Pronuncia 191/1993

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 582, secondo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 17 luglio 1992 dal Pretore di Bergamo - Sezione distaccata di Clusone nel procedimento penale a carico di Guerini Alessandro, iscritta al n. 727 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 1993 il Giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Pretore di Bergamo - Sezione distaccata di Clusone ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 582, secondo comma, del codice penale, in quanto, prevedendo la perseguibilità a querela "per un delitto commesso con dolo", irragionevolmente stabilisce una disciplina diversa rispetto a quella dettata dall'art. 590, quinto comma, dello stesso codice che, riferendosi ad un delitto colposo e per il quale la colpa resta integrata dalla "violazione di norme che configurano una situazione di pericolo e non necessariamente di danno", prevede invece la relativa procedibilità d'ufficio; che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, in quanto il giudice a quo sollecita una pronuncia vòlta ad introdurre un regime penale deteriore rispetto a quello vigente per il reato in ordine al quale procede, o infondata; Considerato che l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura Generale dello Stato non può essere accolta in quanto l'accoglimento presupporrebbe la soluzione del problema, tuttora controverso nell'interpretazione della giurisprudenza e della dottrina, circa la natura processuale o sostanziale della querela ed in particolare circa gli effetti della sopravvenuta procedibilità a querela sui procedimenti penali in corso; che nel merito i rilievi del giudice a quo sono privi di qualsiasi fondamento giacché, come puntualmente rilevato dall'Avvocatura, il rimettente, nell'evocare a raffronto la disciplina della procedibilità stabilita per il reato previsto dall'art. 590 del codice penale, ha omesso di considerare che anche le lesioni personali colpose lievi o lievissime, ancorché conseguenti a violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, sono punibili a querela della persona offesa; e che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 582, secondo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Bergamo - Sezione distaccata di Clusone, con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 aprile 1993. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: VASSALLI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 23 aprile 1993. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore: Giuliano Vassalli

Data deposito: Fri Apr 23 1993 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: O

Presidente: CASAVOLA

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Massime

ORD. 191/93 A. REATO IN GENERE - LESIONI PERSONALI DOLOSE LIEVI - PERSEGUIBILITA' A QUERELA DI PARTE ANZICHE' DI UFFICIO, DIVERSAMENTE DA QUANTO STABILITO PER IL (RITENUTO) MENO GRAVE DELITTO DI LESIONI PERSONALI COLPOSE COMMESSO IN VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA ANTINFORTUNISTICA - QUESTIONE DI LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE IN RIFERIMENTO AL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - ECCEZIONE DI INAMMISSIBILITA' RIGUARDO AL 'PETITUM' (IN QUANTO VOLTO ALLA INTRODUZIONE DI UNA NORMA PENALE PIU' SFAVOREVOLE) - REIEZIONE.

L'eccezione di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura dello Stato sul rilievo che, nel censurare la mancata previsione, nell'art. 582, secondo comma, cod.pen., della perseguibilita' d'ufficio per il reato di lesioni dolose lievi, il giudice 'a quo' richiede una pronuncia volta ad introdurre un regime penale piu' sfavorevole rispetto a quello vigente (perseguibilita' a querela di parte), deve essere respinta in quanto il suo accoglimento presupporrebbe la soluzione del problema, tuttora controverso nell'interpretazione della giurisprudenza e della dottrina, circa la natura processuale o sostanziale delle querela ed in particolare circa gli effetti della sopravvenuta procedibilita' a querela sui procedimenti penali in corso.

ORD. 191/93 B. REATO IN GENERE - LESIONI PERSONALI DOLOSE LIEVI - PERSEGUIBILITA' A QUERELA DI PARTE, ANZICHE' D'UFFICIO, DIVERSAMENTE DA QUANTO STABILITO PER IL (RITENUTO) MENO GRAVE DELITTO DI LESIONI PERSONALI COLPOSE COMMESSO IN VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA ANTINFORTUNISTICA - PROSPETTATA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - ERRONEITA' DELLE PREMESSE DA CUI MUOVE IL GIUDICE 'A QUO' - MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

La perseguibilita' a querela di parte prevista dall'art. 582, secondo comma, cod.pen. per il delitto di lesioni personali dolose lievi, non e' censurabile, per violazione del principio di eguaglianza, in base al raffronto, prospettato nel caso dal giudice 'a quo', col delitto di lesioni personali colpose commesso in violazione delle norme antinfortunistiche, (art. 590, quinto comma, cod.pen.) dovendosi considerare che anche le lesioni personali colpose lievi o lievissime, ancorche' conseguenti alla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, sono punibili a querela della persona offesa. (Manifesta infondatezza, in riferimento all'art. 3 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 582, secondo comma, cod.pen.).