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Pronuncia 73/2022

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 30, comma 1, lettera g), numero 1), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), 32, comma 3, e 33 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Catania, nel procedimento vertente tra S. L.R. e Riscossione Sicilia spa, con ordinanza del 7 gennaio 2021, iscritta al numero 56 del registro ordinanze del 2021, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 19, prima serie speciale, dell'anno 2021. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2022 il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio; deliberato nella camera di consiglio del 26 gennaio 2022.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 30, comma 1, lettera g), numero 1), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), 32, comma 3, e 33 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevate, in riferimento agli artt. 101, 111 e 136 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 gennaio 2022. F.to: Giuliano AMATO, Presidente Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 18 marzo 2022. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Maria Rosaria San Giorgio

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: AMATO

Massime

Giudizio costituzionale - Thema decidendum - Ordine delle questioni - Dedotta violazione del giudicato costituzionale - Priorità logico-giuridica rispetto ad altre censure. (Classif. 111007).

La censura relativa all'asserita violazione dell'art. 136 Cost. è da valutarsi in via prioritaria, in quanto attinente all'esercizio stesso del potere legislativo. ( Precedenti: S. 236/2021 - mass. 44372; S. 256/2020 - mass. 42707; S. 5/2017 - mass. 39285; S. 245/2012 - mass. 36703; S. 350/2010 - mass. 35148 ).

Parametri costituzionali

Pronunce della Corte costituzionale - Violazione ed elusione del giudicato costituzionale - Condizioni - Mantenimento o ripristino, da parte di nuova disposizione, di quella dichiarata costituzionalmente illegittima. (Classif. 204007).

La violazione del giudicato costituzionale si configura solo quando la nuova disposizione mantiene in vita o ripristina gli effetti della medesima struttura normativa oggetto della pronuncia di illegittimità costituzionale ( Precedente: S. 236/2021 - mass. 44373 ).

Giusto processo (principio del) - In genere - Pubblicità dei dibattimenti giudiziari - Espressione dell'ordinamento democratico - Applicazione ai giudizi penali, civili, tributari - Possibili eccezioni, in presenza di ragioni obiettive e razionali. (Classif. 126001).

Il principio della pubblicità dei dibattimenti giudiziari, pur trovando fondamento nel precetto racchiuso nell'art. 101, primo comma, Cost., può subire eccezioni in relazione a determinati procedimenti e in presenza di giustificazioni obiettive e razionali. ( Precedente: S. 141/1998 - mass. 23842 ). Tra le garanzie del giusto processo si inscrive la stessa pubblicità dei dibattimenti giudiziari, quale componente naturale e coessenziale del processo "equo" garantito dall'art. 6 CEDU. ( Precedente: S. 263/2017 - mass. 41145 ). Al principio di pubblicità delle udienze - benché non sia stato positivizzato neanche a seguito della riforma introdotta dalla legge cost. n. 2 del 1999, e benché resti di valore non assoluto, in quanto resta affidato alla discrezionalità del legislatore il bilanciamento degli interessi in giuoco nei diversi procedimenti - va riconosciuta un'indiscutibile valenza costituzionale, quale corollario della regola enunciata dall'art. 101, primo comma, Cost., in quanto componente naturale e coessenziale del giusto processo. La garanzia della pubblicità del giudizio è connaturata ad un ordinamento democratico fondato sulla sovranità popolare, cui deve conformarsi l'amministrazione della giustizia, la quale, in forza del citato art. 101, primo comma, Cost., trova in quella sovranità la sua legittimazione. ( Precedenti: S. 109/2015 - mass. 38410; S. 97/2015 - mass. 38391; S. 135/2014 - mass. 37942; S. 93/2010 - mass. 34453; S. 235/1993 - mass. 19741 ; S. 373/1992 - mass. 18679; S. 50/1989 - mass. 12993 ). Nel processo penale particolare rilevanza assume il principio della pubblicità delle udienze, in considerazione degli interessi protetti e dei riflessi sociali della violazione delle norme incriminatrici; in esso sono ammesse deroghe solo per garantire beni a rilevanza costituzionale, laddove negli altri casi il legislatore gode di un più ampio margine di discrezionalità nell'individuazione degli interessi in grado di giustificare la celebrazione del dibattimento a porte chiuse. ( Precedenti: S. 260/2020 - mass. 43106; S. 135/2014 - mass. 37942; S. 69/1991 - mass. 16992; S. 12/1971 - mass. 5393 ). Con riferimento al rito civile, porre un'alternativa tra difesa scritta e discussione orale nel processo civile non può determinare alcuna lesione di un adeguato contraddittorio, anche perché le parti permangono su di un piano di parità. ( Precedente: S. 275/1998 - mass. 24161 ). Il rito camerale rinviene una coerente e logica motivazione nell'interesse generale ad un più rapido funzionamento del processo, interesse che assume particolare rilievo per il processo tributario, gravato da un contenzioso di dimensioni particolarmente ingenti. ( Precedenti: S. 141/1998 - mass. 23842; S. 543/1989 - mass. 15484; S. 212/1986 - mass. 12554 ).

