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Pronuncia 257/2003

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY; Giudici: Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 459 del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Tribunale di Avellino con ordinanza del 22 aprile 2002, iscritta al n. 28 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2003. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 2 luglio 2003 il Giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che con ordinanza del 22 aprile 2002 il Tribunale di Avellino ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 459 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che «il giudice per le indagini preliminari, prima di emettere decreto penale di condanna, debba consentire alla difesa l'intervento perché possa eventualmente esplicare le proprie argomentazioni difensive»; che il Tribunale - secondo cui l'accoglimento della questione comporterebbe la nullità del decreto penale di condanna opposto, emesso inaudita altera parte, e la conseguente regressione del procedimento - ritiene che la disciplina della fase processuale che segue la richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto penale di condanna sia in evidente contrasto con i principi del giusto processo; che sarebbero in particolare violati l'art. 111, terzo comma, Cost., che garantisce il «rispetto del contraddittorio anche nella fase delle indagini» e comunque certamente nel momento in cui, mediante l'esercizio dell'azione penale, si dà ingresso alla fase processuale, nonché l'art. 24 Cost., in quanto la disciplina censurata priva la difesa della possibilità di interloquire sulla richiesta dell'accusa, in vista di una decisione del giudice per le indagini preliminari di rigetto della richiesta stessa o di proscioglimento dell'imputato a norma dell'art. 129 cod. proc. pen.; che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata, riportandosi all'atto di intervento spiegato nel giudizio relativo alla questione decisa con l'ordinanza di questa Corte n. 21 del 2003. Considerato che il rimettente dubita della legittimità costituzionale della disciplina del procedimento per decreto, in quanto non consente alla difesa dell'imputato di interloquire sulla richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto di condanna; che la questione è del tutto simile a quelle, sollevate dal medesimo rimettente, dichiarate manifestamente infondate con le ordinanze n. 132 e n. 8 del 2003; che in tali decisioni la Corte ha «ribadito che il procedimento monitorio, configurato come rito a contraddittorio eventuale e differito ed improntato a criteri di economia processuale e di massima speditezza, non si pone in contrasto con l'art. 24 della Costituzione», in quanto in tale procedimento «l'esigenza di garantire la conoscenza dell'indagine [...] si trasferisce [...] sulla fase processuale, conseguente all'esercizio dell'opposizione, operando il decreto solo quale mezzo di contestazione dell'accusa definitiva [...], che è essenziale per garantire il diritto di difesa»; che il decreto penale costituisce soltanto «una decisione preliminare», in relazione alla quale «l'esperimento dei mezzi di difesa, con la stessa ampiezza dei procedimenti ordinari, si colloca nel vero e proprio giudizio che segue all'opposizione», «dovendo ritenersi principio consolidato (v. ordinanza n. 203 del 2002 in materia di giudizio immediato) che l'esercizio del diritto di difesa è suscettibile di essere regolato in modo diverso per essere adattato alle esigenze delle specifiche caratteristiche dei singoli procedimenti, purché di tale diritto siano assicurati lo scopo e la funzione»; che, in riferimento all'art. 111 Cost., la Corte ha rilevato che «il dettato costituzionale, da un lato, non impone affatto che il contraddittorio si esplichi con le medesime modalità in ogni tipo di procedimento e, soprattutto, che debba sempre essere collocato nella fase iniziale del procedimento stesso, dall'altro non esclude che il diritto dell'indagato di essere informato nel più breve tempo possibile dei motivi dell'accusa a suo carico possa essere variamente modulato in relazione alla peculiare struttura dei singoli riti alternativi»; che, svolgendo il decreto la «funzione di informazione dei motivi dell'accusa», al fine di consentire «l'instaurazione del contraddittorio tra accusa e difesa» e di porre «l'imputato nelle condizioni di operare una scelta consapevole tra l'opposizione e l'acquiescenza al decreto», la disciplina in esame non si pone in contrasto con i parametri evocati; che, non risultando profili diversi o ulteriori rispetto a quelli già valutati con le ordinanze richiamate, la questione va dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 459 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Avellino, con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 luglio 2003. F.to: Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente Guido NEPPI MODONA, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2003. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Relatore: Guido Neppi Modona

Data deposito:

Tipologia: O

Presidente: ZAGREBELSKY

Massime

Processo penale - Procedimento per decreto - Mancata possibilità per la difesa di intervenire sulla richiesta avanzata dal pubblico ministero di decreto penale di condanna - Asserito contrasto con i principî del giusto processo e del contraddittorio tra le parti - Assenza di profili diversi o ulteriori, rispetto a quelli già valutati con precedenti pronunce - Manifesta infondatezza della questione.

Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dell'art. 459 del codice di procedura penale in quanto non consente alla difesa dell'imputato di interloquire sulla richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto di condanna. Infatti, in precedenti decisioni, la Corte costituzionale ha ribadito che nel procedimento monitorio l'esigenza di garantire la conoscenza dell'indagine si trasferisce sulla fase processuale, conseguente all'esercizio dell'opposizione, costituendo il decreto penale soltanto «una decisione preliminare», in relazione alla quale l'esperimento dei mezzi di difesa, con la stessa ampiezza dei procedimenti ordinari, si colloca nel vero e proprio giudizio che segue all'opposizione. Inoltre, l'art. 111 della Costituzione, non impone affatto che il contraddittorio debba sempre essere collocato nella fase iniziale del procedimento stesso e non esclude che il diritto dell'indagato di essere informato nel più breve tempo possibile dei motivi dell'accusa a suo carico possa essere variamente modulato in relazione alla peculiare struttura dei singoli riti alternativi. > > > >- Per le pronunce cui si fa riferimento, v. le ordinanze di manifesta infondatezza n. 8/2003 e n. 132/2003. > > > >- Sulla peculiare configurazione e sulla funzione del procedimento per decreto in relazione al diritto di difesa e al principio del giusto processo v. ordinanze, citate, n. 8/2003 e n. 132/2003. > > > >- Sulla possibilità di regolare in modo differenziato l'esercizio del diritto di difesa per adattarlo alle specifiche caratteristiche dei singoli procedimenti v. ordinanza, citata, n. 203/2002 (in materia di giudizio immediato).