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Pronuncia 20/2017

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 266 del codice di procedura penale e degli artt. 18 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 3, commi 2 e 3, della legge 8 aprile 2004, n. 95, recante «Nuove disposizioni in materia di visto di controllo sulla corrispondenza dei detenuti») e 18-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso dalla Corte di assise d'appello di Reggio Calabria, nel procedimento penale a carico di C.T., con ordinanza dell'8 febbraio 2016 iscritta al n. 67 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 7 dicembre 2016 il Giudice relatore Marta Cartabia.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 266 del codice di procedura penale e degli artt. 18 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 3, commi 2 e 3, della legge 8 aprile 2004, n. 95, recante «Nuove disposizioni in materia di visto di controllo sulla corrispondenza dei detenuti») e 18-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevate dalla Corte di assise di appello di Reggio Calabria, in riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 dicembre 2016. F.to: Paolo GROSSI, Presidente Marta CARTABIA, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2017. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Marta Cartabia

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: GROSSI

Massime

Rilevanza della questione incidentale - Motivazione del rimettente - Descrizione della fattispecie di causa - Sufficiente dimostrazione dell'applicabilità nel giudizio a quo della richiesta pronuncia additiva - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per carenza di motivazione sulla rilevanza, delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 266 cod. proc. pen. e degli artt. 18 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 3, commi 2 e 3, della legge n. 95 del 2004) e 18-ter dell'ordinamento penitenziario, nella parte in cui non consentono di intercettare il contenuto della corrispondenza postale in genere e, in particolare, di quella del detenuto. Pur omettendo di indicare specificamente i contenuti delle comunicazioni epistolari intercettate, l'ordinanza di rimessione descrive le fattispecie di causa in termini sufficienti a consentire il necessario controllo sull'applicabilità nel procedimento principale delle norme risultanti dalla richiesta pronuncia additiva, esponendo altresì le ragioni logiche e giuridiche per le quali, ai fini della decisione di merito, occorre procedere a una valutazione integrale delle predette comunicazioni, non consentita dalle norme censurate.

Norme citate

Interpretazione della norma censurata - Interpretazione secundum constitutionem - Mancata sperimentazione da parte del rimettente - Omissione giustificata dal divieto di analogia in materia presidiata da riserva assoluta di legge e da riserva di giurisdizione - Ammissibilità della questione.

Correttamente la Corte di assise d'appello di Reggio Calabria - sollevando questione di legittimità costituzionale dell'art. 266 cod. proc. pen. e degli artt. 18 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 3, commi 2 e 3, della legge n. 95 del 2004) e 18-ter dell'ordinamento penitenziario, nella parte in cui non consentono di intercettare il contenuto della corrispondenza postale in genere e, in particolare, di quella del detenuto - ha omesso di sperimentare una interpretazione conforme a Costituzione delle norme censurate. In presenza di una specifica regolamentazione delle intrusioni investigative sulla corrispondenza epistolare e vertendosi in materia presidiata da riserve di legge e di giurisdizione (art. 15 Cost.), non è consentita l'applicazione analogica della disciplina delle intercettazioni, di cui all'art. 266 cod. proc. pen., né l'applicazione di quella in materia di prove atipiche, di cui all'art. 189 dello stesso codice, sicché non è implausibile, bensì conforme ai principi costituzionali, concludere che, in base al vigente quadro normativo e al "diritto vivente", non possano essere utilizzate forme di captazione della corrispondenza postale diverse dal sequestro o, per i detenuti, dalla procedura mediante visto di controllo.

Norme citate

Corrispondenza (libertà e segretezza della) - Diritto inviolabile a comunicare liberamente e riservatamente - Garanzia costituzionale - Limitazioni o restrizioni preordinate al perseguimento di altri interessi costituzionalmente rilevanti (tra cui l'amministrazione della giustizia e la persecuzione dei reati) - Possibilità - Condizioni.

