Pronuncia 233/2018

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 291-bis, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli Nord, nel procedimento penale a carico di A. A. e altri, con ordinanza dell'8 febbraio 2017, iscritta al n. 124 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 7 novembre 2018 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 291-bis, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), sollevate dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Napoli Nord, in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 novembre 2018. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Augusto Antonio BARBERA, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 2018. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Augusto Antonio Barbera

Data deposito: Fri Dec 07 2018 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: LATTANZI

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Massime

Thema decidendum - Eccepito tentativo di sostituirsi alle scelte sanzionatorie del legislatore - Puntuale indicazione, nel corpo dell'ordinanza, di previsioni sanzionatorie rinvenibili nell'ordinamento - Attinenza al merito della questione della correttezza di siffatta indicazione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 291-bis, primo comma, del d.P.R. n. 43 del 1973, non è accolta l'eccezione d'inammissibilità formulata per l'assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata con riguardo alla individuazione del trattamento sanzionatorio conseguenziale all'ablazione invocata. Il rimettente ha chiesto, nel corpo dell'ordinanza, di colmare la lacuna conseguenziale all'eventuale accoglimento delle questioni sostituendo, al trattamento sanzionatorio censurato, quello dettato per le fattispecie di contrabbando doganale previste dagli artt. da 282 a 291 del TULD, mentre l'aspetto inerente alla correttezza di siffatta indicazione è afferente al merito delle questioni. L'ammissibilità delle questioni inerenti ai profili di illegittimità costituzionale dell'entità della pena stabilita dal legislatore può ritenersi condizionata non tanto dalla presenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, quanto dalla puntuale indicazione, da parte del giudice a quo, di previsioni sanzionatorie rinvenibili nell'ordinamento che, trasposte all'interno della norma censurata, garantiscano coerenza alla logica perseguita dal legislatore, una volta emendata dai vizi di illegittimità addotti, sempre se riscontrati. Se è vero che non appartengono alla Corte costituzionale valutazioni discrezionali di dosimetria sanzionatoria penale, di esclusiva pertinenza del legislatore, ciò, tuttavia, non preclude, a monte, l'intervento della medesima Corte laddove le scelte sanzionatorie adottate dal legislatore si siano rivelate manifestamente arbitrarie o irragionevoli e il sistema legislativo consenta l'individuazione di soluzioni, anche alternative tra loro, che, per la omogeneità che le connota rispetto alla norma censurata, siano tali da ricondurre a coerenza le scelte già delineate a tutela di un determinato bene giuridico, procedendo puntualmente, ove possibile, all'eliminazione di ingiustificabili incongruenze. ( Precedente citato: sentenza n. 236 del 2016 ).

