Pronuncia 206/2008

Sentenza

Collegio

composta dai Signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 775, secondo comma, del codice civile, promosso con ordinanza del 22 febbraio 2007 dal Tribunale di Sondrio nel procedimento civile vertente tra Vanoi Ermanno e Vanoi Anna ed altri, iscritta al n. 632 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2007. Visti gli atti di costituzione di Vanoi Ermanno e di Vanoi Anna nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 1° aprile 2008 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro; uditi gli avvocati Vittorio Angiolini e Giovanni Gobbi per Vanoi Ermanno e l'avvocato dello Stato Giustina Noviello per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che, con ordinanza del 22 febbraio 2007, il Tribunale di Sondrio ha sollevato, in riferimento agli articoli 2 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 775, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede che, in caso di decesso del donante, decorsi cinque anni dalla donazione, gli eredi del donante medesimo, divenuti tali successivamente alla decorrenza del termine di prescrizione quinquennale, non possono più chiedere l'annullamento dell'atto di liberalità per incapacità d'intendere e di volere del donante al momento in cui la donazione è stata fatta; che, secondo il rimettente, la questione è rilevante in quanto la parte attrice ha chiesto l'annullamento della donazione avvenuta con atto pubblico del 18 aprile 1996, e tale domanda è contrastata dalla controparte che ha eccepito la prescrizione ai sensi dell'art. 775, secondo comma, cod. civ.; che la questione, inoltre, è, ad avviso del giudice a quo, non manifestamente infondata, in quanto la norma impugnata impedisce all'erede, divenuto tale successivamente alla decorrenza del termine di prescrizione quinquennale, «di esercitare la propria legittimazione ad agire», determinando un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto all'erede che, per mera casualità, sia divenuto tale prima della decorrenza del detto termine; che tale preclusione sarebbe in contrasto con i principi di uguaglianza e non discriminazione sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione e ciò a fronte di una non sostanziale disparità di condizioni fra le due categorie di eredi sopra individuate, alle quali viene riservato un differente trattamento, con evidente, conseguente danno economico per la categoria svantaggiata, per un'evenienza meramente accidentale; che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione per avere il rimettente tralasciato di considerare come «la legittimazione dell'erede non sia propria di tale figura giuridica» ma si giustifichi in base al principio dell'universalità della successione, con conseguente subentro dell'erede nei diritti che avrebbe potuto esercitare il donante se fosse rimasto in vita; che, secondo l'Autorità intervenuta, all'erede non possono essere riconosciuti poteri ulteriori rispetto a quelli che sarebbero spettati al de cuius; che la norma impugnata, inoltre, sarebbe ragionevole in quanto diretta a contemperare la tutela dell'incapace e la certezza dei traffici giuridici; che si è costituito Ermanno Vanoi, attore nel giudizio principale, chiedendo la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata per irragionevolezza, in quanto impedisce all'erede del donante l'esercizio dell'azione di annullamento della donazione; che, osserva la parte costituita, il momento iniziale di decorrenza del termine deve essere individuato nel momento in cui l'atto da impugnare è stato posto nella sfera di effettiva conoscibilità dell'interessato; che sarebbe, inoltre, compromesso il diritto dell'erede di agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi, in violazione dell'art. 24 della Costituzione; che, infine, una eventuale disparità di trattamento dell'erede dovrebbe essere soggetta a riserva di legge come previsto dall'art. 42, quarto comma, della Costituzione, non potendo costituire mero esito di procedimento ermeneutico nell'esercizio della giurisdizione; che si è, altresì, costituita Anna Vanoi, parte convenuta nel giudizio a quo, concludendo per la manifesta infondatezza della questione, in quanto l'art. 775, secondo comma, cod. civ,. da un lato, è norma perfettamente coerente con l'art. 428 cod. civ., secondo cui l'azione di annullamento per gli atti compiuti da persona incapace di intendere e di volere si prescrive in cinque anni dal giorno in cui l'atto è stato compiuto e, dall'altro, è espressione dell'esigenza di certezza nei rapporti giuridici; che, con memoria depositata nell'imminenza della udienza, Ermanno Vanoi ha ribadito e sviluppato le sue ragioni a favore di un accoglimento della questione sottoposta all'esame della Corte, deducendo: la chiarezza della sua proposizione; l'irragionevolezza della norma impugnata, per la disparità di trattamento tra coloro che siano divenuti eredi di un soggetto incapace di intendere e di volere prima o dopo il decorso del termine prescrizionale dei cinque anni; la necessità che il momento iniziale di decorrenza del termine sia individuato, analogamente a quanto avviene nell'ipotesi descritta dall'art. 1442 cod. civ., in quello in cui l'atto da impugnare sia stato posto nella sfera di effettiva conoscibilità dell'interessato; l'infondatezza degli argomenti contrari addotti dalla controparte; che, con memoria depositata nell'imminenza della udienza, Anna Vanoi ha insistito per la manifesta infondatezza della questione, sviluppando le argomentazioni già offerte al momento della costituzione in giudizio; che, secondo la parte convenuta nel giudizio a quo, l'erede subentra nel patrimonio del de cuius e, di conseguenza, nei relativi diritti e poteri che il donante avrebbe potuto esercitare se fosse rimasto in vita; che non è ravvisabile alcuna arbitraria ed ingiustificata disparità di trattamento tra eredi a seconda del momento della loro successione; che l'art. 775 cod. civ. è espressione del principio generale di certezza nei rapporti giuridici, proprio perché l'incapacità naturale presuppone un'ordinaria capacità di intendere e di volere e il termine prescrizionale di cinque anni è più che adeguato; che non sarebbe corretto mettere a raffronto la norma impugnata con l'art. 1442 cod. civ., trattandosi di situazioni diverse e disomogenee; che, osserva ancora la parte costituita, il legislatore, in materia di fissazione del termine di prescrizione dei singoli atti, gode di ampia discrezionalità, con l'unico limite dell'eventuale irragionevolezza; che non sarebbe ravvisabile alcuna lesione del diritto di difesa, in quanto non si discute di strumenti di tutela giudiziale ma dell'esistenza o meno di un diritto a seconda che lo si ritenga o meno prescritto; che in ogni caso il thema decidendum del giudizio sarebbe cristallizzato dall'ordinanza di rimessione che non accenna ad un'ipotetica violazione dell'art. 24 della Costituzione. Considerato che il Tribunale di Sondrio dubita della legittimità costituzionale dell'art. 775, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede che gli eredi del donante  i quali siano divenuti tali successivamente alla decorrenza del termine di prescrizione quinquennale per proporre l'azione di annullamento della donazione per incapacità di intendere e di volere del donante  non possano più chiedere l'annullamento dell'atto di liberalità, per violazione dell'art. 3 Cost., in quanto la norma impugnata impedirebbe all'erede di agire in giudizio, determinando un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto all'erede che, per mera casualità, sia divenuto tale prima della decorrenza del detto termine, nonché per violazione dell'art. 2 Cost.; che la posizione dell'erede che sia divenuto tale dopo il decorso di cinque anni dal giorno in cui la donazione è stata fatta non è comparabile con quella di chi sia divenuto tale prima di tale termine, dal momento che solo il secondo è titolare del diritto di ottenere l'annullamento della donazione, laddove il primo non è più titolare di tale diritto, essendosi lo stesso prescritto già in capo al suo dante causa; che ciò determina la manifesta infondatezza della questione dedotta con riferimento all'art. 3 Cost.; che la questione sollevata con riferimento all'art. 2 Cost. è manifestamente inammissibile per non avere il rimettente in alcun modo motivato la violazione di tale parametro.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 775, secondo comma, del codice civile, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Sondrio con l'ordinanza in epigrafe; dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 775, secondo comma, cod. civ., sollevata, in riferimento all'art. 2 della Costituzione, dal Tribunale di Sondrio con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2008. F.to: Franco BILE, Presidente Alfio FINOCCHIARO, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2008. Il Cancelliere F.to: MELATTI

