Pronuncia 197/2009

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 503, commi 5 e 6, del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Augusta, nel procedimento penale a carico di M.A.J.F.F. e L.N.S., con ordinanza del 13 marzo 2007, iscritta al n. 857 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2008. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 22 aprile 2009 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 503, commi 5 e 6, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, quarto comma, della Costituzione, dal Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Augusta, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2009. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Giuseppe FRIGO, Redattore Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2009. Il Cancelliere F.to: FRUSCELLA

Relatore: Giuseppe Frigo

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: AMIRANTE

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Massime

Processo penale - Esame delle parti private - Dichiarazioni alle quali il difensore aveva diritto di assistere assunte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su delega - Inutilizzabilità nei confronti di altri senza il loro consenso, salvo che ricorrano i presupposti di cui all'art. 500, comma 4, cod. proc. pen. - Mancata previsione - Eccezione di inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza - Reiezione.

In relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 503, comma 5, cod. proc. pen., va rigettata l'eccezione di inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza, fondata sul duplice rilievo che il giudice a quo avrebbe omesso, da un lato, di indicare l'incidenza sul quadro probatorio complessivo degli interrogatori acquisiti e, dall'altro, di specificare se per tali atti fosse stato dato l'avviso di cui all'art. 64, comma 3, lett. c ) cod. proc. pen. Il primo rilievo attiene, infatti, al merito della res iudicanda , laddove la questione di costituzionalità investe, invece, il profilo preliminare, di ordine processuale, relativo all'utilizzazione nei confronti dei coimputati degli atti acquisiti secondo le modalità sopra indicate. La circostanza, poi, che le dichiarazioni rese in precedenza dall'imputato siano state utilizzate per le contestazioni senza alcuna eccezione o rilievo d'ufficio, rende implicito l'avvenuto accertamento, da parte del rimettente, dell'avvenuta formulazione dell'avviso previsto dall'art. 64, comma 3, lett. c ) cod. proc. pen.

Processo penale - Esame delle parti private - Dichiarazioni rese a norma degli artt. 294, 299, comma 3- ter , 391 e 422 cod. proc. pen. - Inutilizzabilità nei confronti di altri senza il loro consenso, salvo che ricorrano i presupposti di cui all'art. 500, comma 4, cod. proc. pen. - Mancata previsione - Eccezione di inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza - Reiezione.

In relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 503, comma 6, cod. proc. pen., va rigettata l'eccezione di inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza, fondata sul duplice rilievo che il giudice a quo avrebbe omesso, da un lato, di indicare l'incidenza sul quadro probatorio complessivo degli interrogatori acquisiti e, dall'altro, di specificare se per tali atti fosse stato dato l'avviso di cui all'art. 64, comma 3, lett. c ) cod. proc. pen. Il primo rilievo attiene, infatti, al merito della res iudicanda , laddove la questione di costituzionalità investe, invece, il profilo preliminare, di ordine processuale, relativo all'utilizzazione nei confronti dei coimputati degli atti acquisiti secondo le modalità sopra indicate. La circostanza, poi, che le dichiarazioni rese in precedenza dall'imputato siano state utilizzate per le contestazioni senza alcuna eccezione o rilievo d'ufficio, rende implicito l'avvenuto accertamento, da parte del rimettente, dell'avvenuta formulazione dell'avviso previsto dall'art. 64, comma 3, lett. c ) cod. proc. pen.

Processo penale - Esame delle parti private - Dichiarazioni alle quali il difensore aveva diritto di assistere assunte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su delega - Inutilizzabilità nei confronti di altri senza il loro consenso, salvo che ricorrano i presupposti di cui all'art. 500, comma 4, cod. proc. pen. - Mancata previsione - Denunciata violazione del diritto di difesa, nonché asserita lesione del principio del contraddittorio nella formazione della prova - Quesito di costituzionalità fondato su erronea premessa ermeneutica - Non fondatezza della questione.

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 500, comma 5, cod. proc. pen., sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, quarto comma, Cost., in quanto l'interpretazione della disciplina censurata offerta dal giudice a quo si fonda sull'erronea premessa ermeneutica secondo cui le precedenti dichiarazioni difformi, rese dall'imputato prima del giudizio ed utilizzate per le contestazioni, assumano, una volta acquisite al fascicolo per il dibattimento, piena efficacia probatoria anche nei confronti dei coimputati. Al contrario, una lettura conforme al principio del contraddittorio ed esigenze di coerenza sistematica rispetto alla regolamentazione complessiva della materia racchiusa nel codice di rito (a seguito anche delle modifiche apportate dalla legge n. 63 del 2001 sul giusto processo), impongono di ritenere che il recupero probatorio per effetto delle contestazioni, prefigurato dal comma 5 dell'art. 503 cod. proc. pen., non operi ai fini dell'affermazione della responsabilità di soggetti diversi dal dichiarante. Con la conseguenza che - anche in forza del rinvio operato dal comma 4 all'art. 500, comma 2, cod. proc. pen. - le dichiarazioni rese dall'imputato nelle fasi anteriori al giudizio possono essere utilizzate, per ciò che concerne la responsabilità dei coimputati, ai soli fini di valutare la credibilità del dichiarante, salvo che gli stessi coimputati prestino consenso all'utilizzazione piena ovvero ricorrano le circostanze indicate dall'art. 500, comma 4.

Processo penale - Esame delle parti private - Dichiarazioni rese a norma degli artt. 294, 299, comma 3- ter , 391 e 422 cod. proc. pen. - Inutilizzabilità nei confronti di altri senza il loro consenso, salvo che ricorrano i presupposti di cui all'art. 500, comma 4, cod. proc. pen. - Mancata previsione - Denunciata violazione del diritto di difesa, nonché asserita lesione del principio del contraddittorio nella formazione della prova - Quesito di costituzionalità fondato su erronea premessa ermeneutica - Non fondatezza della questione.

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 500, comma 6, cod. proc. pen., sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, quarto comma, Cost., in quanto l'interpretazione della disciplina censurata offerta dal giudice a quo si fonda sull'erronea premessa ermeneutica secondo cui le precedenti dichiarazioni difformi, rese dall'imputato prima del giudizio ed utilizzate per le contestazioni, assumano, una volta acquisite al fascicolo per il dibattimento, piena efficacia probatoria anche nei confronti dei coimputati. Al contrario, una lettura conforme al principio del contraddittorio ed esigenze di coerenza sistematica rispetto alla regolamentazione complessiva della materia racchiusa nel codice di rito (anche a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 63 del 2001 sul giusto processo), impongono di ritenere che il recupero probatorio per effetto delle contestazioni, prefigurato dal comma 5 dell'art. 503 cod. proc. pen. (espressamente applicabile anche per le dichiarazioni rese a norma degli artt. 294, 299, comma 3- ter , 391 e 422), non operi ai fini dell'affermazione della responsabilità di soggetti diversi dal dichiarante. Con la conseguenza che - anche in forza del rinvio operato dal comma 4 all'art. 500, comma 2, cod. proc. pen. - le dichiarazioni rese dall'imputato nelle fasi anteriori al giudizio possono essere utilizzate, per ciò che concerne la responsabilità dei coimputati, ai soli fini di valutare la credibilità del dichiarante, salvo che gli stessi coimputati prestino consenso all'utilizzazione piena ovvero ricorrano le circostanze indicate dall'art. 500, comma 4.