Norme citate

  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 291 BIS

Reati e pene - Reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri - Previsione, congiuntamente alla pena detentiva della reclusione da due a cinque anni, della pena proporzionale fissa della multa di 5 euro per ogni grammo convenzionale di prodotto - Denunciata violazione dei principi di proporzionalità della pena e della sua funzione rieducativa - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal GUP del Tribunale di Napoli Nord in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost. - dell'art. 291-bis, primo comma, del d.P.R. n. 43 del 1973, che prevede, per il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, quando il quantitativo eccede i dieci chilogrammi convenzionali, la multa di cinque euro per ogni grammo convenzionale di prodotto. Il trattamento sanzionatorio di maggiore rigore della disposizione censurata, rispetto alle altre violazioni penalmente sanzionate del TULD trova motivazione nel diverso disvalore criminale, in quanto il bene giuridico tutelato è la potestà dello Stato (e dell'Unione europea) alla puntuale percezione dei tributi da riscuotere in relazione alle operazioni doganali, e nel diverso e maggiore allarme sociale che suscita il fenomeno criminale che interseca gli interessi della criminalità organizzata, anche sul piano internazionale, destinato a ledere l'ordine e la sicurezza pubblica. L'opzione legislativa, che consente la graduabilità della pena detentiva comminata congiuntamente a quella pecuniaria, lascia adeguati spazi alla discrezionalità del giudice, ancor di più in presenza di pene pecuniarie proporzionali che sono di per sé stesse caratterizzate da un certo grado di variabilità in ragione dell'offensività del fatto. Né l'assenza di un tetto massimo di pena pecuniaria contrasta con i principi evocati, poiché la previsione di una soglia non superabile potrebbe pregiudicare l'effetto dissuasivo nei casi in cui commettere il reato risulta vantaggioso e profittevole sul piano economico, anche a rischio di subire la sanzione penale. Considerando la fattispecie alla luce dell'intera gamma degli interessi presi in considerazione dal legislatore, deve poi escludersi che possa ritenersi irrazionale il riferimento al quantitativo della merce contrabbandata quale coefficiente moltiplicatore destinato a rilevare la gravità del fatto. Né a considerazioni diverse è lecito pervenire facendo riferimento alla valutazione comparativa, con riguardo sia al trattamento sanzionatorio dell'art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, che sanziona le condotte di illecita importazione delle cosiddette "droghe pesanti", sia alle pene disposte dalla legge n. 504 del 1995 per la sottrazione all'accertamento o al pagamento dell'accisa sui prodotti energetici o sull'alcol e sulle bevande alcoliche. A parte la diversità dei beni giuridici tutelati, non necessariamente decisiva nel giudizio di comparazione, assume rilievo la assai sensibile differenza offerta dalle cornici edittali, le non indifferenti distanze strutturali, e la disomogeneità legata al diverso e ben maggiore allarme sociale e al correlato disvalore criminale della fattispecie scrutinata. ( Precedenti citati: sentenze n. 142 del 2017, n. 32 del 2014, n. 68 del 2012 e n. 50 del 1980; ordinanze n. 91 del 2008 e n. 475 del 2002 ). Anche la pena pecuniaria svolge compiti compatibili con la funzione rieducativa, in linea con lo statuto costituzionale della pena descritto dall'art. 27 Cost., per cui le pene pecuniarie proporzionali possono dar luogo ad un trattamento intrinsecamente irragionevole, per la manifesta sproporzione che potrebbe prospettarsi tra il disvalore del fatto incriminato e la cornice edittale dettata per sanzionarlo. ( Precedenti citati: sentenze n. 12 del 1966 e n. 113 del 1968 ). L'art. 3 Cost. esige che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia nel contempo alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali; laddove, poi, la proporzione tra sanzione e offesa difetti manifestamente, perché alla carica offensiva insita nella condotta descritta dalla fattispecie normativa il legislatore abbia fatto corrispondere conseguenze punitive di entità spropositata, non ne potrà che discendere una compromissione ab initio del processo rieducativo, così da dare corpo ad una violazione congiunta degli artt. 3 e 27 Cost., essendo lesi sia il principio di proporzionalità della pena rispetto alla gravità del fatto commesso, sia quello della finalità rieducativa della pena. ( Precedente citato: sentenza n. 236 del 2016 ). Nel verificare la legittimità costituzionale delle scelte legislative inerenti alla configurazione delle fattispecie incriminatrici o alla qualità e quantità delle pene, non si può non tenere nel debito conto che le stesse dipendono non solo dal bene o dai beni giuridici tutelati, astrattamente valutati, ma anche dalle finalità che, nel contesto storico in cui le opzioni in parola vengono operate, il legislatore persegue; né può disconoscersi il rilievo che occorre ascrivere agli effetti indiretti che i fatti incriminati vanno a produrre nell'ambiente sociale in cui si realizzano. Necessità di prevenzione generale e di riduzione dell'allarme sociale cagionato dai reati convergono, dunque, insieme alle ragioni innanzi indicate, a motivare le opzioni legislative nella determinazione delle ipotesi criminose tipiche e delle pene ritenute congrue al fatto incriminato ( Precedente citato: sentenza n. 62 del 1986 ).

Norme citate

  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 291 BIS