanciullo-Art. 3
- convenzione ONU diritti del fanciullo-Art. 4
- legge-Art.
Pronuncia 63/2005Depositata il 29/01/2005
Le esigenze di tutela della personalità particolarmente fragile dell'infermo di mente, chiamato a testimoniare nell'ambito di processi penali per reati sessuali, impongono, in base alla stessa 'ratio decidendi' della citata sentenza n. 283 del 1997, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione (restando così assorbito ogni altro profilo di censura), di estendere al maggiorenne infermo di mente la garanzia, prevista per il minore infrasedicenne dall'art. 398, comma 5-bis (richiamato dall'art. 498, comma 4-bis) del codice di procedura penale, del ricorso, alle modalità ?protette? di assunzione della prova testimoniale contemplate dalle norme menzionate, quando il giudice ne riscontri in concreto la necessità o l'opportunità. Va pertanto dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 398, comma 5-bis, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice possa provvedere nei modi ivi previsti all'assunzione della prova ove fra le persone interessate ad essa vi sia un maggiorenne infermo di mente, quando le esigenze di questi lo rendano necessario od opportuno. - Richiamo della sentenza n. 283/1997 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 498 cod. proc. pen. nella parte in cui non consentiva al giudice, in tale ipotesi, di procedere direttamente all'esame su domande e contestazioni proposte dalle parti. - Sulla inammissibilità di analoghe questioni per irrilevanza, in quanto sollevate sul presupposto della estensione alla specie della previsione di ricorso all'incidente probatorio - v. ordinanza n. 108/2003; sentenza n. 529/2002, con riferimento alla prospettata estensione della applicazione dell'art. 398, comma 5-bis, cod. proc. pen. al caso di testimonianza del minore nell'ambito di procedimenti per reati diversi da quelli sessuali - e non invece sollevate come nel presente giudizio in un caso nel corso del dibattimento, in un altro caso nel corso di un incidente probatorio ammesso in base alla disciplina in vigore. - In tema di speciali modalità ?protette? di assunzione della prova, v. citate sentenze n. 283/1997, n. 114/2001, n. 529/2002.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 398, comma 5
Pronuncia 108/2003Depositata il 01/04/2003
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 398, comma 5-bis, e 498, commi 4, 4-bis e 4-ter, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 32 e 111 della Costituzione, nella parte in cui prevedono speciali modalità "protette" per l'assunzione della testimonianza della persona minorenne e non le estendono al caso del soggetto adulto affetto da deficit psichico. Infatti la questione risulta priva di attuale rilevanza nel procedimento 'a quo', dovendo il giudicante decidere solo sulla richiesta di procedere ad incidente probatorio, ed avendo lo stesso escluso che ricorrano, nella specie, le condizioni per procedervi sulla base della normativa vigente. - V. precedente citato, sentenza n. 529/2002.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 398, comma 5
- codice di procedura penale-Art. 498, comma 4
- codice di procedura penale-Art. 498, comma 4
- codice di procedura penale-Art. 498, comma 4
Pronuncia 529/2002Depositata il 18/12/2002
E' inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 398, comma 5-bis, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli articoli 2 e 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che l'incidente probatorio avente ad oggetto la testimonianza di un minore di sedici anni possa avvenire con le particolari modalità ivi previste anche quando si procede per ipotesi di reato diverse da quelle ivi indicate, ed il testimone sia anche parte offesa del reato. La questione sarebbe rilevante, infatti, solo se il remittente ritenesse di poter procedere ? come invece, allo stato della legislazione in vigore, nega di poter fare ? all'assunzione della testimonianza mediante incidente probatorio.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 398, comma 5
Parametri costituzionali
Pronuncia 114/2001Depositata il 09/05/2001
La personalità e l'integrità morale del minore, chiamato a deporre quale testimone nel corso di un incidente probatorio, sono adeguatamente tutelate sia dall'art. 472, comma 4, cod. proc. pen. (il quale consente al giudice di procedere a porte chiuse); sia dall'art. 498, comma 4, cod. proc. pen. (il quale impedisce alle parti di condurre direttamente l'esame incrociato del minore); sia, soprattutto, dall'art. 498, comma 4-bis, cod. proc. pen. (introdotto dall'art. 13, comma 6, della legge n. 269 del 1998), il quale rende applicabile a qualsiasi ipotesi di reato le particolari modalità di assunzione della prova testimoniale previste dall'art. 398, comma 5-bis, cod. proc. pen.. Non è, quindi, fondata la questione di legittimità costituzionale di quest'ultima norma, nella parte in cui non include l'ipotesi di reato di cui all'art. 572 del codice penale fra quelle in presenza delle quali, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova nelle forme dell'incidente probatorio vi siano minori di sedici anni, il giudice stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando le esigenze del minore lo rendano necessario od opportuno. - L'art. 398 cod. proc. pen., nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 269/98, era già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 262/1998. M.R.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 398, comma 5
