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Pronuncia 396/1994

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, Dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 219 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1993 dal Tribunale di Savona nel procedimento di riesame nei confronti di Bertini Nicola, iscritta al n. 228 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1994. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 1994 il Giudice relatore Francesco Guizzi. Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico di Bertini Nicola, imputato di tentato omicidio, rapina aggravata ed altri reati minori, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Savona, sulla base di due perizie psichiatriche affermatrici della seminfermità mentale dell'imputato, ha disposto la misura di sicurezza del ricovero in casa di cura e custodia, impugnata dal difensore del Bertini avanti il tribunale del riesame; che, ad avviso del tribunale, tale provvedimento è stato legittimamente adottato dal giudice per le indagini preliminari ai sensi dell'art. 312 codice procedura penale, il quale prevede l'applicabilità delle misure di sicurezza, in via provvisoria, in ogni stato e grado del processo; che, condividendo il giudizio dei periti medico-legali circa l'assoluta incompatibilità fra le esigenze psicoterapeutiche dell'imputato e il suo ricovero coatto nella casa di cura e custodia di Montelupo Fiorentino, il tribunale ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 219 codice penale che, nel caso di condanna a pena diminuita per seminfermità di mente - quando non possa essere esclusa la pericolosità del condannato - obbliga il giudice a disporre il ricovero in casa di cura e custodia ogni qualvolta la legge preveda una pena edittale non inferiore nel minimo a cinque anni; che tale norma non consentirebbe al giudice di scegliere la misura di sicurezza adeguata all'entità del fatto e alla pericolosità dell'imputato; che tanto costituirebbe una violazione del terzo comma dell'art. 27 della Costituzione (ad avviso del giudice a quo applicabile anche alle misure di sicurezza) che impone l'adozione di misure idonee al recupero sociale dell'imputato; che, inoltre, situazioni diverse fra loro verrebbero a essere trattate in modo uguale, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione in base alla consolidata giurisprudenza della Corte nel senso della riferibilità dell'art. 27, terzo comma, della Costituzione, esclusivamente alle pene e non alle misure di sicurezza (sentt. n. 139 del 1982, 106 del 1972 e 68 del 1967). Considerato che la sentenza n. 139 del 1982, richiamata dall'ordinanza n. 24 del 1985, ha già dichiarato inammissibile analoga questione - concernente la norma contenuta nell'art. 222 codice penale e la misura di sicurezza detentiva dell'ospedale psichiatrico giudiziario - sulla considerazione che gli interventi di innovazione normativa, conseguenti all'accoglimento, esulerebbero del tutto dai suoi poteri, comportando "l'esercizio di scelte discrezionali rientranti nell'esclusiva competenza del legislatore"; che, con l'ordinanza n. 333 del 1994, questa Corte ha ribadito tale indirizzo, dichiarando analoga questione manifestamente inammissibile; che il quadro argomentativo già svolto nelle dette decisioni non muta anche con riguardo alla (diversa) misura di sicurezza della casa di cura e custodia. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 219 codice penale sollevata, in relazione agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione dal Tribunale di Savona con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 novembre 1994. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: GUIZZI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 17 novembre 1994. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore: Francesco Guizzi

Data deposito:

Tipologia: O

Presidente: CASAVOLA

Massime

ORD. 396/94. MISURE DI SICUREZZA - RICOVERO IN CASA DI CURA E CUSTODIA - PREVISTA APPLICAZIONE NEL CASO DI CONDANNA A PENA DIMINUITA PER SEMINFERMITA' DI MENTE - IMPOSSIBILITA' PER IL GIUDICE DI SCEGLIERE LA MISURA DI SICUREZZA PIU' ADEGUATA ALL'ENTITA' DEL FATTO COMMESSO ED ALLA PERICOLOSITA' SOCIALE DEL SOGGETTO - INGIUSTIFICATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO E CONTRASTO CON IL FINE RIEDUCATIVO DELLA PENA - QUESTIONE ANALOGA GIA' DECISA - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Manifesta infondatezza, avendo la Corte gia' dichiarato manifestamente inammissibile analoga questione - ancorche' vertente sulla misura di sicurezza detentiva dell'ospedale psichiatrico giudiziario, anziche', come nella specie, su quella del ricovero in casa di cura e custodia - in quanto gli interventi di innovazione normativa conseguenti all'accoglimento comporterebbero l'esercizio di scelte discrezionali rientranti nell'esclusiva competenza del legislatore. - O. nn. 24/1985, n. 333/1994 e S. n. 139/1982. red.: F.S. rev.: S.P.