Pronuncia 262/2017

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sorti a seguito della deliberazione con la quale il Senato della Repubblica ha approvato gli artt. da 72 a 84 del Titolo II (Contenzioso) del Testo unico delle norme regolamentari dell'Amministrazione riguardanti il personale del Senato della Repubblica e della deliberazione da parte del Presidente della Repubblica degli artt. 1 e seguenti del decreto presidenziale 24 luglio 1996, n. 81, integrato dal decreto presidenziale 9 ottobre 1996, n. 89, e modificato dal decreto presidenziale 30 dicembre 2008, n. 34, promossi dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con ordinanze-ricorsi del 19 dicembre 2014 e del 19 gennaio 2015, notificate il 13 luglio 2015, depositate in cancelleria il 16 luglio 2015, ed iscritte ai nn. 1 e 2 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2015, fase di merito. Visti gli atti di costituzione del Senato della Repubblica e del Presidente della Repubblica nonché gli atti di intervento della Camera dei deputati e di P. L.; udito nell'udienza pubblica del 19 aprile 2016 il Giudice relatore Giuliano Amato; uditi gli avvocati dello Stato Massimo Massella Ducci Teri per il Presidente della Repubblica, Federico Basilica per il Senato della Repubblica, Ruggero Di Martino per la Camera dei deputati e gli avvocati Stefano Battini e Aldo Sandulli per P. L.; udito nuovamente nell'udienza pubblica del 26 settembre 2017, rifissata in ragione della intervenuta modifica della composizione del collegio, il Giudice relatore Giuliano Amato, sostituito per la redazione della decisione dal Giudice Nicolò Zanon; uditi nuovamente gli avvocati dello Stato Massimo Massella Ducci Teri per il Presidente della Repubblica, Federico Basilica per il Senato della Repubblica, Ruggero Di Martino per la Camera dei deputati e l'avvocato Aldo Sandulli per P. L.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara che spettava al Senato della Repubblica e al Presidente della Repubblica approvare gli atti impugnati con le ordinanze di cui in epigrafe, nelle parti in cui riservano ad organi di autodichia la decisione delle controversie di lavoro instaurate dai propri dipendenti. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 settembre 2017. F.to: Paolo GROSSI, Presidente Nicolò ZANON, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 13 dicembre 2017. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giuliano Amato

Data deposito: Wed Dec 13 2017 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: GROSSI

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Massime

Thema decidendum - Conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato promossi dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, nei confronti del Senato e del Presidente della Repubblica in relazione ai rispettivi poteri di autodichia - Riunione e decisione con unica pronuncia.

Vanno riuniti e decisi con unica sentenza i ricorsi per conflitto tra poteri proposti dalla Corte di cassazione, sez. un. civ., rispettivamente, nei confronti del Senato e del Presidente della Repubblica, atteso che la ricorrente contesta in termini largamente coincidenti i poteri di autodichia dei due organi costituzionali, impugnando gli atti normativi con cui essi hanno riservato ad organi interni la decisione delle controversie con i propri dipendenti. ( Precedente citato: sentenza n. 129 del 1981 ).

Contraddittorio davanti alla Corte costituzionale - Intervento nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato - Interveniente titolare di diritto soggettivo la cui tutela giudiziaria sarebbe preclusa dall'eventuale rigetto del conflitto - Ammissibilità dell'intervento.

Nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dalla Corte di cassazione, sez. un. civ., nei confronti del Senato della Repubblica, in relazione al regolamento di autonomia con cui tale organo costituzionale ha disciplinato le controversie con i propri dipendenti riservandone la decisione ad organi interni, è ammissibile l'intervento spiegato da P. L. (ricorrente per cassazione avverso la decisione resa in grado d'appello dall'organo di autodichia), dal momento che l'eventuale rigetto del conflitto impedirebbe all'interveniente di agire innanzi alla giurisdizione ordinaria a tutela di un proprio diritto soggettivo, ed è quindi necessario che egli sia ammesso a far valere le proprie ragioni davanti alla Corte costituzionale. La regola secondo cui nei giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri non è ammesso l'intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi non opera quando la pronuncia resa nel giudizio costituzionale potrebbe precludere la tutela giudiziaria della situazione giuridica soggettiva vantata dall'interveniente. ( Precedenti citati: sentenze n. 52 del 2016, n. 144 del 2015, n. 222 del 2014 e n. 221 del 2014 ).

