Pronuncia 185/2015

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promossi dalla Corte di cassazione, quinta sezione penale, con ordinanza del 10 settembre 2014, e dalla Corte d'appello di Napoli, terza sezione penale, con ordinanza del 19 novembre 2014, rispettivamente iscritte al n. 227 del registro ordinanze 2014 e al n. 35 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 2014 e n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio dell'8 luglio 2015 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), limitatamente alle parole «è obbligatorio e,»; 2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 4 della legge n. 251 del 2005, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Napoli, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2015. F.to: Alessandro CRISCUOLO, Presidente Giorgio LATTANZI, Redattore Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2015. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella Paola MELATTI

Relatore: Giorgio Lattanzi

Data deposito: Thu Jul 23 2015 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CRISCUOLO

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Massime

Reati e pene - Recidiva obbligatoria per i delitti indicati all'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale - Presunzione assoluta di più accentuata colpevolezza o di maggiore pericolosità del reo basata sul titolo del nuovo reato - Questione promossa con ordinanza carente in ordine alla descrizione della fattispecie concreta ed alla motivazione sulla rilevanza - Manifesta inammissibilità.

? manifestamente inammissibile, per questione promossa con ordinanza carente in ordine alla descrizione della fattispecie concreta ed alla motivazione sulla rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, cod. pen., impugnato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. in quanto dispone l'applicazione della recidiva obbligatoria per i delitti indicati all'art. 407, comma 2, lett. a ) del cod. proc. pen. in ragione di una presunzione assoluta di più accentuata colpevolezza o di maggiore pericolosità del reo basata sul titolo del nuovo reato. Nell'ordinanza di rimessione il giudice a quo ha omesso sia di indicare il capo di imputazione ed il titolo di reato per cui procede sia di descrivere il fatto contestato agli imputati. Inoltre, difetta la motivazione della rilevanza posto che non emerge se il reato per cui si procede ed a cui si riferisce la recidiva rientra nel catalogo dell'art. 407, comma secondo, lett. a ) cod. proc. pen. Sulla manifesta inammissibilità derivante dall'impossibilità di verificare la rilevanza della questione a causa della mancanza di indicazione del reato contestato e di descrizione della fattispecie, v. ex multis le citate ordinanza nn. 16/2014 e 295/2013.

Norme citate

Reati e pene - Recidiva obbligatoria per i delitti indicati all'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale - Presunzione assoluta di più accentuata colpevolezza o di maggiore pericolosità del reo basata sul titolo del nuovo reato - Irragionevolezza - Ingiustificata equiparazione di situazioni differenti - Violazione del principio di proporzionalità della sanzione - Necessità di espungere dal testo della disposizione le parole "è obbligatorio e," - Illegittimità costituzionale in parte qua .

? costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., l'art. 99, quinto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 4 della l. n. 251/2005, limitatamente alle parole «è obbligatorio e» in quanto dispone l'applicazione della recidiva obbligatoria per i delitti indicati all'art. 407, comma 2, lett. a ) del cod. proc. pen. sulla base di una presunzione assoluta di più accentuata colpevolezza o di maggiore pericolosità del reo legata al titolo del nuovo reato. ? irragionevole il rigido automatismo a cui dà luogo la norma censurata perché inadeguato a neutralizzare gli elementi eventualmente desumibili dalla natura e dal tempo di commissione dei precedenti reati e dagli altri parametri che dovrebbero formare oggetto della valutazione del giudice. ?, altresì, ingiustificata l'equiparazione del trattamento delle differenti ipotesi di reato previste nell'art. 407, comma secondo, lett. a ) cod. proc. pen. a seguito della cui commissione si prevede l'obbligatoria applicazione della recidiva reiterata, a differenza di quanto disposto nei primi quattro commi dell'art. 99 cod. pen. che prevedono ipotesi di diversa gravità della recidiva. La disparità di trattamento è ancora più manifesta se si considera che l'elenco dei delitti che comportano l'obbligatorietà concerne reati eterogenei. La previsione di un obbligatorio aumento di pena legato solamente al dato formale del titolo del reato, senza alcun accertamento della concreta significatività del nuovo episodio delittuoso, viola, infine, anche il principio di proporzione tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall'altra, in quanto la preclusione dell'accertamento della sussistenza delle condizioni che dovrebbero legittimare l'applicazione della recidiva può rendere la pena palesemente sproporzionata. Sul fondamento dell'istituto della recidiva nella più accentuata colpevolezza e nella maggiore pericolosità del reo, nonché sulla facoltatività di tutte le ipotesi di recidiva diverse da quelle del quinto comma dell'art. 99 cod. pen., v. le citata sentenza n. 192/2007 e le ordinanze nn. 171/2009, 257/2008, 193/2008, 90/2008 e 33/2008. Sull'applicazione dell'aumento di pena, nella recidiva facoltativa, solo allorché il nuovo episodio appaia concretamente significativo, in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo, v. le citate ordinanze nn. 193/2008, 90/2008, 33/2008 e 409/2007. Sulla riconducibilità dell'individuazione delle condotte punibili e della configurazione del relativo trattamento sanzionatorio alla discrezionalità legislativa, v. le citate sentenze nn. 68/2012, 47/2010, 161/2009, 22/2007 e 394/2006. Sull'irragionevolezza delle presunzioni assolute, v. le citate sentenze nn. 232/2013, 213/2013, 182/2011, 164/2011, 265/2010 e 139/2010. Sulla violazione del principio di proporzionalità tra qualità e quantità della sanzione, da un lato, e offesa, dall'altro, derivante dalla previsione di un obbligatorio aumento di pena legato solamente al dato formale del titolo del reato, v. le citate sentenze nn. 251/2012, 183/2011, 192/2007 e 341/1994.

Norme citate