Pronuncia 58/1967

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente - Prof. ANTONINO PAPALDO - Prof. NICOLA JAEGER - Prof. GIOVANNI CASSANDRO - Prof. BIAGIO PETROCELLI - Dott. ANTONIO MANCA - Prof. ALDO SANDULLI - Prof. GIUSEPPE BRANCA - Prof. MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE CHIARELLI - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - Dott. LUIGI OGGIONI, Giudici,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 271, primo comma, del Codice civile, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 28 maggio 1965 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Ginepro Pugno Giorgio e Pugno Evasio e Pia, iscritta al n. 206 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 326 del 31 dicembre 1965; 2) ordinanza emessa l'8 novembre 1965 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Cappellacci Maria Nicoletta, Colasanti Ricci Giulio Mario e Marini Maria ved. Ricci, iscritta al n. 36 del Registro ordinanze 1966 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 105 del 30 aprile 1966. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione di Ginepro Pugno Giorgio, Pugno Evasio e Pia, Cappellacci Maria Nicoletta, Colasanti Ricci Giulio Mario e Marini Maria ved. Ricci; udita nell'udienza pubblica del 15 marzo 1967 la relazione del Giudice Costantino Mortati. uditi gli avvocati Gioacchino Magrone, per la Cappellacci, Cesco Nigro, per il Colasanti Ricci e la Marini, Jacopo Durandi, per i Pugno, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Gastone Dallari, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE disposta la riunione dei due giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale, proposte dal Tribunale di Roma con ordinanza 8 novembre 1965 e dal Tribunale di Torino con ordinanza 28 maggio 1965, dell'art. 271 del Codice civile, in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 aprile 1967. GASPARE AMBROSINI - ANTONINO PAPALDO - NICOLA JAEGER - GIOVANNI CASSANDRO - BIAGIO PETROCELLI - ANTONIO MANCA - ALDO SANDULLI - GIUSEPPE BRANCA - MICHELE FRAGALI - COSTANTINO MORTATI - GIUSEPPE CHIARELLI - GIUSEPPE VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI OGGIONI.

Relatore: Costantino Mortati

Data deposito: Fri May 05 1967 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: AMBROSINI

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Massime

SENT. 58/67 A. EGUAGLIANZA - AZIONE DI RICONOSCIMENTO DELLA PATERNITA' NATURALE - INCOSTITUZIONALITA' DELLA NORMA CHE LIMITA I CASI IN CUI TALE AZIONE POTEVA ESSERE ESPERITA DAI NATI ANTERIORMENTE AL 1 LUGLIO 1939 - CONSEGUENZE DEL TERMINE DI DECADENZA DELL'AZIONE - INSUSSISTENZA DI UNA INGIUSTIFICATA DISCRIMINAZIONE A DANNO DEI NATI ANTERIORMENTE AL 1 LUGLIO 1939.

Non e' esatto che per effetto del termine di cui all'art. 271 del codice civile e dell'eliminazione della norma che limitava i casi in cui i nati anteriormente al 1 luglio 1939 potevano esperire l'azione di riconoscimento della paternita' naturale (conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 7 del 1963, che ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 123 delle disp. att. cod. civ.) si sia determinata una ingiustificata discriminazione fra i nati anteriormente al 1 luglio 1939 e quelli nati successivamente: fin dall'entrata in vigore della Costituzione, infatti, anche i i primi potevano promuovere tale azione neglu stessi casi, stante l'incostituzionalita' della norma ostativa.

SENT. 58/67 B. FILIAZIONE NATURALE - RICERCA DELLA PATERNITA' - NORMA CHE STABILISCE UN TERMINE DI DECADENZA PER LA RELATIVA AZIONE - CONGRUITA' DEL TERMINE - QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE - INFONDATEZZA.

Se non e' contestabile che l'art. 30, ultimo comma, della Costituzione ha inteso innovare alla precedente normazione in materia di riconoscimento della paternita' naturale nel senso di meglio assicurare la tutela giuridica e sociale dei figli nati fuori del matrimonio, e correlativamente di estendere i casi di ricerca della paternita', e' altresi' indubbio che la portata di tale norma si arresta al punto in cui la protezione della prole naturale si palesi incompatibile con i diritti della famiglia legittima. Pertanto, l'apposizione di un termine come quello stabilito dall'art. 271, cod. civ., entro il quale sia da esperire l'azione di riconoscimento, non puo' ritenersi sottratta al potere conferito al legislatore dallo stesso ultimo comma dell'articolo citato di determinare i limiti entro cui contenere la ricerca della paternita'. Cio' anche in considerazione del fatto che il termine previsto dalla norma impugnata non appare incongruo per quanto riguarda la sua misura. E' conseguentemente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 271 cod. civ., per violazione degli artt. 3 e 30 Cost.

Norme citate

SENT. 58/67 C. CORTE COSTITUZIONALE - DECISIONI DI ACCOGLIMENTO - EFFETTI.

La sentenza n. 7 del 1963, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 123, primo e secondo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile, nulla ha statuito circa la decorrenza del termine di decadenza dell'azione di riconoscimento della paternita' da parte dei nati prima del 1 luglio 1939. La questione relativa alla decorrenza di tale termine deve essere percio' decisa dal giudice del merito, alla luce dei principi che la Corte costituzionale ha avuto piu' volte occasione di enunciare per quanto attiene agli effetti delle proprie pronuncie di accoglimento. Questi effetti non sono paragonabili a quelli dello jus superveniens, poiche' la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale inficia fin dall'origine (o fin dalla emanazione della Costituzione per le leggi a questa anteriori) la disposizione impugnata. Pertanto le pronuncie stesse fanno sorgere l'obbligo per i giudici avanti ai quali si invocano le norme di legge dichiarate illegittime di non applicarle, a meno che i rapporti cui esse si riferiscono debbano ritenersi ormai esauriti in modo definitivo ed irrevocabile, e conseguentemente non piu' suscettibili di alcuna azione o rimedio, secondo i principi invocabili in materia.