La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione (incluse quelle telefoniche, elettroniche, informatiche, tra presenti o effettuate con gli altri mezzi resi disponibili dallo sviluppo della tecnologia) sono oggetto del diritto inviolabile tutelato dall'art. 15 Cost., che garantisce quello spazio vitale che circonda la persona e senza il quale questa non può esistere e svilupparsi in armonia con i postulati della dignità umana. Tale diritto, al pari di ogni altro costituzionalmente protetto, può subire limitazioni o restrizioni, ma a condizione che sia rispettata la duplice garanzia della riserva assoluta di legge e della riserva di giurisdizione e che le disposizioni limitative siano volte alla tutela di un altro diritto o al perseguimento di un altro interesse costituzionalmente rilevante, in ossequio ai principi di idoneità, necessità e proporzionalità. Non è invece necessaria l'uniformità della disciplina delle misure restrittive applicabili alla libertà di comunicazione, ben potendo la sua tutela tollerare, o persino richiedere, che la limitazione del diritto sia adeguatamente modulata in ragione delle diverse caratteristiche del mezzo attraverso cui la comunicazione si esprime. ( Precedenti citati: sentenze n. 366 del 1991 e n. 81 del 1993 ). Ogni diritto costituzionalmente protetto non può espandersi illimitatamente e divenire "tiranno" nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, poiché la Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi, nel rispetto dei canoni di proporzionalità e di ragionevolezza. ( Precedente citato: sentenza n. 85 del 2013 ). L'amministrazione della giustizia e la persecuzione dei reati costituiscono interessi primari, costituzionalmente rilevanti, idonei a giustificare una normativa limitativa del diritto alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e della comunicazione, come quella sui mezzi di ricerca della prova, contenuta nel Libro II, Titolo III, Capo III, del codice di procedura penale.

