Pronuncia 111/2022

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 129, 568, comma 4, 591, comma 1, lettera a), 601, 605 e 620 del codice di procedura penale, promosso dalla Corte di cassazione, sezione prima penale, nel procedimento penale a carico di A. B. e A. L.S., con ordinanza del 18 giugno 2021, iscritta al n. 131 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2021. Visti l'atto di costituzione di A. L.S., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 5 aprile 2022 il Giudice relatore Stefano Petitti; uditi l'avvocato Vittorio Di Pietro per A. L.S. e l'avvocato dello Stato Salvatore Faraci per il Presidente del Consiglio dei ministri; deliberato nella camera di consiglio del 5 aprile 2022.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 568, comma 4, del codice di procedura penale, in quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2022. F.to: Giuliano AMATO, Presidente Stefano PETITTI, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2022. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Stefano Petitti

Data deposito: Mon May 09 2022 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: AMATO

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Massime

Giudizio costituzionale in via incidentale - Interpretazione della norma censurata - Interpretazione contraria a quella fornita dal c.d. diritto vivente (nel caso di specie: contrasto tra sezione semplice e sezioni unite della Corte di cassazione) - Ammissibilità della questione, alternativa alla scelta di nuova rimessione alle sezioni unite della Corte di cassazione. (Classif. 112006).

È ammissibile la questione di legittimità costituzionale introdotta da un'ordinanza di rimessione che motiva la propria esigenza di doversi uniformare all'interpretazione oramai radicata nella giurisprudenza di legittimità, qualificabile come diritto vivente, e ne richiede, proprio su tale presupposto, la verifica di conformità ai parametri costituzionali. In tal caso, infatti, l'onere per la Sezione semplice di nuova rimessione alle Sezioni unite, allorché non intenda condividere il principio di diritto dalle medesime enunciato, non è affatto preclusivo della facoltà di promuovere direttamente questione di legittimità costituzionale in ordine alle disposizioni come interpretate appunto dalle Sezioni unite. ( Precedenti: S. 13/2022 - mass. 44481; S. 33/2021 - mass. 43634; S. 29/2019 - mass. 42314; S. 39/2018 - mass. 39887; S. 122/2017 - mass. 40041; S. 200/2016 - mass. 39029; S. 126/2015 - mass. 38451; S. 242/2014 - mass. 38145).

Giusto processo (principio del) - In genere - "Ragionevole durata" - Connotato identitario del modello costituzionale - Nozione - Necessità di bilanciamento tra interessi pubblici e privati - In particolare: necessità di accertare il fatto e le relative responsabilità con il rispetto del diritto di difesa entro arco temporale non eccessivo. (Classif. 126001).

La nozione di "ragionevole" durata del processo (in particolare penale) è sempre il frutto di un bilanciamento delicato tra i molteplici - e tra loro confliggenti - interessi pubblici e privati coinvolti, in maniera da coniugare l'obiettivo di raggiungere il suo scopo naturale dell'accertamento del fatto e dell'eventuale ascrizione delle relative responsabilità, nel pieno rispetto delle garanzie della difesa, con l'esigenza, pur essenziale, di raggiungere tale obiettivo in un lasso di tempo non eccessivo. Sicché una violazione del principio della ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, secondo comma, Cost., può essere ravvisata soltanto allorché l'effetto di dilatazione dei tempi processuali, determinato da una specifica disciplina, non sia sorretto da alcuna logica esigenza e si riveli, quindi, privo di qualsiasi legittima ratio giustificativa. ( Precedenti: S. 260/2020 - mass. 43105; S. 124/2019 - mass. 42637; S. 12/2016 - mass. 38706; S. 159/2014 - mass. 37990 ). La ragionevole durata è un connotato identitario della giustizia del processo. ( Precedente: S. 74/2022 - mass. 44756). Il diritto di difesa ed il principio di ragionevole durata del processo non possono entrare in comparazione, ai fini del bilanciamento, indipendentemente dalla completezza del sistema delle garanzie, in quanto ciò che rileva è esclusivamente la durata del «giusto» processo, quale delineato dall'art. 111 Cost.; una diversa soluzione introdurrebbe una contraddizione logica e giuridica all'interno dello stesso art. 111 Cost., che da una parte imporrebbe una piena tutela del principio del contraddittorio e dall'altra autorizzerebbe tutte le deroghe ritenute utili allo scopo di abbreviare la durata dei procedimenti. Un processo non "giusto", perché carente sotto il profilo delle garanzie, non è conforme al modello costituzionale, quale che sia la sua durata. ( Precedente: S. 317/2009 - mass. 34149 ). Nel processo penale è essenziale il contraddittorio, anche ai fini dell'accertamento della causa estintiva del reato, nonché la rilevanza dell'interesse dell'imputato prosciolto per estinzione del reato a sottoporre la mancata applicazione delle formule più ampiamente liberatorie alla verifica di un giudice di merito, piuttosto che alla Corte di cassazione. ( Precedenti: S. 91/1992; S. 249/1989 - mass. 13973 ).

Parametri costituzionali

Processo penale - Impugnazioni - Giudizio di cassazione - Possibilità, in caso di giudizio di appello definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato illegittimamente emessa in fase predibattimentale senza contraddittorio, di annullamento della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello per il relativo giudizio in contraddittorio - Omessa previsione, stante l'interpretazione del diritto vivente che consente alla Corte di cassazione di dichiarare l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse - Violazione dei principi di inviolabilità del diritto di difesa e del giusto processo - Illegittimità costituzionale della norma censurata, come interpretata dal diritto vivente. (Classif. 199014).

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., l'art. 568, comma 4, cod. proc. pen., in quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. La disposizione censurata dalla Corte di cassazione, sez. prima penale, per regola giurisprudenziale assunta a diritto vivente comporta che nel giudizio di appello non è consentita la pronuncia di sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell'art. 469 cod. proc. pen. Le questioni concernenti le nullità processuali assolute e insanabili, ad avviso delle Sezioni unite penali, possono, dunque, assumere carattere pregiudiziale rispetto alla causa estintiva solo allorché questa non emerga ictu oculi dalla mera ricognizione allo stato degli atti, ma presupponga un accertamento di fatto. In tal modo, il bilanciamento tra l'interesse dell'imputato ad impugnare per la mancata valutazione di cause di proscioglimento nel merito, ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen., la sentenza predibattimentale d'appello, che abbia dichiarato l'estinzione del reato per prescrizione senza alcun contraddittorio, e il principio di ragionevole durata del processo, come operato dalla interpretazione radicata nella giurisprudenza di legittimità non condivisa dal rimettente, non appare rispettoso dei parametri indicati, stando all'elaborazione costituzionale del diritto di difesa e della garanzia del contraddittorio. La sostanziale soppressione di un grado di giudizio, conseguente alla forma predibattimentale della sentenza di appello, non soltanto non trova fondamento nel codice di rito, ma, essendo adottata in assenza di contraddittorio, limita l'emersione di eventuali ragioni di proscioglimento nel merito e, di fatto, comprime la stessa facoltà dell'imputato di rinunciare alla prescrizione, in maniera non recuperabile nel giudizio di legittimità, la cui cognizione è fisiologicamente più limitata rispetto a quella del giudice di merito.