Pronuncia 43/2018

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 649 del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Monza nel procedimento penale a carico di C. S., con ordinanza del 30 giugno 2016, iscritta al 236 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 2018 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE ordina la restituzione degli atti al Tribunale ordinario di Monza. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 2018. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente e Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 2 marzo 2018. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giorgio Lattanzi

Data deposito: Fri Mar 02 2018 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: LATTANZI

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Massime

Prospettazione della questione incidentale - Rilevanza della norma censurata - Affermazione motivata del rimettente - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione d'inammissibilità, per difetto di rilevanza, nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. pen., censurato nella parte in cui non prevede il divieto di un secondo giudizio nei confronti di un imputato al quale, per gli stessi fatti, sia già stata irrogata nell'ambito di un processo amministrativo una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU. Il giudice a quo ha affermato motivatamente che la sanzione tributaria non è più soggetta a impugnazione, e tanto basta per ritenere che sussistono, sotto tale profilo, le condizioni perché operi il divieto di bis in idem.

Thema decidendum - Richiesta di restituzione degli atti per ius superveniens - Assenza dei presupposti - Rigetto della richiesta.

Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. pen., non è accolta la richiesta di restituzione degli atti , formulata perché il rimettente rivaluti la rilevanza della questione in ragione della causa di non punibilità introdotta dall'art. 11 del d.lgs. n. 158 del 2015, che ha sostituito l'art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000. Il citato art. 11 non costituisce ius superveniens, in quanto anteriore all'ordinanza di rimessione, sicché non vi sono i presupposti di una restituzione degli atti; in ogni caso, la descrizione dei fatti esposta dal rimettente consente di escludere la sussistenza della causa di non punibilità suddetta.

Interpretazione della norma censurata - Interpretazione secundum constitutionem - Motivata e convincente esclusione del rimettente - Corretta interpretazione del parametro convenzionale evocato in forza della giurisprudenza della Corte EDU esistente al momento della rimessione - Ammissibilità della questione.

È ammissibile la questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. pen, censurato nella parte in cui non prevede il divieto di un secondo giudizio nei confronti di un imputato al quale, per gli stessi fatti, sia già stata irrogata nell'ambito di un processo amministrativo una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU . Il rimettente per un verso ha motivatamente e convincentemente esclusa la possibilità di un'interpretazione costituzionalmente conforme della norma censurata; per un altro verso ha correttamente interpretato la normativa interposta - art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU - in forza della giurisprudenza europea allora in essere, secondo cui il ne bis in idem convenzionale opera, nel rapporto tra accertamento tributario e accertamento penale, ogni qual volta sia stato definito uno dei relativi procedimenti. ( Precedenti citati: sentenze n. 253 del 2017, n. 200 del 2016, n. 102 del 2016, n. 36 del 2016 e n. 221 del 2015 ). Le disposizioni della CEDU e dei suoi protocolli addizionali vivono nel significato loro attribuito dalla giurisprudenza della Corte EDU, che introduce un vincolo conformativo a carico dei poteri interpretativi del giudice nazionale quando può considerarsi consolidata. ( Precedenti citati: sentenze n. 49 del 2015, n. 349 del 2007 e n. 348 del 2007 ).

Parametri costituzionali

  • Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4

Processo penale - Imputato già condannato, per gli stessi fatti a sanzione amministrativa (nella specie: tributaria) sostanzialmente penale ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU - Inapplicabilità del divieto di un secondo giudizio - Denunciata violazione del divieto convenzionale del bis in idem - Sopravvenuto mutamento del significato attribuito a quest'ultimo dalla Corte EDU - Restituzione degli atti al rimettente - Persistente attualità dell'invito al legislatore a risolvere le frizioni tra ordinamento nazionale e la CEDU.

È ordinata la restituzione degli atti al Tribunale di Monza, perché rivaluti, alla stregua della mutata giurisprudenza convenzionale, la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 649 cod. proc. pen., censurato in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 4 del Prot. n. 7 della CEDU, nella parte in cui non prevede l'applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell'imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell'ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della CEDU e dei relativi Protocolli. La sentenza della Corte EDU 15 novembre 2016, A e B contro Norvegia, ha enunciato il principio di diritto secondo cui il ne bis in idem non opera quando i procedimenti sono avvinti da un legame materiale e temporale sufficientemente stretto, modificando la precedente giurisprudenza, per la quale il divieto di bis in idem era sostanzialmente inderogabile e di natura esclusivamente processuale. Per effetto di tale sentenza si è passati dal divieto imposto agli Stati aderenti di configurare per lo stesso fatto illecito due procedimenti che si concludono indipendentemente l'uno dall'altro, alla facoltà di coordinarli nel tempo e nell'oggetto, in modo che essi possano reputarsi nella sostanza come preordinati a un'unica, prevedibile e non sproporzionata risposta punitiva, avuto specialmente riguardo all'entità della pena (in senso convenzionale) complessivamente irrogata. La nuova regola espressa dalla Corte EDU, 15 novembre 2016, A e B contro Norvegia, considerata diritto vivente, rende meno probabile l'applicazione del divieto convenzionale di bis in idem alle ipotesi di duplicazione dei procedimenti sanzionatori per il medesimo fatto, senza però escludere che tale applicazione si imponga di nuovo, sia nell'ambito degli illeciti tributari, sia in altri settori dell'ordinamento, ogni volta che venga a mancare l'adeguato legame temporale e materiale tra essi. Resta perciò attuale l'invito al legislatore a stabilire quali soluzioni debbano adottarsi per porre rimedio alle frizioni che il sistema del c.d. doppio binario genera tra l'ordinamento nazionale e la CEDU. ( Precedenti citati: sentenza n. 102 del 2016; ordinanza n. 150 del 2012 ).

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 117
  • Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4