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Pronuncia 35/2021

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190), promosso dal Tribunale ordinario di Genova nel procedimento vertente tra M. R. e il Presidente del Consiglio dei ministri, con ordinanza del 27 dicembre 2019, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 2020. Visti l'atto di costituzione di M. R., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udita nell'udienza pubblica del 27 gennaio 2021 la Giudice relatrice Daria de Pretis; uditi l'avvocato Gerolamo Taccogna per M. R., in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020 e l'avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente del Consiglio dei ministri; deliberato nella camera di consiglio del 9 febbraio 2021.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190), sollevate dal Tribunale ordinario di Genova, in riferimento agli artt. 117 e 122 della Costituzione e al principio di leale collaborazione, nonché in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 3 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2021. F.to: Giancarlo CORAGGIO, Presidente Daria de PRETIS, Redattrice Filomena PERRONE, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'11 marzo 2021. Il Cancelliere F.to: Filomena PERRONE

Relatore: Daria de Pretis

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CORAGGIO

Massime

Thema decidendum - Ulteriori questioni prospettate dalla parte costituita nel giudizio incidentale - Estraneità rispetto a quelle introdotte dall'ordinanza di rimessione - Inammissibilità.

Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 8 del d.lgs. n. 235 del 2012, sono inammissibili le ulteriori questioni prospettate nell'atto di costituzione in giudizio del ricorrente nel processo principale, in quanto diverse da quelle proposte nell'ordinanza di rimessione, sia per l'oggetto, che investe disposizioni ulteriori rispetto a quelle censurate dal giudice a quo , sia per i parametri invocati. Per costante giurisprudenza costituzionale, l'oggetto del giudizio di costituzionalità in via incidentale è limitato alle norme e ai parametri indicati nelle ordinanze di rimessione, mentre non possono essere presi in considerazione, oltre i limiti in queste fissati, ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, sia che siano stati eccepiti ma non fatti propri dal giudice a quo , sia che siano diretti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto delle stesse ordinanze. ( Precedenti citati: sentenze n. 35 del 2017, n. 203 del 2016, n. 56 del 2015, n. 271 del 2011 e n. 86 del 2008 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Prospettazione della questione incidentale - Chiara identificazione della norma censurata - Ammissibilità delle questioni - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per genericità, formulata nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8 del d.lgs. n. 235 del 2012. Nella motivazione dell'ordinanza di rimessione è identificata con chiarezza la norma censurata.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Thema decidendum - Ricognizione dell'oggetto del giudizio incidentale - Restrizione da parte della Corte costituzionale alla sola disposizione attinta dalle censure.

Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 8 del d.lgs. n. 235 del 2012, benché l'ordinanza di rimessione denunci l'intero testo dell'articolo indicato, l'oggetto delle questioni proposte va circoscritto alla sola lett. a ) del comma 1, perché questa è la disposizione che deve essere applicata nel giudizio a quo .

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Prospettazione della questione incidentale - Rimessione di più questioni - Petitum ricavabile dal tenore della motivazione dell'ordinanza di rimessione - Esiti dello scrutinio prospettati in termini di logica subordinazione.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. a ) del d.lgs. n. 235 del 2012, il petitum delle questioni, ancorché non indicato nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione, è ricavabile dal tenore della motivazione, dalla quale si desume che le questioni sono collegate da un rapporto di logica subordinazione, in quanto l'addizione normativa è richiesta per il caso in cui non fosse accolta la domanda, prospettata come prima, di «pronuncia soppressiva» ( id est , totalmente ablativa). Per costante giurisprudenza costituzionale, ben può il rimettente prospettare in termini gradatamente sequenziali, e quindi subordinati, i possibili esiti dello scrutinio di costituzionalità pur senza una formale e testuale qualificazione di ciascuna conclusione rispettivamente come "principale" e "subordinata". ( Precedenti citati: sentenze n. 36 del 2019, n. 175 del 2018, n. 127 del 2017 e n. 280 del 2011 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Thema decidendum - Censura dedotta dal ricorrente nel giudizio principale, ma non condivisa dal rimettente - Estraneità alle questioni da esaminare.

Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 8 comma 1, lett. a ), del d.lgs. n. 235 del 2012, non appartiene al thema decidendum la censura di invasione della sfera di competenza regionale ex art. 122 Cost, dedotta dal ricorrente nel giudizio principale, ma non condivisa dal rimettente.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Prospettazione della questione incidentale - Esplicite ragioni e sostegno della censura - Assenza di dubbi in ordine al parametro costituzionale invocato - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità - per erronea e generica indicazione del parametro invocato, nonché per il suo tenore dubitativo - formulata nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. a ), del d.lgs. n. 235 del 2012. L'ordinanza di rimessione offre esplicite ragioni a sostegno della censura e assume come propri i motivi esposti dal ricorrente nel giudizio principale. Inoltre, nell'invocare un parametro del tutto inconferente, quale l'art. 117, secondo comma, lett. e ), Cost., il giudice a quo è semplicemente incorso in un lapsus calami , essendo palese che esso intendeva richiamare la lett. h ) dello stesso secondo comma dell'art. 117 Cost.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Thema decidendum - Ricognizione dei parametri - Individuazione sulla base del tenore complessivo dell'ordinanza di rimessione - Ammissibilità della questione.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 1, lett. a ), del d.lgs. n. 235 del 2012, sebbene il rimettente invochi l'art. 3 Prot. addiz. CEDU, omettendo di richiamare esplicitamente l'art. 117, primo comma, Cost., è in riferimento a tale ultima previsione - rispetto alla quale la citata norma convenzionale funge da parametro interposto - che la censura può e deve intendersi effettivamente proposta, come è agevole desumere dal tenore complessivo dell'ordinanza di rimessione, in cui è univoco, ancorché implicito, il riferimento a tale parametro costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 349 del 2007 e n. 348 del 2007 ). Secondo costante giurisprudenza costituzionale, la questione di legittimità costituzionale deve essere scrutinata avendo riguardo anche ai parametri costituzionali non formalmente evocati ma desumibili in modo univoco dall'ordinanza di rimessione, qualora tale atto faccia a essi chiaro, sia pure implicito, riferimento mediante il richiamo ai principi da questi enunciati. ( Precedenti citati: sentenze n. 5 del 2021, n. 227 del 2010, n. 170 del 2008, n. 26 del 2003, n. 69 del 1999 e n. 99 del 1997 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 117
  • Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 3

