Pronuncia 93/1972

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Prof. GIUSEPPE CHIARELLI, Presidente - Prof. MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - Dott. LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 528 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 13 maggio 1970 dal giudice istruttore del tribunale di Taranto nel procedimento penale a carico di Fucci Ciro, iscritta al n. 229 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 16 settembre 1970; 2) ordinanza emessa il 16 aprile 1970 dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Carpani Sergio ed altri, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 16 settembre 1970; 3) ordinanza emessa il 17 novembre 1971 dal tribunale di Venezia nel procedimento penale a carico di D'Andrea Sergio ed altri, iscritta al n. 478 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37 del 9 febbraio 1972. Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 12 aprile 1972 il Giudice relatore Paolo Rossi; udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 528 del codice penale sollevata, con le ordinanze in epigrafe indicate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 21, primo e secondo comma, della Costituzione. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 1972. GIUSEPPE CHIARELLI - MICHELE FRAGALI - COSTANTINO MORTATI - GIUSEPPE VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - PAOLO ROSSI.

Relatore: Paolo Rossi

Data deposito: Thu May 18 1972 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CHIARELLI

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Massime

SENT. 93/72 A. LIBERTA' DI MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO - COSTITUZIONE ART. 21 - TUTELA ANCHE IL LIBERO E PIENO USO DEI RELATIVI MEZZI DI DIVULGAZIONE - LIMITE DEL BUON COSTUME - OBBLIGO DI OSSERVARLO ANCHE A CARICO DELL'EDICOLANTE - COD. PEN., ART. 528 - RESPONSABILITA' PENALE DI CHI DIFFONDE, FABBRICA, METTE IN CIRCOLAZIONE, DISTRIBUISCE STAMPATI OSCENI, ANCHE NELL'ESERCIZIO DI ATTIVITA' PROFESSIONALE - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

Non contrasta con il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e con il divieto di censure (art. 21, primo e secondo comma Cost.), l'art. 528 C.P., nella parte in cui rende penalmente responsabile chi diffonde, fabbrica, mette in circolazione distribuisce stampati osceni, anche nell'esercizio della sua normale attivita' professionale di stampare o distribuire. Invero, da un lato, il diritto alla libera manifestazione del pensiero trova il proprio limite nei precetti posti dalla stessa Costituzione, tra i quali figura l'ultimo comma del medesimo art. 21, secondo cui sono vietata tutte le manifestazioni contrarie al buon costume, imponendosi al legislatore l'obbligo di prevenire e reprimere, con mezzi adeguati, le relative violazioni. D'altro canto il divieto di cui al secondo comma dell'art. 21 della Costituzione concerne la censura quale istituto tipico del diritto pubblico, secondo cui gli organi dello Stato, e soltanto essi, esercitano autoritativamente un controllo preventivo sulla manifestazione del pensiero rimesso alla pubblica amministrazione (sentenze della Corte nn. 31 e 115 del 1957; n. 44 del 1960 e 159 del 1970). E' infine sofistica la pretesa trasformazione dell'edicolante in censore per effetto dell'obbligo d'osservare l'art. 528 C.P., posto che la sua volonta' di non violare la legge non ha alcun effetto vincolante nei confronti delle molte migliaia di altri distributori ciascuno dei quali resta libero nel proprio giudizio sulla oscenita' o meno delle pubblicazioni.

SENT. 93/72 B. LEGGI PENALI - IPOTESI CRIMINOSE DI DIVERSA GRAVITA' MA DI EGUALE NATURA - EQUIPARAZIONE DELLE PENE - DISCREZIONALITA' DEL LEGISLATORE - FATTISPECIE - COD. PEN., ART. 528 - PUBBLICAZIONI OSCENE - NON VIOLA IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

L'art. 528 C.P., pur prevedendo la stessa pena edittale per chi crea il materiale pornografico e ne fa traffico abituale e chi, invece, esercitando in genere la distribuzione e al vendita di pubblicazioni, diffonda occasionalmente stampati osceni, non contrasta con l'art. 3 della Costituzione. Invero l'equiparazione "quoad poenam" di ipotesi criminose d'uguale natura, sebbene non ugualmente gravi, rientra nella discrezionalita' del legislatore. Cfr.: da ultimo, sentenza n. 9 del 1972.

Parametri costituzionali