Pronuncia 166/1996

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: avv. Mauro FERRI; Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 11-quinquies del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638, e dell'art. 2033 del codice civile, promossi con ordinanze emesse il 7 aprile 1995 (n. 7 ordinanze) dalla Corte di cassazione, rispettivamente iscritte ai nn. 856, 857, 858, 861, 862, 863 e 864 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1995; Visti gli atti di costituzione di Bellodi Letizia, Zambonelli Angiolina, Trezzi Virginio ed altra, Zamuner Mario, Roversi Bruno ed altra, Giramonti Margherita e dell'INPS nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 16 aprile 1996 il giudice relatore Luigi Mengoni; Uditi gli avvocati Franco Agostini per Zambonelli Angiolina, Trezzi Virginio ed altra, Salvatore Cabibbo per Zamuner Mario, Giovanni Angelozzi per Giramonti Margherita, Carlo De Angelis e Giorgio Starnoni per l'INPS e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 11-quinquies del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione con le ordinanze in epigrafe, iscritte in r.o. nn. 856, 857, 858 del 1995; Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2033 cod.civ., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dalla medesima Corte con le ordinanze in epigrafe, iscritte in r.o. nn. 861, 862, 863, 864 del 1995. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 maggio 1996. Il Presidente: Ferri Il redattore: Mengoni Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 24 maggio 1996. Il direttore della cancelleria: Di Paola

Relatore: Luigi Mengoni

Data deposito: Fri May 24 1996 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: FERRI

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Massime

SENT. 166/96 A. PREVIDENZA ED ASSISTENZA SOCIALE - INDEBITO PENSIONISTICO PERCEPITO IN BUONA FEDE - LAMENTATA RIPETIBILITA' - DEDOTTA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 38, SECONDO COMMA, COST. - ERRATA INDIVIDUAZIONE DELLA NORMA IMPUGNABILE - MANIFESTA INAMMISSIBILITA'.

Manifesta inammissibilita' della questione per errata individuazione della norma impugnabile. Invero, l'art. 2033 cod. civ. per se stesso non e' censurabile in riferimento ad alcun parametro costituzionale, essendo improntato al principio di giustizia che vieta l'arricchimento senza causa a detrimento altrui, e riducendosi nel diritto previdenziale - dove tale principio e' mitigato da disposizioni ispirate a criteri di equita' e di solidarieta' - alla funzione di norma di chiusura, operante nei soli casi non soggetti a discipline speciali. (Nel caso di specie, "la questione sollevata dal giudice 'a quo' avrebbe dovuto appuntarsi sull'art. 80, terzo comma, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1422", cioe' sulla norma previdenziale che, escludendo l'art. 2033, citato, dal proprio ambito applicativo, lo rimette alla regola civilistica). red.: G. Leo

SENT. 166/96 B. PREVIDENZA ED ASSISTENZA SOCIALE - INDEBITO PENSIONISTICO PERCEPITO IN BUONA FEDE (NELLA SPECIE: DOPPIA INTEGRAZIONE AL TRATTAMENTO MINIMO CORRISPOSTA AL TITOLARE DI PIU' PENSIONI, RISULTANTE NON DOVUTA SULLA SECONDA PENSIONE PER SUPERAMENTO DEI LIMITI DI REDDITO INDICATI NEL PRIMO COMMA DELL'ART. 6 DEL D.L. 12 SETTEMBRE 1983, N. 463, CONV. IN LEGGE 11 NOVEMBRE 1983, N. 638) - LAMENTATA RIPETIBILITA' - RITENUTA INGIUSTIFICATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO "SIA NEI RAPPORTI INTERNI TRA PENSIONATI DELL'INPS, SIA NEI RAPPORTI ESTERNI DEI PENSIONATI INPS CON I PENSIONATI EX DIPENDENTI PUBBLICI" - INSUSSISTENZA - NON FONDATEZZA.

Non e' fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale - sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 6, comma 11-'quinquies', del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (recante: "Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini"), convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638 - il quale, consentendo il recupero delle somme erogate in eccedenza senza limiti e condizioni, <<anche in deroga alla normativa vigente>>, nel caso di doppia integrazione al trattamento minimo corrisposta al titolare di piu' pensioni, risultante non dovuta sulla seconda pensione per superamento dei limiti di reddito indicati nel comma 1, determinerebbe una ingiustificata disparita' di trattamento sia nei rapporti interni tra pensionati dell'INPS, sia nei rapporti esterni dei pensionati INPS con i pensionati ex dipendenti pubblici - in quanto, sotto il primo profilo, il 'tertium comparationis', cioe' l'art. 52 della legge 9 marzo 1989, n. 88, non e' proponibile, sia perche' i pagamenti indebiti della cui ripetizione si controverte sono avvenuti nella massima parte prima dell'entrata in vigore di questa legge, sia soprattutto per la diversita' di fattispecie delle norme messe a confronto; e, sotto il secondo profilo, il termine di confronto, cioe' l'art. 206 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, sulle pensioni dei dipendenti statali, non e' idoneo perche', per costante giurisprudenza della Corte, non sono istituibili paragoni tra sistemi previdenziali diversi, tanto piu' che il sistema pensionistico dei dipendenti pubblici ignora l'istituto dell'integrazione al minimo. red.: G. Leo

