Pronuncia 129/2008

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 630 comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 22 marzo 2006 dalla Corte di appello di Bologna nel procedimento penale a carico di D. P., iscritta al n. 337 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2006. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2008 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 10 e 27 della Costituzione, dalla Corte di appello di Bologna con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2008. F.to: Franco BILE, Presidente Giovanni Maria FLICK, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 30 aprile 2008. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Relatore: Giovanni Maria Flick

Data deposito: Wed Apr 30 2008 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BILE

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Massime

Processo penale - Casi di revisione - Impossibilità di conciliare i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo 'ex' art. 6 della CEDU - Mancata previsione - Denunciata irragionevole disparità di trattamento rispetto alle ipotesi di cui all'art. 630, comma 1, lettera 'a)', cod. proc. pen. - Non condivisibilità della premessa argomentativa basata sull'asserita omologabilità di fattispecie viceversa non assimilabili - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen., censurato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui esclude dai casi di revisione l'impossibilità di conciliare i fatti posti a fondamento della sentenza, o del decreto penale di condanna, con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo, ex art. 6 della CEDU. Infatti, non è condivisibile la premessa da cui prende le mosse il rimettente, ossia che siano assimilabili i casi disciplinati dall'articolo censurato - che fa riferimento al contrasto tra i fatti stabiliti da due diverse sentenze - e la situazione in esame, intendendo per "fatto" anche l'accertamento da parte del giudice sopranazionale della invalidità della prova assunta nel processo interno: poiché nella logica codicistica, il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen. non può essere inteso in termini di contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle due decisioni, ma deve essere inteso in termini di oggettiva incompatibilità tra i "fatti" su cui si fondano le diverse sentenze, altrimenti la revisione si trasformerebbe in un improprio strumento di controllo della "correttezza" di giudizi ormai irrevocabilmente conclusi.

Parametri costituzionali

Processo penale - Casi di revisione - Impossibilità di conciliare i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo 'ex' art. 6 della CEDU - Mancata previsione - Denunciata lesione del principio secondo cui l'ordinamento italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute - Impossibilità di assumere la norma invocata come integratrice dell'art. 10 Cost., trattandosi di norma pattizia - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen., censurato, in riferimento all'art. 10 Cost., nella parte in cui esclude dai casi di revisione l'impossibilità di conciliare i fatti posti a fondamento della sentenza, o del decreto penale di condanna, con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo, ex art. 6 della CEDU. Il rimettente parte dall'assunto secondo cui alcune fra le garanzie fondamentali enunciate dalla CEDU - fra le quali il principio di presunzione di innocenza - coincidono con altrettante norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, che trovano adattamento automatico nell'ordinamento interno; peraltro, premesso che la presunzione di non colpevolezza accompagna lo status del processando ed impedisce sfavorevoli anticipazioni del giudizio di responsabilità ma si dissolve necessariamente allorché il processo è giunto al proprio epilogo, mentre la revisione mira a riparare un ipotetico errore di giudizio alla luce di fatti nuovi e non a rifare un processo iniquo, l'art. 10 Cost. si riferisce alle norme consuetudinarie, e la norma invocata dal rimettente, in quanto pattizia, esula dal suo campo di applicazione e non può avere, rispetto ad esso, funzione integratrice. - Sul fatto che la presunzione di non colpevolezza non si pone in contrasto con l'esigenza di salvaguardare il giudicato v., citate, sentenza n. 413/1999 (recte : ordinanza) , sentenze n. 294/1995 e n. 74/1980, nonché le ordinanze n. 501 e n. 14/2000. - Sull'espressione "norme di diritto internazionale generalmente riconosciute" di cui all'art. 10 Cost., v., citate, da ultimo, sentenze n. 349 e n. 348/2007.

Parametri costituzionali

Processo penale - Casi di revisione - Impossibilità di conciliare i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna con la decisone della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo 'ex' art. 6 della CEDU - Mancata previsione - Denunciata violazione del principio della finalità rieducativa della pena - Impossibilità di assegnare alle regole del «giusto processo» una funzione strumentale alla «rieducazione» - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen., censurato, in riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost., nella parte in cui esclude dai casi di revisione l'impossibilità di conciliare i fatti posti a fondamento della sentenza, o del decreto penale di condanna, con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo, ex art. 6 della CEDU. Il rimettente ritiene che il principio della finalità rieducativa della pena presupponga istanze etiche che trovano contrappunto in regole processuali non inique: in realtà, se si assegnasse alle regole del giusto processo una funzione strumentale alla rieducazione, si assisterebbe ad una paradossale eterogenesi dei fini, che vanificherebbe la stessa presunzione di non colpevolezza, poiché "giusto processo" e "giusta pena" sono termini di un binomio non confondibili; d'altra parte, se fosse vero l'assunto del giudice a quo, si dovrebbe ipotizzare, come soluzione costituzionalmente imposta, quella di prevedere, sempre e comunque, la revisione in tutti i casi in cui si sia realizzata una invalidità in rito che ne abbia contaminato l'equità e ciò è in contrasto con l'esigenza dello stare decisis che scaturisce dalle preclusioni processuali. - Sulla finalità rieducativa della pena si veda, fra le altre, la sentenza n. 313/1990, citata. - Sulla tematica dei rimedi "revocatori" v., citata, sentenza n. 395/2000.

Parametri costituzionali

Processo penale - Casi di revisione - Impossibilità di conciliare i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo 'ex' art. 6 della CEDU - Mancata previsione - Questione per la quale sono prospettabili molteplici soluzioni, con correlativa esigenza di un intervento normativo - Invito al legislatore ad adottare i provvedimenti più idonei per consentire all'ordinamento di adeguarsi alle sentenze della Corte di Strasburgo che abbiano riscontrato, nei processi penali, violazioni dell'art. 6 della CEDU.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 630, comma 1, lettera a) , cod. proc. pen., censurato, in riferimento agli artt. 3, 10 e 27, terzo comma, Cost., nella parte in cui esclude dai casi di revisione l'impossibilità di conciliare i fatti posti a fondamento della sentenza, o del decreto penale di condanna, con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo che abbia accertato l'assenza di equità del processo, ex art. 6 della CEDU. La questione nasce dall'assenza, nell'ordinamento italiano, di un apposito rimedio destinato ad attuare l'obbligo dello Stato di conformarsi alle sentenze definitive della Corte Edu, nei casi in cui sia stata accertata la violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e sia il Comitato dei Ministri che l'Assemblea del Consiglio d'Europa hanno reiteratamente stigmatizzato l'inerzia dello Stato italiano; la Corte non può quindi esimersi dal rivolgere al legislatore un pressante invito ad adottare i provvedimenti ritenuti più idonei per consentire all'ordinamento di adeguarsi alle sentenze della Corte Edu che abbiano riscontrato, nei processi penali, violazioni dei principi sanciti dall'art. 6 della CEDU.