Relatore: Alfio Finocchiaro

Data deposito: Fri Jun 13 2008 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: O

Presidente: BILE

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Massime

Contratto - Donazione - Donazione fatta da persona incapace di intendere e volere - Possibilità per gli eredi di chiederne l'annullamento, entro il termine prescrizionale di cinque anni dalla data della donazione - Estensione della prescrizione anche a chi sia divenuto erede successivamente alla decorrenza del termine - Denunciata disparità di trattamento rispetto a chi sia divenuto erede prima della decorrenza del termine - Esclusione - Manifesta infondatezza della questione.

E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 775, secondo comma, cod. civ., censurato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che gli eredi del donante, divenuti tali successivamente alla decorrenza del termine di prescrizione quinquennale per proporre l'azione di annullamento della donazione per incapacità di intendere e volere, non possano più chiedere l'annullamento dell'atto di liberalità. Non sussiste, infatti, alcuna ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi sia divenuto erede prima della decorrenza del suddetto termine, posto che solo quest'ultimo è titolare del diritto ad ottenere l'annullamento della donazione, mentre chi sia divenuto erede successivamente al decorso del termine non è più titolare di tale diritto, che si è già prescritto in capo al suo dante causa , sicché le posizioni poste a raffronto non sono comparabili.

Parametri costituzionali

Contratto - Donazione - Donazione fatta da persona incapace di intendere e volere - Possibilità per gli eredi di chiederne l'annullamento, entro il termine prescrizionale di cinque anni dalla data della donazione - Estensione della prescrizione anche a chi sia divenuto erede successivamente alla decorrenza del termine - Denunciata violazione dei diritti inviolabili dell'uomo - Omessa motivazione in ordine alla violazione del parametro invocato - Manifesta inammissibilità della questione.

E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 775, secondo comma, cod. civ., censurato, in riferimento all'art. 2 Cost., nella parte in cui prevede che gli eredi del donante, divenuti tali successivamente alla decorrenza del termine di prescrizione quinquennale per proporre l'azione di annullamento della donazione per incapacità di intendere e volere, non possano più chiedere l'annullamento dell'atto di liberalità. Il parametro, infatti, è stato meramente evocato ed il rimettente non ha motivato in ordine alla sua violazione.

Parametri costituzionali