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 6, comma 11
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

SENT. 166/96 C. PREVIDENZA ED ASSISTENZA SOCIALE - INDEBITO PENSIONISTICO PERCEPITO IN BUONA FEDE (NELLA SPECIE: DOPPIA INTEGRAZIONE AL TRATTAMENTO MINIMO CORRISPOSTA AL TITOLARE DI PIU' PENSIONI, RISULTANTE NON DOVUTA SULLA SECONDA PENSIONE PER SUPERAMENTO DEI LIMITI DI REDDITO INDICATI NEL PRIMO COMMA DELL'ART. 6 DEL D.L. 12 SETTEMBRE 1983, N. 463, CONV. IN LEGGE 11 NOVEMBRE 1983, N. 638) - LAMENTATA RIPETIBILITA' - DEDOTTA VIOLAZIONE DEL DIRITTO DEI PENSIONATI AD AVERE ASSICURATI MEZZI ADEGUATI ALLE LORO ESIGENZE DI VITA - INSUSSISTENZA - NON FONDATEZZA.

Non e' fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale - sollevata in riferimento all'art. 38, secondo comma, Cost. - dell'art. 6, comma 11-'quinquies', del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (recante: "Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638, il quale, nel caso di doppia integrazione al trattamento minimo corrisposta al titolare di piu' pensioni, risultante non dovuta sulla seconda pensione per superamento dei limiti di reddito indicati nel comma 1, consente il recupero delle somme erogate in eccedenza senza limiti e condizioni <<anche in deroga alla normativa vigente>>, in quanto - premesso che la norma indubbiata contiene una lacuna di previsione relativamente ad un caso differenziato da una connotazione che lo colloca fuori dalla 'ratio' della norma stessa, e quindi tale da far apparire incongrua l'applicazione di questa, cioe' il caso in cui l'INPS continui a corrispondere l'integrazione della seconda pensione pur trovandosi in grado di accertare il superamento del limite di reddito - detta lacuna autorizza l'interprete ad operare una riduzione teleologica (funzionale alla 'ratio legis') della disposizione, introducendo una corrispondente eccezione conforme ad un principio direttivo del sistema dell'indebito previdenziale ricavabile dalle norme particolari che lo compongono. Principio che, nella specie, puo' essere specificato in via interpretativa, coordinando l'art. 6, comma 11-'quinquies' col precedente comma 4; ne discende, secondo un criterio di logica pratica o di ragionevolezza, che la ripetibilita' cessa laddove l'ente previdenziale abbia continuato il pagamento dell'integrazione al minimo pur avendo la disponibilita' delle informazioni necessarie per l'accertamento del reddito del pensionato, o in seguito alla tempestiva presentazione della dichiarazione sostitutiva del certificato fiscale, alla quale e' tenuto ai sensi dell'art. 6, comma 4, del d.l. n. 463 del 1983 o, altrimenti, per esempio, attraverso una comunicazione del datore di lavoro alle cui dipendenze il pensionato ha trovato occupazione, oppure perche' entrambe le pensioni sono pagate dall'ente stesso, che percio' e' in condizione di conoscere da se' se e quando l'importo della prima sia aumentato oltre il limite di reddito ostativo dell'integrazione al minimo della seconda. - Cfr., altresi', S. n. 431/1993, nella quale la Corte ha enucleato il seguente <<principio di settore>> nel senso che, diversamente <<dalla generale regola codicistica di incondizionata ripetibilita' dell'indebito, trova applicazione la diversa regola, propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione in presenza di una situazione di fatto ... avente come minimo comun denominatore la non addebitabilita' al percipiente della erogazione non dovuta>>. Tale principio e' enunciato "in termini negativi e percio' bisognosi di specificazione in rapporto alle varie ipotesi". red.: G. Leo

Norme citate

  • legge-Art.
  • decreto-legge-Art. 6, comma 11

Parametri costituzionali