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 101
  • Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 6
  • legge costituzionale-Art.

Giusto processo (principio del) - In genere - Parità delle parti - Conseguente necessità di assicurare il contraddittorio - Possibili diverse modalità attuative - Esclusione della necessaria trattazione orale e contestale. (Classif. 126001).

L'art. 111, secondo comma, Cost., introdotto dalla legge cost. n. 2 del 1999, ha conferito veste autonoma a un principio, quello di parità delle parti, insito nel pregresso sistema dei valori costituzionali. Se, in via generale, il principio del contraddittorio consacrato nell'articolo costituzionale indicato impone esclusivamente di garantire che ogni giudizio si svolga in modo tale da assicurare alle parti la possibilità di incidere, con mezzi paritetici, sul convincimento del giudice, spettando al legislatore configurarne le specifiche modalità attuative, deve coerentemente escludersi che sussista un'unica forma in cui il confronto dialettico possa estrinsecarsi e che questa vada necessariamente identificata nella difesa orale. ( Precedenti: S. 34/2020 - mass. 42625; S. 26/2007 - mass. 30994; O. 110/2003 - mass. 27665; O. 347/2002 - mass. 27206; O. 421/2001 - mass. 26702 ). Non in tutti i processi la trattazione orale costituisce un connotato indefettibile del contraddittorio e, quindi, del giusto processo, potendo tale forma di trattazione essere surrogata da difese scritte tutte le volte in cui la configurazione strutturale e funzionale del singolo procedimento, o della specifica attività processuale da svolgere, lo consenta e purché le parti permangano su di un piano di parità. Il contraddittorio, quale primaria e fondamentale garanzia del giusto processo, consiste nella necessità che tanto l'attore, quanto il contraddittore, partecipino o siano messi in condizione di partecipare al procedimento, ma non implica necessariamente che il confronto dialettico tra i litiganti si svolga in modo esplicito e contestuale, potendo il legislatore differenziare la tutela giurisdizionale con riguardo alla particolarità del rapporto da regolare. ( Precedenti: S. 181/2008 - mass. 32508; S. 80/1992 - mass. 18050; S. 125/1972 - mass. 6212; S. 89/1972 - mass. 6122; O. 183/1999 - mass. 24687; O. 37/1988 - mass. 10205 ).

Parametri costituzionali

Processo tributario - In genere - Forma della trattazione della controversia - Rimessione alla scelta delle parti tra pubblica udienza e camera di consiglio - Denunciata violazione dei principi dell'amministrazione della giustizia in nome del popolo e del giusto processo, nonché del giudicato costituzionale - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 201001).

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla CTP di Catania in riferimento agli artt. 101, 111 e 136 Cost., degli artt. 30, comma 1, lett. g ), n. 1), della legge n. 413 del 1991, 32, comma 3, e 33 del d.lgs. n. 546 del 1992, che rimettono alla valutazione discrezionale delle parti l'individuazione della forma della trattazione nei processi tributari di primo e di secondo grado. Il differente contenuto precettivo delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime con la sentenza n. 50 del 1989 (art. 39 del d.P.R. n. 636 del 1972) esclude che il combinato disposto censurato riproponga la disciplina previgente. La pubblicità dell'udienza risulta infatti non già esclusa, come accadeva in precedenza, bensì condizionata alla presentazione, da almeno una delle parti, di un'apposita istanza di discussione. Avuto anche riguardo alla circostanza che il legislatore ha connotato il giudizio tributario come processo prevalentemente documentale, non è irragionevole la previsione di un rito camerale condizionato alla mancata istanza di parte dell'udienza pubblica. Ciò non è di ostacolo a una piena attuazione del contraddittorio, in quanto le disposizioni censurate, per un verso non escludono la discussione in pubblica udienza, ma ne subordinano lo svolgimento alla tempestiva richiesta di almeno una delle parti, e, per un altro, attribuendo ai litiganti la facoltà di depositare, oltre alle memorie illustrative, ulteriori memorie di replica in un identico termine in parallelo, garantiscono un'adeguata e paritetica possibilità di difesa. È evidente che un meccanismo procedurale, come quello delineato dalle norme in scrutinio, che consente ad entrambe le parti, pubblica e privata, di valutare caso per caso la reale necessità di avvalersi della discussione in pubblica udienza, persegue un ragionevole fine di elasticità - in forza del quale le risorse offerte dall'ordinamento devono essere calibrate in base alle effettive esigenze di tutela - e non interferisce con la cura dell'interesse pubblico al prelievo fiscale. ( Precedenti: S. 141/1998 - mass. 23842; O. 273/2019 - mass. 41825 ).

Norme citate

  • legge-Art. 30, comma 1
  • decreto legislativo-Art. 32, comma 3
  • decreto legislativo-Art. 33