Pronuncia 103/1973

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Dott. LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO AMADEI - Prof. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDQ ASTUTI, Giudici,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 596, comma secondo, e comma terzo, nn. 1 e 3, del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 26 gennaio 1971 dal pretore di Lecco nel procedimento penale a carico di Colombo Mariangela, iscritta al n. 83 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 106 del 28 aprile 1971; 2) ordinanza emessa il 17 maggio 1972 dal pretore di Grottaglie nel procedimento penale a carico di Protopapa Cosimo, iscritta al n. 231 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 del 30 agosto 1972. Udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1973 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 596, commi secondo e terzo, nn. 1 e 3, del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24, comma secondo, della Costituzione, dai pretori di Lecco e di Grottaglie con le ordinanze indicate in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1973. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - GIUSEPPE VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI. ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere

Relatore: Vincenzo Trimarchi

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: BONIFACIO

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Massime

SENT. 103/73 A. REATI E PENE - REATI DI DIFFAMAZIONE ED INGIURIA - COD. PEN., ART. 596, COMMI SECONDO E TERZO, N. 3 - ESCLUSIONE DELLA PROVA LIBERATORIA E SUOI LIMITI - NON VIOLANO IL DIRITTO DI DIFESA - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

L'art. 596, comma secondo, del codice penale, nella parte in cui subordina l'ammissibilita' della prova liberatoria all'accordo tra la persona offesa e l'offensore, e comma terzo, n. 3, nella parte in cui l'operativita' della causa estintiva ivi prevista e' rimessa all'assoluta discrezionalita' della persona offesa dal reato di ingiuria o di diffamazione, non contrasta con l'art. 24 della Costituzione. La negazione della exceptio veritatis, infatti, e' la diretta conseguenza del principio dell'esclusione della prova liberatoria posto dal primo comma del detto articolo, rispetto al quale il secondo comma non introduce una deroga. D'altra parte la disciplina contenuta nel comma terzo, n. 3, non limita la garanzia di difesa: che', al contrario, entro i limiti della concreta fattispecie ipotizzata ne amplia il contenuto e la sfera di applicazione.

Parametri costituzionali

SENT. 103/73 B. REATI E PENE - REATI DI INGIURIA E DIFFAMAZIONE - COD. PEN., ART. 596, TERZO COMMA, N. 3 - DETERMINA UN TRATTAMENTO DIVERSO DI SOGGETTI IMPUTATI DI UGUALI REATI A SECONDA CHE LA PARTE OFFESA FACCIA O MENO LA RICHIESTA IVI PREVISTA - GIUSTIFICAZIONE - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

La limitazione della prova liberatoria nel reato di ingiuria e di diffamazione di cui all'art. 596 c.p., all'ipotesi in cui la parte offesa abbia chiesto formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verita' o falsita' del fatto ad essa attribuito, non viola il principio di eguaglianza. Le situazioni messe a raffronto, infatti, non son eguali perche' in un caso la persona offesa ritiene sufficiente la tutela dell'onore formale, nell'altro caso, invece, intende che la tutela sia estesa anche all'onore sostanziale.

Parametri costituzionali

SENT. 103/73 C. REATI E PENE - REATI DI INGIURIA E DIFFAMAZIONE - COD. PEN., ART. 596, COMMA TERZO, N. 1 (NELLA PARTE IN CUI ESCLUDE LA PROVA LIBERATORIA DELLA VERITA' DEL FATTO DETERMINATO, NEL CASO IN CUI LA PARTE LESA NON RIVESTA LA QUALIFICA DI PUBBLICO UFFICIALE - NON VIOLA IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

La norma contenuta nell'art. 596, comma terzo, n. 1, del codice penale, secondo cui quando la persona offesa sia un pubblico ufficiale ed il fatto ad esso attribuito si riferisce all'esercizio delle sue funzioni e' sempre ammessa la prova liberatoria, non contrasta con l'art. 3 della Costituzione nel senso che la fattispecie penale si qualifica diversamente a seconda della condizione soggettiva della persona offesa. Infatti, tale disciplina riflette l'esigenza di carattere generale a che il pubblico ufficiale non si trinceri dietro lo scudo della tutela esteriore, nonche' l'esigenza che i cittadini possano esercitare un controllo, sia pure indiretto, sulla pubblica amministrazione.

Parametri costituzionali