Pronuncia 242/2009

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 428 del codice di procedura penale come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promossi dalla Corte d'appello di Brescia con ordinanza del 25 marzo 2008, dalla Corte militare d'appello, sezione distaccata di Verona, con ordinanza del 21 maggio 2008, dalla Corte d'appello di Brescia, con ordinanza del 9 aprile 2008 e dalla Corte militare d'appello, sezione distaccata di Verona, con due ordinanze del 21 maggio 2008, ordinanze rispettivamente iscritte ai nn. 187, 274 e 375 del registro ordinanze 2008 e ai nn. 32 e 33 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 26, 39 e 49, prima serie speciale, dell'anno 2008 e n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2009. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio dell'8 luglio 2009 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 428 del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Brescia e dalla Corte militare d'appello, sezione distaccata di Verona, con le ordinanze indicate in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2009. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Giuseppe FRIGO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2009. Il Cancelliere F.to: MILANA

Relatore: Giuseppe Frigo

Data deposito: Fri Jul 24 2009 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: AMIRANTE

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Massime

Processo penale - Sentenza di non luogo a procedere - Appello del pubblico ministero - Preclusione - Denunciata irragionevolezza nonché ingiustificata discriminazione tra procedimenti a citazione diretta e procedimenti che richiedono l'udienza preliminare e violazione dei principi di parità delle parti, della ragionevole durata del processo e dell'obbligatorietà dell'azione penale - Esclusione - Non fondatezza delle questioni.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 428 cod.proc.pen., come sostituito dall'art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, censurato, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 Cost., nella parte in cui non consente al pubblico ministero di proporre appello avverso le sentenze di non luogo a procedere. Non c'è vulnus al principio di parità delle parti nel processo poiché la sentenza di non luogo a procedere, a differenza di quella di proscioglimento, non è alternativa alla condanna, ma al rinvio a giudizio; inoltre, il potere di appello nei confronti della stessa è stato sottratto ad entrambe le parti ed anche il decreto di rinvio a giudizio non è impugnabile da parte di alcuno. Inoltre, a differenza della sentenza di proscioglimento, la sentenza di non luogo a procedere non è idonea a dispiegare effetti preclusivi irremovibili, anche dopo lo spirare dei termini di impugnazione, visto il potere del pubblico ministero di ottenerne in ogni tempo la revoca quando sopravvengano o si scoprano nuove prove che possono determinare il rinvio a giudizio. Per le stesse ragioni, non è riscontrabile la lamentata disparità di trattamento tra sentenza di non luogo a procedere e proscioglimento, stante l'eterogeneità che le contraddistingue. Insussistente è la violazione dell'art. 3 Cost. anche sotto il profilo della inadeguatezza del rimedio accordato al pubblico ministero (il ricorso per cassazione), posto che la censura in oggetto resta sul piano della mera critica di opportunità, e sotto il profilo della disparità tra procedimenti con udienza preliminare e procedimenti a citazione diretta, dove la domanda di giudizio del pubblico ministero sfocia nell'immediata fissazione dell'udienza dibattimentale, poiché questa differenza di regime è solo la conseguenza del diverso modulo processuale. Non appare violato neppure il principio della ragionevole durata del processo, perché l'effetto negativo indotto dalla eventuale regressione del procedimento appare compensato dalla eliminazione del secondo grado di giudizio. Vanno disattese infine le censure di violazione del principio di obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, dato che il potere di impugnazione del pubblico ministero non costituisce estrinsecazione necessaria dei poteri inerenti all'esercizio dell'azione penale. -V., citate, le sentenze n. 26 e n. 320/2007, che hanno censurato la soppressione del potere di appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento emesse in esito al giudizio ordinario e a quello abbreviato. -Sui poteri del giudice nell'udienza preliminare v., citata, sentenza n. 384/2006. -Sulla eterogeneità della sentenza di non luogo a procedere rispetto a quella di proscioglimento v., citate, ordinanze n. 156 e n.4/2008. -Sulla ragionevole durata del processo v., citate, sentenze n. 64/2009 e n. 298/2008. -Sul fatto che il potere di impugnazione del pubblico ministero non è estrinsecazione necessaria dei poteri inerenti all'esercizio dell'azione penale v., citate, sentenza n. 280/1995 e ordinanze n. 165/2003, n. 347/2002, n. 421/2001 e n. 426/1998; altresì citate sentenze n. 298/2008, n. 26/2007 e n. 206/1997.

Norme citate