Processo penale - Mezzi di ricerca della prova - Intercettazione del contenuto della corrispondenza postale in genere e del detenuto in particolare - Esclusione - Conseguente impossibilità di captare il contenuto delle missive senza che il mittente e il destinatario ne vengano a conoscenza - Denunciata violazione del principio di uguaglianza per irragionevole asimmetria rispetto alle comunicazioni telefoniche, informatiche e telematiche e per ingiustificata attribuzione di uno status privilegiato all'indagato detenuto - Insussistenza dei vizi denunciati - Discrezionalità del legislatore nel differenziare i mezzi di ricerca della prova in relazione ai diversi mezzi comunicativi utilizzati - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte di assise d'appello di Reggio Calabria, in riferimento all'art. 3 Cost. - dell'art. 266 cod. proc. pen. e degli artt. 18 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 3, commi 2 e 3, della legge n. 95 del 2004) e 18-ter della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui non consentono l'intercettazione della corrispondenza postale in genere e, in particolare, di quella del detenuto, impedendo così di captare il contenuto delle missive senza che il mittente e il destinatario ne vengano a conoscenza. Lungi dall'implicare una asimmetria ingiustificata e lesiva del principio di eguaglianza rispetto alla normativa applicabile alle altre forme di comunicazione (conversazioni e comunicazioni telefoniche, telematiche o informatiche, ovvero gestuali), delle quali è consentita l'intercettazione (ex artt. 266 e 266-bis cod. proc. pen.), la specifica disciplina dei mezzi di ricerca della prova applicabili alla corrispondenza postale in genere (attraverso il sequestro ex art. 254 cod. proc. pen.) e del detenuto in particolare (attraverso la procedura mediante visto di controllo prevista dall'ordinamento penitenziario) comporta un non irragionevole bilanciamento tra il diritto alla segretezza della corrispondenza e le esigenze di prevenzione e repressione dei reati. Il legislatore, infatti, avvalendosi della possibilità, di per sé non irragionevole, di prevedere differenti mezzi di ricerca della prova, tecnicamente confacenti alla diversa natura e grado di materializzazione del medium utilizzato per comunicare, ha individuato - per la corrispondenza epistolare - il sequestro (con conseguente acquisizione coattiva del supporto cartaceo e interruzione del flusso comunicativo) quale strumento idoneo a realizzare i contrapposti interessi costituzionali; e ha inoltre affiancato l'apposizione del visto di controllo agli altri strumenti limitativi della comunicazione previsti dall'art. 18-ter dell'ordinamento penitenziario, per realizzare nello specifico ambito della detenzione in carcere - di per sé limitativa della libertà di comunicare riservatamente - un bilanciamento tra le esigenze investigative e i diritti dei detenuti. Date le caratteristiche del mezzo comunicativo utilizzato e la particolare posizione del detenuto, deve escludersi la manifesta irragionevolezza o arbitrarietà di tali scelte, riconducibili all'adeguato margine di discrezionalità legislativa nella regolazione degli istituti processuali e dei mezzi di ricerca della prova. Ciò non vuol dire che lo stesso legislatore, nel rispetto delle riserve di legge e di giurisdizione previste dall'art. 15 Cost. e in osservanza dei canoni di ragionevolezza e di proporzionalità, non possa prevedere forme di captazione occulta dei contenuti che non interrompano il flusso comunicativo, come già accaduto per le comunicazioni telematiche e informatiche (artt. 11 e 12 della legge n. 547 del 1993); trattasi di delicate scelte discrezionali, non costituzionalmente necessitate che, come tali, rientrano a pieno titolo nelle competenze e nelle responsabilità del legislatore e non in quelle della Corte costituzionale, il cui compito precipuo è vigilare affinché il bilanciamento, fissato dalla legge, tra contrapposti diritti e interessi costituzionali risponda a principi di ragionevolezza e proporzionalità. ( Precedenti citati: sentenza n. 372 del 2006, sul bilanciamento tra il principio costituzionale della tutela della riservatezza delle comunicazioni telefoniche e l'interesse della collettività alla repressione dei reati ). Nella regolazione degli istituti processuali, e segnatamente dei mezzi di ricerca della prova, debbono essere preservati adeguati margini di discrezionalità legislativa, soggetti solo al controllo di manifesta irragionevolezza o arbitrarietà da parte della Corte costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 152 del 2016, n. 138 del 2012 e n. 141 del 2011 ). Per costante orientamento giurisprudenziale, la tutela costituzionale dei diritti fondamentali opera anche nei confronti di chi è stato sottoposto a legittime restrizioni della libertà personale, sia pure con le limitazioni imposte dalla particolare condizione in cui versa. Chi si trova in stato di detenzione, pur privato della maggior parte della sua libertà, ne conserva sempre un residuo, che è tanto più prezioso in quanto costituisce l'ultimo ambito nel quale può espandersi la sua personalità individuale. ( Precedenti citati: sentenze n. 26 del 1999, n. 212 del 1997 e n. 349 del 1993 ). Tra i diritti del detenuto, la possibilità di intrattenere rapporti con soggetti esterni riveste una particolare importanza affinché le modalità di esecuzione della pena siano rispettose dei principi costituzionali e, segnatamente, dell'art. 27 Cost.

Norme citate

Parametri costituzionali

Processo penale - Mezzi di ricerca della prova - Intercettazione del contenuto della corrispondenza postale in genere e del detenuto in particolare - Esclusione - Conseguente impossibilità di captare il contenuto delle missive senza che il mittente e il destinatario ne vengano a conoscenza - Denunciata violazione del principio di obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dalla Corte di assise d'appello di Reggio Calabria, in riferimento all'art. 112 Cost. - dell'art. 266 cod. proc. pen. e degli artt. 18 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 3, commi 2 e 3, della legge n. 95 del 2004) e 18-ter della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui non consentono l'intercettazione della corrispondenza postale in genere e, in particolare, di quella del detenuto, impedendo così di captare il contenuto delle missive senza che il mittente e il destinatario ne vengano a conoscenza. A prescindere da ogni considerazione sull'affermazione del rimettente relativa alla completezza investigativa quale "precipitato naturale" del principio di obbligatorietà dell'azione penale previsto dall'art. 112 Cost., una volta ritenuta non costituzionalmente illegittima, per la corrispondenza epistolare, la restrizione della ricerca della prova a taluni mezzi (sequestro o, per i detenuti, procedura mediante visto di controllo), risultano altrettanto non illegittime le conseguenti limitazioni del materiale probatorio utilizzabile.

Norme citate

Parametri costituzionali