Pronuncia 284/2019

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Aldo CAROSI; Giudici : Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 341-bis, del codice penale, introdotto dall'art. 1, comma 8, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), promosso dal Tribunale ordinario di Torino, sezione sesta penale, nel procedimento penale a carico di D. L., con ordinanza del 29 gennaio 2019, iscritta al n. 98 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 2019 il Giudice relatore Francesco Viganò.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 341-bis del codice penale, introdotto dall'art. 1, comma 8, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Torino, sezione sesta penale, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2019. F.to: Aldo CAROSI, Presidente Francesco VIGANÒ, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2019. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Francesco Viganò

Data deposito: Fri Dec 20 2019 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CAROSI

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Massime

Reati e pene - Oltraggio a pubblico ufficiale - Pena edittale della reclusione fino a tre anni - Denunciata disparità di trattamento sanzionatorio rispetto al reato di oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario - Insussistenza - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 341- bis cod. pen., introdotto dall'art. 1, comma 8, della legge n. 94 del 2009, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Torino, nella parte in cui punisce con la reclusione fino a tre anni la condotta di chi commette oltraggio a pubblico ufficiale. Nella nuova fisionomia risultante dalla riforma del 2009, la scelta del legislatore di stabilire un quadro edittale più severo per la fattispecie di oltraggio a pubblico ufficiale rispetto a quanto previsto per il delitto di oltraggio a corpo politico, amministrativo o giudiziario, non può ritenersi irragionevole: a fronte dell'arricchita dimensione offensiva e della riduzione dell'ambito applicativo - dovute all'introduzione di un requisito di stretta contestualità tra la condotta del reo e il compimento di uno specifico atto dell'ufficio - il delitto censurato si configura come offensivo anche del buon andamento della pubblica amministrazione, sub specie di concreto svolgimento della (legittima) attività del pubblico ufficiale. Ciò non diversamente da quanto accade per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, che viene così a collocarsi in rapporto di possibile progressione criminosa rispetto a quello di oltraggio a pubblico ufficiale. Tale specifica dimensione offensiva non è presente - se non in termini del tutto sfumati ed eventuali - nel delitto assunto quale tertium comparationis, che non esige alcun nesso con il compimento di uno specifico atto dell'ufficio.

Norme citate

Parametri costituzionali

Reati e pene - Determinazione della pena - Sindacato sulla proporzionalità "intrinseca" della pena - Limiti - Possibilità di emendare scelte sanzionatorie manifestamente irragionevoli per sproporzione - Condizioni.

La giurisprudenza costituzionale più recente ha gradatamente affrancato il sindacato di conformità al principio di proporzione della pena edittale dalle strettoie segnate dalla necessità di individuare un preciso tertium comparationis da cui mutuare la cornice sanzionatoria destinata a sostituirsi a quella dichiarata incostituzionale, privilegiando un modello di sindacato sulla proporzionalità "intrinseca" della pena. Quest'ultimo - ferma restando l'ampia discrezionalità di cui il legislatore gode nella determinazione delle cornici edittali - valuta direttamente se la pena comminata debba considerarsi manifestamente eccessiva rispetto al fatto sanzionato, ricercando poi nel sistema punti di riferimento già esistenti per ricostruire in via interinale un nuovo quadro sanzionatorio in luogo di quello colpito dalla declaratoria di incostituzionalità, nelle more di un sempre possibile intervento legislativo volto a rideterminare la misura della pena nel rispetto dei principi costituzionali. ( Precedenti citati: sentenze n. 112 del 2019, n. 233 del 2018, n. 222 del 2018, n. 179 del 2017, n. 148 del 2016 e n. 343 del 1993 ).

Thema decidendum - Ricognizione dell'oggetto del giudizio incidentale - Denunciata sproporzione del massimo edittale - Riconduzione della censura a un difetto di proporzionalità "intrinseca" del complessivo quadro edittale - Conseguente rilevanza e ammissibilità della questione.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 341- bis cod. pen., introdotto dall'art. 1, comma 8, della legge n. 94 del 2009, censurato per violazione all'art. 27, terzo comma, Cost., benché il rimettente incentri apparentemente la propria censura sull'asserita sproporzione del massimo edittale previsto, è plausibile ritenere che abbia inteso denunciare il difetto di proporzionalità "intrinseca" del complessivo quadro edittale previsto dalla censurata disposizione, e dunque anche del suo minimo legale. Una doglianza di manifesta sproporzione della pena in rapporto al massimo edittale - già in astratto poco plausibile, visti i poteri discrezionali del giudice per commisurare, all'interno della cornice edittale, una pena inferiore, proporzionata al disvalore del fatto concreto - sarebbe infatti risultata inammissibile per irrilevanza, in difetto di ogni motivazione sul perché il rimettente abbia ritenuto di non poter infliggere all'imputata una pena più contenuta e in concreto proporzionata al disvalore del fatto. ( Precedenti citati: sentenze n. 112 del 2019, n. 40 del 2019, n. 222 del 2018, n. 207 del 2017, n. 236 del 2016, n. 106 del 2014, n. 105 del 2014 e n. 251 del 2012 ).

Norme citate

Parametri costituzionali

Reati e pene - Oltraggio a pubblico ufficiale - Pena edittale - Denunciata violazione del principio di proporzionalità della pena - Insussistenza - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 341- bis cod. pen., introdotto dall'art. 1, comma 8, della legge n. 94 del 2009, sollevata dal Tribunale di Torino, in riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost., per violazione del principio di proporzionalità della pena. Ritenuto che il rimettente abbia inteso denunciare il difetto di proporzionalità "intrinseca" del complessivo quadro edittale previsto dalla censurata disposizione, che punisce chi commette oltraggio a pubblico ufficiale, e dunque anche del minimo legale, la sostituzione automatica dell'originaria pena minima di sei mesi di reclusione con quella di quindici giorni di reclusione, risultante dall'art. 23 cod. pen., è già stata implicitamente ritenuta compatibile con l'evocato principio, in relazione al delitto di cui all'abrogato art. 341 cod. pen., caratterizzato da minor pregnanza offensiva rispetto al delitto attualmente previsto dall'art. 341- bis cod. pen. L'invocato principio di proporzionalità non risulta violato neanche in ragione dei parametri sovranazionali, richiamati dal rimettente come criteri interpretativi delle norme costituzionali interne, ma senza indicazioni giurisprudenziali da cui desumere il carattere sproporzionato del ricorso a sanzioni detentive nei confronti dell'autore di un oltraggio (al di là del generico richiamo al principio di proporzionalità della pena di cui all'art. 49, paragrafo 3, CDFUE, appaiono inconferenti i richiami alla sentenza della Corte EDU, 24 settembre 2013, Belpietro contro Italia). ( Precedente citato: sentenza n. 341 del 1994 ). Secondo la giurisprudenza costituzionale, il principio di proporzionalità della pena è fondato sul combinato disposto degli artt. 27, terzo comma, e 3 Cost., in un orizzonte normativo che tiene conto anche delle corrispondenti garanzie riconosciute dalla CDFUE (art. 49, paragrafo 3) e dalla giurisprudenza della Corte EDU relativa all'art. 3 della CEDU. ( Precedenti citati: sentenze n. 40 del 2019, n. 222 del 2018, n. 236 del 2016, n. 68 del 2012 e n. 341 del 1994 ).

Norme citate

Parametri costituzionali