Pronuncia 127/2020

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 263 del codice civile, promosso dalla Corte d'appello di Torino, sezione per la famiglia, nel procedimento vertente tra A. C., nella qualità di curatore speciale di R.F. A., e M. A. e altro, con ordinanza del 4 ottobre 2017, iscritta al n. 245 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2020. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito il Giudice relatore Giuliano Amato nella camera di consiglio del 26 maggio 2020, svolta ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a); deliberato nella camera di consiglio del 26 maggio 2020.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 del codice civile, sollevata dalla Corte d'appello di Torino, sezione per la famiglia, in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2020. F.to: Marta CARTABIA, Presidente Giuliano AMATO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2020. Il Cancelliere F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giuliano Amato

Data deposito: Thu Jun 25 2020 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CARTABIA

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Massime

Prospettazione della questione incidentale - Carattere caducatorio e non additivo dell'intervento richiesto - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 263 cod. civ., non è accolta l'eccezione d'inammissibilità delle questioni, in quanto volte a ottenere una pronuncia additiva in sostituzione della discrezionalità del legislatore. Il petitum del rimettente è volto a delimitare l'ambito dei soggetti legittimati a proporre l'azione di disconoscimento del figlio; l'intervento richiesto è, dunque, limitato alla verifica del fondamento costituzionale di questa legittimazione. Nessuna manipolazione creativa deriverebbe, pertanto, dall'eventuale accoglimento delle questioni. ( Precedenti citati: sentenze n. 212 del 2019 e n. 113 del 2019 ).

Thema decidendum - Adeguata ricostruzione del quadro normativo - Possibile influenza dello ius superveniens - Attinenza al merito - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 263 cod. civ., non è accolta l'eccezione d'inammissibilità delle questioni, per insufficiente ricostruzione del quadro normativo, per l'omessa considerazione delle modifiche introdotte alla norma censurata dal d.lgs. n. 154 del 2013. Il rimettente, dopo avere dato atto delle modifiche, ha evidenziato che nel giudizio a quo l'impugnazione della norma censurata è stata proposta prima dell'entrata in vigore della novella, che pertanto non è ad esso applicabile. Il fatto, poi, che le modifiche, pur intervenute sulle disposizioni dei commi secondo e quarto dell'art. 263 cod. civ., non possono non incidere sul significato attuale dello stesso primo comma, rimasto per parte sua immutato, attiene al merito della questione, non alla sua ammissibilità.

Filiazione - Impugnazione del riconoscimento del figlio per difetto di veridicità - Esclusione della legittimazione all'azione nel caso di consapevolezza del difetto - Omessa previsione - Denunciata irragionevolezza, disparità di trattamento, nonché violazione dei principi di responsabilità individuale, di solidarietà sociale e di tutela dell'identità personale del figlio - Insussistenza - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla Corte d'appello di Torino, sez. per la famiglia, in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., dell'art. 263 cod. civ., nella parte in cui non esclude la legittimazione ad impugnare il riconoscimento del figlio da parte di chi lo abbia effettuato nella consapevolezza della sua non veridicità (c.d. riconoscimento per compiacenza). Non sussiste disparità di trattamento con l'art. 9, comma 1, della legge n. 40 del 2004 - che preclude tale impugnazione a chi, coniuge o convivente, abbia prestato consenso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) di tipo eterologo - perché in tal caso il divieto è riferito a situazioni eccezionali, inidonee a essere tertium comparationis ai fini della valutazione della ragionevolezza estrinseca della disposizione censurata (non essendo equiparabili né la volontà di generare con materiale biologico altrui e quella di riconoscere un figlio altrui, né la condizione giuridica della persona nata attraverso PMA eterologa da quella oggetto del falso riconoscimento). Né la disposizione in esame è irragionevole intrinsecamente, poiché la necessità di una valutazione comparativa dell'interesse del figlio è in essa immanente. In tal caso, infatti, il bilanciamento tra il concreto interesse del soggetto riconosciuto e il favore per la verità del rapporto di filiazione non può costituire il risultato di una valutazione astratta e predeterminata e non può implicare ex se il sacrificio dell'uno in nome dell'altro, imponendo al giudice di tenere conto di tutte le variabili del caso concreto, tra cui il diritto all'identità personale, correlato non solo alla verità biologica, ma anche ai legami affettivi e personali interni alla famiglia, al consolidamento della condizione identitaria acquisita per effetto del falso riconoscimento e all'idoneità dell'autore del riconoscimento allo svolgimento del ruolo di genitore. ( Precedenti citati: sentenze n. 272 del 2017, n. 162 del 2014, n. 494 del 2002 e n. 170 del 1999; ordinanza n. 7 del 2012 ).