Pronuncia 198/2022

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 93, comma 6, in combinato disposto con l'art. 216, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), promosso dal Consiglio di Stato, sezione quinta, nel procedimento vertente tra il Consorzio Leonardo Servizi e Lavori, società cooperativa consortile stabile, in proprio e quale capogruppo mandataria di un costituendo raggruppamento temporaneo di imprese (RTI), e altri e Consip spa e altri, con ordinanza del 26 aprile 2021, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 2021. Visti gli atti di costituzione del Consorzio Leonardo Servizi e Lavori, società cooperativa consortile stabile, in proprio e quale capogruppo mandataria di un costituendo RTI, di Ph Facility srl, in proprio e quale mandante del medesimo raggruppamento costituendo, di C. P. L. società cooperativa e di SOF spa, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, della Comat spa, nella qualità di mandataria del RTI, della Tepor spa, nella qualità di mandante del RTI e, quello, fuori termine, della Caitec srl, nella qualità di mandante del RTI; udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2022 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera; uditi gli avvocati Eugenio Picozza e Maria Vittoria Ferroni per il Consorzio Leonardo Servizi e Lavori, Ph Facility srl, C. P. L. società cooperativa e SOF spa e l'avvocato dello Stato Marco Stigliano Messuti per il Presidente del Consiglio dei ministri; deliberato nella camera di consiglio del 5 luglio 2022.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 93, comma 6, e 216, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, e all'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e rese esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Consiglio di Stato, sezione quinta, con l'ordinanza in epigrafe indicata. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2022. F.to: Giuliano AMATO, Presidente Augusto Antonio BARBERA, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2022. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Augusto Antonio Barbera

Data deposito: Tue Jul 26 2022 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: AMATO

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Massime

Pronunce della Corte costituzionale - Autorimessione - Condizioni - Necessario rapporto di strumentalità o pregiudizialità logica con la norma censurata. (Classif. 204002).

Si può giustificare, da parte della Corte costituzionale, l'esercizio dell'eccezionale potere di autorimessione dinanzi a sé della questione di legittimità costituzionale di una norma rimasta estranea al fuoco delle censure del rimettente solo qualora sia ravvisabile un nesso di necessaria strumentalità o di pregiudizialità logica. ( Precedente: S. 49/2021 - mass. 43674 ).

Giudizio costituzionale in via incidentale - Prospettazione della questione - Evocazione, quali parametri interposti, di disposizioni dell'UE e convenzionali attinenti ai medesimi diritti tutelati da parametri interni - Salvaguardia della possibilità, da parte della Corte costituzionale e del rimettente, di un rinvio pregiudiziale, nonché, da parte di quest'ultimo, di disapplicare la norma interna. (Classif. 112003).

Non può ritenersi precluso alla Corte costituzionale, eventualmente previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, l'esame nel merito delle questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento sia a parametri interni, anche mediati dalla normativa interposta convenzionale, sia - per il tramite degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. - alle norme corrispondenti della CEDU che tutelano, nella sostanza, i medesimi diritti; e ciò fermo restando il potere del giudice comune di procedere egli stesso al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, anche dopo il giudizio incidentale di legittimità costituzionale, e - ricorrendone i presupposti - di non applicare, nella fattispecie concreta sottoposta al suo esame, la disposizione nazionale in contrasto con i diritti sanciti dalla CEDU. ( Precedenti: S. 149/2022 - mass. 44925 ; S. 13/2022 - mass. 44480; S. 20/2019; S. 63/2019; S. 269/2017 - mass. 41945 ).

Legge - In genere - Legge penale - Principio di retroattività della lex mitior - Ambito di operatività - Estensione, oltre alle sanzioni in senso stretto, alle disposizioni di disciplina penale sostanziale, secondo i c.d. criteri Engel - Fondamento costituzionale e sovranazionale - Principio di uguaglianza, anziché di legalità della pena - Conseguente derogabilità, nei limiti della ragionevolezza - Applicabilità anche alle sanzioni ammnistrative (nel caso di specie: non fondatezza delle questioni della disposizione che, in materia di appalti pubblici, prevede che la nuova disciplina più favorevole per l'escussione della cauzione provvisoria da parte della stazione appaltante si applichi non retroattivamente). (Classif. 141001).

