Pronuncia 222/2019

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 649 del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Bergamo nel procedimento penale a carico di L. M., con ordinanza del 27 giugno 2018, iscritta al n. 169 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 2018. Visti l'atto di costituzione di L. M., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 18 giugno 2019 il Giudice relatore Francesco Viganò; uditi l'avvocato Vittorio Meanti per L. M. e l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 649 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con la legge 9 aprile 1990, n. 98, e all'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, dal Tribunale ordinario di Bergamo con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2019. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Francesco VIGANÒ, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2019. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Francesco Viganò

Data deposito: Thu Oct 24 2019 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: LATTANZI

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Massime

Processo penale - Imputato già condannato, per gli stessi fatti, a sanzione amministrativa (nella specie: tributaria) sostanzialmente penale ai sensi della giurisprudenza della Corte EDU - Inapplicabilità del divieto di un secondo giudizio - Denunciata violazione del divieto convenzionale del bis in idem, come interpretato dalla giurisprudenza europea, nonché del principio di ragionevolezza intrinseca dell'ordinamento - Insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza e sulla rilevanza - Inammissibilità delle questioni.

Sono dichiarate inammissibili, per insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza e sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Bergamo in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU e, implicitamente, all'art. 50 CDFUE - dell'art. 649 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti di imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell'ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della CEDU e dei relativi Protocolli. L'ordinanza di rimessione non chiarisce adeguatamente le ragioni per le quali non sarebbero soddisfatte le condizioni di ammissibilità di un "doppio binario" procedimentale e sanzionatorio per l'omesso versamento di IVA (reato oggetto del giudizio a quo ), così come enunciate dalla giurisprudenza europea evocata. Infatti, tanto la Corte EDU, quanto la CGUE non affermano che la mera sottoposizione di un imputato a un processo penale per il medesimo fatto per il quale egli sia già stato definitivamente sanzionato in via amministrativa integri, sempre e necessariamente, una violazione del ne bis in idem , ma enunciano le condizioni in presenza delle quali detta violazione debba essere esclusa. La carente motivazione sulla asserita incompatibilità tra la disposizione censurata e il ne bis in idem , alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza europea, si riverbera sulle censure di irragionevolezza, declinate come ancillari rispetto alla prima. ( Precedente citato: sentenza n. 43 del 2018 ).

Parametri costituzionali