Parametri costituzionali
Pronuncia 262/1998Depositata il 09/07/1998
E' costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 398, comma 5-'bis', cod. proc. pen., come introdotto dall'art. 14, comma 2, della legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), <<nella parte in cui non prevede l'ipotesi di reato di cui all'art. 609-'quinquies' cod. pen. (Corruzione di minorenne) fra quelle in presenza delle quali, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, il giudice stabilisce il luogo, il tempo e le modalita' particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno>>, in quanto - premesso che, mentre la disposizione che consente il ricorso all'incidente probatorio fa riferimento a tutte le nuove fattispecie delittuose configurate dalla legge n. 66 del 1966, la disposizione denunciata, che prevede il ricorso a modalita' particolari, quando le esigenze del minore lo richiedano, fa invece riferimento a tutte le fattispecie meno una, quella appunto della corruzione di minorenne prevista dall'art. 609'-'quinquies' - la limitazione alla applicabilita' della disposizione che prevede modalita' particolari di assunzione della prova nell'incidente probatorio, derivante dal mancato richiamo all'art. 609-'quinquies', non trova alcuna giustificazione ragionevole. Invero, le esigenze di salvaguardia della personalita' del minore (oltre che di assicurazione della genuinita' della prova), a tutela delle quali la disposizione e' dettata, sono di preciso rilievo costituzionale, coinvolgendo la protezione dei diritti fondamentali della persona: sicche' non sarebbe tollerabile la lacuna o la contraddizione dell'ordinamento, che discende dalla limitazione in discorso, nemmeno se fosse frutto di una scelta consapevole del legislatore; la qual cosa, peraltro, non risulta in alcun modo dalla ricostruzione dell'"iter" parlamentare della legge n. 66 citata. red.: G. Leo
Norme citate
- legge-Art. 14, comma 2
- codice di procedura penale-Art. 398, comma 5
Pronuncia 181/1994Depositata il 16/05/1994
La disposizione dell'art. 403 cod. proc. pen., che pone limiti alla utilizzabilita' nel dibattimento delle prove assunte con incidente probatorio, costituisce sviluppo attuativo della direttiva n. 40 dell'art. 2 della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81, che, in tema di incidente probatorio, prevede l'obbligo di "garantire la partecipazione in contraddittorio del pubblico ministero e dei difensori delle parti direttamente interessate" (seconda subdirettiva); nonche', il divieto di "... utilizzare le dichiarazioni concernenti persone diverse da quelle chiamate a partecipare" (terza subdirettiva). Interpretando la 'ratio' di tali previsioni, il legislatore delegato ha, nell'art. 403 cod. proc. pen., esteso opportunamente il divieto di utilizzabilita' soggettiva a tutte le prove assunte senza la partecipazione dei difensori dei soggetti ad esse interessati, e, quindi, al di la' di quelle consistenti in dichiarazioni, le sole formalmente considerate dalla subdirettiva da ultimo citata. Che la norma del codice sia stata concepita in funzione della salvaguardia del contraddittorio, espressione del piu' generale diritto di difesa, si ricava del resto, oltre che dallo stretto collegamento tra le predette direttive della legge-delega, dall'esame sistematico di altre disposizioni collocate nel titolo VII del libro V del codice, fra cui, in particolare, l'art. 401, primo comma, che prevede la partecipazione necessaria all'udienza "del difensore della persona sottoposta alle indagini"; e dal sesto comma del medesimo articolo, che pone il divieto di "estendere l'assunzione della prova a fatti riguardanti persone diverse da quelle i cui difensori partecipano all'incidente probatorio", salvo, peraltro, quanto previsto dall'art. 402, che prevede la necessaria integrazione del contraddittorio in caso di formale richiesta di estensione dell'incidente ad altri soggetti interessati. La regola di inutilizzabilita' soggettiva implicata dall'art. 403 costituisce dunque una sanzione processuale per la violazione del principio del contraddittorio, in funzione del quale, come si esprime la Relazione al progetto preliminare del codice (p. 99), l'istituto dell'incidente probatorio e' stato "costruito", dal che consegue che la norma in questione in tanto puo' trovare applicazione in quanto non sia stato, nel concreto, assicurato il contraddittorio, che si traduce nella regola della partecipazione del difensore della persona sottoposta alle indagini all'assunzione della prova della cui utilizzazione si discute. - Cfr. S. n. 436/1990. red.: S.P.
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 403
- legge-Art. 2 N. 40
- codice di procedura penale-Art. 401, comma 1
- codice di procedura penale-Art. 393, comma 1
- codice di procedura penale-Art. 402
- codice di procedura penale-Art. 396
- codice di procedura penale-Art. 398, comma 2
- codice di procedura penale-Art. 395
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.