Il principio di retroattività della lex mitior in materia penale trova fondamento, nell'ordinamento costituzionale, sia direttamente, sia per effetto dell'azione degli artt. 49 CDFUE e 7 CEDU, in forza degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. Per il primo profilo, il principio non è riconducibile alla sfera di tutela dell'art. 25, secondo comma, Cost., che deve essere interpretato nel senso di vietare l'applicazione retroattiva delle sole leggi penali che stabiliscano nuove incriminazioni, ovvero che aggravino il trattamento sanzionatorio già previsto per un reato, non ostando così a una possibile applicazione retroattiva di leggi che, all'opposto, aboliscano precedenti incriminazioni ovvero attenuino il trattamento sanzionatorio già previsto per un reato. La ratio immediata di detta norma, infatti, è - in parte qua - quella di tutelare la libertà di autodeterminazione individuale, garantendo al singolo di non essere sorpreso dall'inflizione di una sanzione penale per lui non prevedibile al momento della commissione del fatto. Una simile garanzia non è posta in discussione dall'applicazione di una norma penale, pur più gravosa di quelle entrate in vigore successivamente, che era comunque in vigore al momento del fatto: e ciò per l'ovvia ragione che, nel caso considerato, la lex mitior sopravviene alla commissione del fatto, al quale l'autore si era liberamente autodeterminato sulla base del pregresso (e per lui meno favorevole) panorama normativo. ( Precedenti: S. 238/2020 - mass. 42691; S. 63/2019 - mass. 42613; S. 236/2011 - mass. 35793; S. 215/2008 - mass. 32585; S. 393/2006 - mass. 30799). Il principio di retroattività in mitius , sancito nel cod. pen. dall'art. 2, commi secondo, terzo e quarto, ha un fondamento costituzionale e sovranazionale. Il primo è riconducibile allo spettro di tutela del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., che impone, in linea di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l'entrata in vigore della norma che ha disposto l' abolitio criminis o la modifica mitigatrice. Ciò in quanto, in via generale, non sarebbe ragionevole punire (o continuare a punire più gravemente) una persona per un fatto che, secondo la legge posteriore, chiunque altro può impunemente commettere. Il secondo, avente ingresso nel nostro ordinamento attraverso l'art. 117, primo comma, Cost., è riconducibile sia all'art. 49, par. 1, CDFUE, quest'ultimo rilevante anche ai sensi dell'art. 11 Cost., sia all'art. 7 CEDU, nella lettura offertane dalla giurisprudenza della Corte EDU, nonché alle altre norme del diritto internazionale dei diritti umani vincolanti per l'Italia che enunciano il medesimo principio, tra cui l'art. 15, comma 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. ( Precedenti: S. 238/2020 - mass. 42691; S. 63/2019 - mass. 42613; S. 236/2011 - mass. 35793; S. 394/2006 - mass. 30804 ). Mentre l'irretroattività in peius della legge penale costituisce un valore assoluto e inderogabile, la regola della retroattività in mitius della legge penale medesima è suscettibile di limitazioni e deroghe legittime sul piano costituzionale, purché giustificabili al metro di quel vaglio positivo di ragionevolezza, in relazione alla necessità di tutelare interessi di rango costituzionale prevalenti rispetto all'interesse individuale in gioco. ( Precedente: S. 236/2011 - mass. 35793 ). La regola della retroattività in mitius si applica anche alle sanzioni amministrative, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte Edu. ( Precedenti: S. 68/2021 - mass. 43806; S. 63/2019 - mass. 42613; S. 193/2016 - mass. 39016 ). L'esistenza o meno di una accusa in materia penale deve essere valutata sulla base di tre criteri, indicati comunemente con il nome di "criteri Engel". Il primo è la qualificazione giuridica del reato nel diritto interno, il secondo è la natura stessa del reato e il terzo è il grado di severità della sanzione in cui incorre l'interessato. Il secondo e il terzo criterio possono essere alternativi e non necessariamente cumulativi. ( Precedente: S. 43/2017 - mass. 39635 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Consiglio di Stato, sez. quinta, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 49, par. 1, CDFUE, e all'art. 7 CEDU, del combinato disposto degli artt. 93, comma 6, e 216, comma 1, cod. contratti pubblici, nella parte in cui limita l'applicazione della più favorevole disciplina da esso dettata in tema di garanzia provvisoria alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore. Non è corretto il presupposto ermeneutico del rimettente, per cui l'escussione della garanzia provvisoria, nell'ipotesi di esito negativo del controllo a campione sul possesso dei requisiti speciali a carico dei partecipanti alla procedura di gara diversi dall'aggiudicatario, ha natura di sanzione "punitiva" agli effetti della CDFUE e della CEDU e, quindi, soggiace alle garanzie dalle stesse previste, tra cui il principio di retroattività della lex mitior . La disciplina in materia di escussione della cauzione provvisoria - compresa quella più favorevole, introdotta dal d.lgs. n. 50 del 2016 in sostituzione del d.lgs. n. 163 del 2006 - non ha natura di sanzione "punitiva". La garanzia provvisoria, infatti, svolge la funzione di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese e al dovere di correttezza, allo scopo di garantire la serietà e l'affidabilità dell'offerta e prevenire l'inutile e non proficuo svolgimento di complesse attività selettive, quale misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio, che costituisce l'automatica conseguenza della violazione del dovere di correttezza gravante sull'offerente. L'escussione della garanzia provvisoria risponde, quindi, alla funzione tipica dei rimedi apprestati dall'ordinamento a fronte di condotte contrarie a buona fede fondanti la responsabilità precontrattuale, che, anche quando "sanzionano" comportamenti scorretti imputabili alla parte, non sono "punitivi" perché sono tesi a salvaguardare posizioni giuridiche soggettive contro la violazione ingiustificata del dovere di correttezza. La stessa mancanza di discrezionalità in capo all'autorità amministrativa chiamata ad escutere la cauzione provvisoria, costituisce un indice ulteriore del fatto che l'incameramento non abbia carattere "punitivo", così come il suo basso grado di severità. ( Precedenti: S. 23/2022 - mass. 44508; O. 211/2011 - mass. 35741 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 93, comma 6
  • decreto legislativo-Art. 216, comma 1

Parametri costituzionali