Pronuncia 334/1996

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: avv. Mauro FERRI; Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 238 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 17 novembre 1995 dal Tribunale di Forlì nel procedimento civile vertente tra Nanni Sabrina e Guardigli Mauro, iscritta al n. 942 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1996; Udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 238, secondo comma, del codice di procedura civile, limitatamente alle parole "davanti a Dio e agli uomini"; Dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 238, primo comma, seconda proposizione, del codice di procedura civile, limitatamente alle parole "religiosa e". Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1996. Il Presidente: Ferri Il redattore: Zagrebelsky Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria l'8 ottobre 1996 Il direttore della cancelleria: Di Paola

Relatore: Gustavo Zagrebelsky

Data deposito: Tue Oct 08 1996 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: FERRI

Caricamento annuncio...

Massime

SENT. 334/96. PROCEDIMENTO CIVILE - GIURAMENTO DECISORIO - FORMULA - AMMONIZIONE SULL'IMPORTANZA RELIGIOSA E MORALE DELL'ATTO E OBBLIGO DEL GIURANTE DI PRONUNCIARE LA PAROLA "GIURO", "CONSAPEVOLE DELLA RESPONSABILITA' CHE ASSUMO DAVANTI A DIO E AGLI UOMINI" - PRETESA IRRAGIONEVOLE DISPARITA' DI TRATTAMENTO RISPETTO AL TESTIMONE NEL PROCESSO CIVILE TENUTO A PRESTARE GIURAMENTO SECONDO LA FORMULA, COSI' COME MODIFICATA CON LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 149/1995, DI MERO IMPEGNO A DIRE LA VERITA' - PRETESA LESIONE DELLA LIBERTA' DI COSCIENZA - VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2, 3 E 19 COST. - ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE PARZIALE (ANCHE EX ART. 27 L. N. 87 DEL 1953).

Sono costituzionalmente illegittimi, per violazione degli artt. 2, 3 e 19 Cost., l'art. 238, comma 2, cod. proc. civ., limitatamente alle parole "davanti a Dio e agli uomini" e l'art. 238, comma 1, seconda proposizione, cod. proc. civ., limitatamente alle parole "religiosa e", in quanto - posto che gli artt. 2, 3 e 19 Cost. garantiscono come diritto la liberta' di coscienza in relazione all'esperienza religiosa; che tale diritto, sotto il profilo giuridico-costituzionale, rappresenta un aspetto della dignita' della persona umana, riconosciuta e dichiarata inviolabile dall'art. 2; che esso spetta ugualmente tanto ai credenti quanto ai non credenti, siano essi atei o agnostici, e comporta la conseguenza, valida nei confronti degli uni e degli altri, che in nessun caso il compimento di atti appartenenti, nella loro essenza, alla sfera della religione possa essere l'oggetto di prescrizioni derivanti dall'ordinamento giuridico dello Stato; che qualunque atto di significato religioso (anche il piu' doveroso dal punto di vista di una religione e delle sue istituzioni) rappresenta sempre, per lo Stato, esercizio della liberta' dei propri cittadini, che, come tale non puo' essere oggetto di una sua prescrizione obbligante, indipendentemente dall'irrilevante circostanza che il suo contenuto sia conforme, estraneo o contrastante rispetto alla coscienza religiosa individuale; che alla configurazione costituzionale del diritto individuale di liberta' di coscienza nell'ambito della religione e alla distinzione dell'"ordine" delle questioni civili da quello dell'esperienza religiosa corrisponde, rispetto all'ordinamento giuridico dello Stato e delle sue istituzioni, il divieto di ricorrere a obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l'efficacia dei propri precetti; e che il giuramento e' certamente atto avente significato religioso - il giuramento "decisorio", cosi' come disciplinato dall'art. 238 cod. proc. civ., viola sia la liberta' di coscienza in materia di religione (laddove esso, pur non essendo propriamente imposto dalla legge, e' comunque oggetto di una prescrizione legale alla quale la parte si trova sottoposta con conseguenze negative), sia la distinzione, imposta dal fondamentale principio costituzionale di laicita' o non confessionalita' dello Stato, tra l'"ordine" delle questioni civili e l'"ordine" delle questioni religiose (laddove dalle norme impugnate deriva un'inammissibile commistione tra i due ordini, rappresentata dal fatto che un'obbligazione di natura religiosa e il vincolo che ne deriva nel relativo ambito sono imposti per un fine probatorio proprio dell'ordinamento processuale dello Stato; con la conseguenza che, siccome la liberta' di coscienza di chi sia chiamato a prestare il giuramento previsto dall'art. 238, comma 2, cod. proc. civ. comporta che la determinazione del contenuto di valore che essa implica sia lasciata alla coscienza, la dichiarazione di incostituzionalita' del riferimento alla responsabilita' che si assume davanti a Dio deve estendersi anche al riferimento alla responsabilita' davanti agli uomini, e con l'ulteriore conseguenza (ex art. 27 l. n. 87 del 1953) che la dichiarazione di incostituzionalita' deve estendersi al primo comma del medesimo articolo - nella parte in cui prevede che il giurante sia ammonito dal giudice circa l'importanza religiosa del giuramento - avuto riguardo alla inscindibilita' di tale previsione da quella contenuta nel secondo comma. - S. nn. 58/1960; 85/1963; 117/1979; 149/1995. red.: S. Di Palma