Pronuncia 13/1996

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: avv. Mauro FERRI; Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 17-bis, comma 3, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nel testo introdotto dall'art. 3 del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480 (Riforma della disciplina sanzionatoria contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), dell'art. 705 del codice penale e dell'art. 13 del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480, promossi con ordinanze emesse il 27 febbraio 1995 (n. 1 ordinanza) e il 31 gennaio 1995 (n. 3 ordinanze) dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Firenze, rispettivamente iscritte ai nn. 311, 317, 318, 319 e 440 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 23 e 35, prima serie speciale dell'anno 1995; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 novembre 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17-bis, comma 3, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), nel testo introdotto dall'art. 3 del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480 (Riforma della disciplina sanzionatoria contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Firenze con tre ordinanze del 31 gennaio 1995 (r.o. 317, 318 e 440 del 1995) ed una ordinanza del 27 febbraio 1995 (r.o. 311 del 1995); Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 705 del codice penale e dell'art. 13 del decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480 (Riforma della disciplina sanzionatoria contenuta nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Firenze con ordinanza del 31 gennaio 1995 (r.o. 319 del 1995). Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1996. Il Presidente: Ferri Il redattore: Vassalli Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 29 gennaio 1996. Il direttore della cancelleria: Di Paola

Relatore: Giuliano Vassalli

Data deposito: Mon Jan 29 1996 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: FERRI

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Massime

SENT. 13/96 A. SICUREZZA PUBBLICA - COMMERCIO DI COSE ANTICHE O USATE - MODALITA' DI COMPIMENTO DELLE OPERAZIONI - PRESCRIZIONI - INOSSERVANZA - DEPENALIZZAZIONE - ESCLUSIONE - ASSERITA DISPARITA' DI TRATTAMENTO RISPETTO ALLE ANALOGHE VIOLAZIONI COMPIUTE DAI COMMERCIANTI DI OGGETTI PREZIOSI (NUOVI) - LAMENTATA LIMITAZIONE DELLA LIBERTA' DI INIZIATIVA PRIVATA - PRETESO CONTRASTO CON GLI ARTT. 3 E 41 COST. - SENT. N. 121 DEL 1963 - LIMITAZIONE DELLA NOZIONE DI "COSE PREZIOSE" AGLI OGGETTI NUOVI - NON RIGOROSA LETTURA DELLA NORMA INVOCATA A 'TERTIUM COMPARATIONIS' - RAGIONEVOLEZZA DEI CONTROLLI DIRETTI A PREVENIRE I REATI CONTRO IL PATRIMONIO - INFONDATEZZA.

E' infondata la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., dell'art. 17-bis, comma terzo, del t.u.l.p.s., nel testo introdotto dall'art. 3 del d.lgs. 13 luglio 1994, n. 480, nella parte in cui esclude dalla depenalizzazione la fattispecie relativa alla violazione dell'art. 128 del medesimo t.u. - che impone, tra l'altro, di compiere operazioni solo con persone provviste di documento di riconoscimento e di trascriverne le generalita' su un registro obbligatorio delle operazioni - con riguardo alle attivita' di commercio di cose antiche o usate previste dall'art. 126. Infatti, a seguito della dichiarazione di illegittimita' costituzionale dei primi quattro commi dell'art. 128 del t.u.l.p.s. relativamente alle sole operazioni su oggetti preziosi nuovi, la cosa preziosa non piu' nuova, nel senso chiarito nella motivazione della sentenza n. 121 del 1963, rientra nel novero delle cose usate, per le quali trova piena giustificazione, considerate le esigenze teleologiche alla base dell'art. 128 medesimo, la repressione penale delle violazioni. La lamentata disparita' di trattamento rispetto alle stesse violazioni addebitabili con riferimento agli esercenti il commercio di oggetti preziosi (nuovi) muove quindi da una lettura non rigorosa della norma assunta a 'tertium comparationis', perche' gli obblighi posti dalla disposizione denunciata si giustificano soltanto nei confronti degli esercenti il commercio di cose antiche e usate (ivi comprese le cose preziose usate), mentre, con riguardo all'art. 41 Cost., attese le finalita' di pubblica sicurezza a fondamento della norma impugnata, non e' irragionevole un sistema di controlli diretti a prevenire la commissione di reati contro il patrimonio. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 128 t.u.l.p.s. limitatamente al commercio di oggetti preziosi nuovi e nozione di "cosa preziosa" nuova, S. n. 121 del 1963. red.: A. Greco

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 3
  • regio decreto-Art. 17 BIS, comma 3

SENT. 13/96 B. DEPENALIZZAZIONE - COMMERCIO NON AUTORIZZATO DI COSE PREZIOSE - OMESSA PREVISIONE - COMMERCIO NON AUTORIZZATO DI COSE ANTICHE USATE - INTERVENUTA DEPENALIZZAZIONE - ASSERITA DISPARITA' DI TRATTAMENTO - PRETESO CONTRASTO CON GLI ARTT. 3 E 41 COST. - NON ARBITRARIETA' DELLA SCELTA DEL LEGISLATORE - INFONDATEZZA.

E' infondata la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., degli artt. 705 cod. pen. e 13 d.lgs. 13 luglio 1994, n. 480, nella parte in cui il primo contempla tuttora la repressione penale del commercio non autorizzato di cose preziose ed il secondo ha corrispondentemente depenalizzato il solo art. 706 cod. pen. - relativo al commercio clandestino di cose antiche - e non anche l'art. 705 dello stesso codice. La scelta legislativa di una maggiore tutela connessa all'autorizzazione all'esercizio del commercio di cose preziose (nuove) rispetto all'autorizzazione all'esercizio del commercio di cose antiche usate e' espressione di un giudizio di valore non arbitrario, reso palese gia' dalla semplice comparazione della piu' severa sanzione prevista dall'ancora vigente art. 705 cod. pen. rispetto alla piu' tenue pena, solo pecuniaria, prevista invece dall'abrogato art. 706 cod. pen.. red.: A. Greco

Norme citate