Elezioni - Norme del d.lgs. n. 235 del 2012 (c.d. "legge Severino") - Cariche elettive regionali - Sospensione di diritto in caso di condanna non definitiva per determinati reati - Possibilità, per il giudice, di valutare la proporzionalità tra il fatto oggetto di condanna e la sospensione - Omessa previsione - Denunciata violazione del principio di leale collaborazione - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Genova in riferimento agli artt. 117 e 122 Cost. e al principio di leale collaborazione - dell'art. 8, comma 1, lett. a ), del d.lgs. n. 235 del 2012, che prevede l'applicazione della misura cautelare della sospensione dalle cariche regionali come automatica conseguenza della condanna penale non definitiva per determinati reati, precludendo al giudice chiamato a pronunciarsi sul provvedimento sospensivo di valutare in concreto la proporzionalità tra i fatti oggetto di condanna e la stessa sospensione. Il nucleo essenziale della disciplina censurata è riconducibile alla materia di competenza statale esclusiva dell'ordine pubblico e sicurezza, che presenta carattere prevalente pur quando essa interferisca con la competenza regionale ex art. 122, primo comma, Cost. ( Precedenti citati: sentenze n. 36 del 2019, n. 118 del 2013, n. 352 del 2008, n. 25 del 2002, n. 288 del 1993, n. 218 del 1993 e n. 407 del 1992 ). Per costante giurisprudenza costituzionale, in ambiti caratterizzati da una pluralità di competenze e, qualora risulti impossibile comporre il concorso di competenze statali e regionali, tramite un criterio di prevalenza, non è costituzionalmente illegittimo l'intervento del legislatore statale, purché agisca nel rispetto del principio di leale collaborazione che deve in ogni caso permeare di sé i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie, che può ritenersi congruamente attuato mediante la previsione dell'intesa. ( Precedenti citati: sentenze n. 251 del 2016, n. 1 del 2016, n. 140 del 2015, n. 44 del 2014, n. 118 del 2013, n. 237 del 2009, n. 352 del 2008, n. 168 del 2008, n. 50 del 2008 e n. 288 del 1993 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Elezioni - Norme del d.lgs. n. 235 del 2012 (c.d. "legge Severino") - Cariche elettive regionali - Sospensione di diritto in caso di condanna non definitiva per determinati reati - Possibilità, per il giudice, di valutare la proporzionalità tra il fatto oggetto di condanna e la sospensione - Omessa previsione - Denunciata violazione dei limiti convenzionali alle restrizioni dell'elettorato passivo - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Genova in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 3 Prot. addiz. CEDU - dell'art. 8, comma 1, lett. a ), del d.lgs. n. 235 del 2012, che prevede l'applicazione della misura cautelare della sospensione dalle cariche regionali come automatica conseguenza della condanna penale non definitiva per determinati reati, precludendo al giudice chiamato a pronunciarsi sul provvedimento sospensivo di valutare in concreto la proporzionalità tra i fatti oggetto di condanna e la stessa sospensione. Alla luce della giurisprudenza della Corte EDU, non è affatto necessario che l'applicazione in concreto delle misure restrittive del diritto di voto avvenga attraverso un provvedimento giurisdizionale, potendo scegliere gli Stati contraenti, in alternativa, di "incorporare" la valutazione del carattere proporzionale della misura nel testo delle loro leggi, con la precisa definizione, direttamente in esse, delle circostanze in cui la misura stessa può essere applicata, spettando poi alla medesima Corte stabilire se il risultato sia stato raggiunto, e se, in generale, la soluzione regolativa prescelta ovvero, nell'altro caso, la decisione giudiziale, siano conformi all'art. 3 Prot. addiz. CEDU. Tenuto conto di tale ampio margine di apprezzamento riconosciuto al legislatore nazionale nella disciplina del diritto di elettorato passivo, si deve ritenere che la concreta regolazione della misura della sospensione cautelare contenuta nella norma censurata operi - per la platea delimitata di soggetti ai quali si applica, per la temporaneità e la gradualità dei suoi effetti, per la legittimità dei suoi fini e per la sua adeguatezza rispetto alle specifiche esigenze cautelari perseguite - un non irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco e in ogni caso non presenti sintomi di arbitrarietà tali da determinarne il contrasto con il parametro convenzionale indicato, come interpretato dalla Corte EDU. Secondo il costante orientamento costituzionale, le misure dell'incandidabilità, della decadenza e della sospensione dalle cariche elettive previste nel d.lgs. n. 235 del 2012, ancorché collegate alla commissione di un illecito, non hanno carattere sanzionatorio e rappresentano solo conseguenze del venir meno di un requisito soggettivo per l'accesso alle cariche pubbliche considerate. La sospensione dalla carica, in particolare, risponde ad esigenze proprie della funzione amministrativa e della pubblica amministrazione presso cui il soggetto colpito presta servizio e costituisce, per la sua natura provvisoria, misura sicuramente cautelare. ( Precedenti citati: sentenze n. 276 del 2016 e n. 236 del 2015 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 117
  • Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 3