Pronuncia 232/1983

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIOVANNI CONSO - Prof. ETTORE GALLO, Giudici,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 437 del codice penale (Rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro) promosso con ordinanza emessa 1'11 marzo 1980 dal Giudice istruttore del Tribunale di Rieti nel procedimento penale a carico di Busso Alberto ed altra, iscritta al n. 284 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 159 del 1980; visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1983 il Giudice relatore Antonio La Pergola. Ritenuto che il Giudice istruttore presso il Tribunale di Rieti ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 437 del codice penale in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.: si assume, precisamente, che detta statuizione, la quale configura il reato di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, non prevede cautele contro il rischio scaturente dalle malattie professionali, laddove la sicurezza e l'incolumità dell'ambiente di lavoro andavano tutelate ad egual titolo nei confronti delle cause traumatiche, che determinano gli infortuni, e delle tecnopatie; che la violazione degli invocati precetti costituzionali discenderebbe dunque dall'aver la vigente formulazione dell'art. 437 c.p. irrazionalmente discriminato: a) fra i lavoratori rispettivamente esposti al rischio degli infortuni e delle malattie, di guisa che solo i primi assumono la qualità di soggetti passivi del reato ivi configurato, e solo le relative associazioni sindacali sono poste in grado di tutelare nel procedimento penale gli interessi civili della parte offesa dal reato; b) fra gli imprenditori esercenti le lavorazioni esposte al rischio degli infortuni e gli esercenti delle altre, esposte al rischio delle malattie professionali, nel senso che soltanto i primi vengono in considerazione come possibili autori dell'illecito penale; ritenuto che in giudizio ha spiegato intervento, per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri; che l'Avvocatura, prima ancora di dedurre l'infondatezza, eccepisce l'irrilevanza della questione, prospettata, essa dice, in relazione ad un'ipotesi, quella del rischio delle malattie professionali, che lo stesso giudice a quo ritiene esclusa dall'ambito della previsione incriminatrice applicabile nella specie; considerato che la statuizione in esame viene censurata sull'assunto che essa non tutela il rischio della malattia insieme con quello dell'infortunio professionale, sebbene l'eguale trattamento delle due ipotesi risponda al criterio della piena e razionale tutela dell'ambiente di lavoro e sia stato disposto in altra normativa; che, così formulata, la questione è tuttavia inammissibile, anche a prescindere dalle osservazioni svolte in punto di rilevanza dall'Avvocatura, per l'assorbente considerazione che alla Corte si chiede una pronuncia dalla quale scaturirebbe una nuova fattispecie penale, la cui previsione è invece riservata al legislatore, in forza del fondamentale precetto dell'art. 25 Cost.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 437 del codice penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. dal Giudice istruttore presso il Tribunale di Rieti con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1983. F.to: LEOPOLDO ELIA - MICHELE ROSSANO - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI - GIOVANNI CONSO - ETTORE GALLO. GIOVANNI VITALE - Cancelliere

Relatore: Antonio La Pergola

Data deposito: Thu Jul 21 1983 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: O

Presidente: ELIA

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Massime

ORD. 232/83. GIUDIZIO INCIDENTALE DI COSTITUZIONALITA' - REATI E PENE - COD. PEN., ART. 437 (RIMOZIONE OD OMISSIONE DOLOSA DI CAUTELE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, MA NON CONTRO LE MALATTIE PROFESSIONALI) - ASSUNTA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 24 DELLA COSTITUZIONE - SI CHIEDE ALLA CORTE LA CREAZIONE DI UNA NUOVA FATTISPECIE PENALE (RISERVATA AL LEGISLATORE DALL'ART. 25 COST) - MANIFESTA INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE.

Rientra nella discrezionalita' del legislatore e non compete alla Corte di estendere le previsioni legislative che rendono deteriore la posizione del condannato in ordine all'esecuzione della pena. Pertanto e' manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 437 c.p., che incrimina la rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, trascurando le cautele contro gli infortuni professionali.