Autodichia - Controversie degli organi costituzionali con i propri dipendenti - Riserva della loro decisione ad organi interni da parte dei regolamenti di autonomia - Conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato promossi dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, nei confronti del Senato e del Presidente della Repubblica - Conferma della sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi - Rigetto di eccezioni preliminari - Ammissibilità dei ricorsi.

È confermata l'ammissibilità - già dichiarata in sede di prima e sommaria delibazione - dei conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato promossi dalla Corte di cassazione, sez. un. civ., nei confronti del Senato e del Presidente della Repubblica, in relazione ai regolamenti di autonomia con cui tali organi costituzionali hanno riservato la decisione delle controversie con i propri dipendenti ad organi di autodichia. Sotto il profilo soggettivo, vanno ribadite la legittimazione della Corte di cassazione ad essere parte di un conflitto tra poteri e la qualificazione come poteri dello Stato del Senato e del Presidente della Repubblica. Sotto il profilo oggettivo, non è accolta l'eccezione di inammissibilità basata sull'assunto che oggetto di entrambi i conflitti dovrebbero essere non già gli impugnati regolamenti, bensì le decisioni degli organi di autodichia quando lesive di diritti costituzionalmente inviolabili, giacché invece la denunciata alterazione dell'ordine costituzionale delle competenze tra gli organi in conflitto è imputata dalla ricorrente proprio all'approvazione delle fonti di autonomia, le quali, attribuendo il potere decisionale agli organi interni, lo sottraggono alla giurisdizione di legittimità. Né sono accoglibili le ulteriori eccezioni di inammissibilità per contraddittorietà dei petita formulati negli atti introduttivi, poiché esse involgono profili di merito, da apprezzare unitamente a quest'ultimo. ( Precedenti citati: ordinanze n. 138 del 2015 e n. 137 del 2015, dichiarative dell'ammissibilità dei conflitti ). La Corte di cassazione è legittimata ad essere parte di un conflitto tra poteri dello Stato, essendo tale legittimazione costantemente riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale ai singoli organi giurisdizionali, in quanto competenti, in posizione di piena indipendenza garantita dalla Costituzione, a dichiarare definitivamente, nell'esercizio delle proprie funzioni, la volontà del potere cui appartengono. ( Precedenti specifici citati: sentenze n. 29 del 2014 e n. 24 del 2014, n. 320 del 2013, n. 333 del 2011 ). Per costante giurisprudenza, non sussistono dubbi in ordine alla qualificazione come poteri dello Stato del Senato e del Presidente della Repubblica. ( Precedenti citati: ordinanza n. 139 del 2016, e, rispettivamente, sentenza n. 1 del 2013 ).

Parametri costituzionali

  • legge-Art. 37

Oggetto del giudizio - Regolamenti di autonomia degli organi costituzionali - Insindacabilità nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale - Idoneità a dar luogo a conflitto tra poteri dello Stato.

Le fonti di autonomia degli organi costituzionali - e in particolare i regolamenti con cui il Presidente della Repubblica e le Camere hanno riservato la decisione sulle controversie di lavoro dei propri dipendenti ad organi interni - non sono sindacabili nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale, ma suscettibili di dar luogo a un conflitto tra poteri dello Stato se ledono la sfera di attribuzioni costituzionali di un altro organo. ( Precedenti citati: sentenze n. 120 del 2014 e n. 154 del 1985 ).

Thema decidendum - Violazione di diritti individuali prospettata in sede di conflitto di attribuzione tra poteri - Valutazione da parte della Corte costituzionale nella prospettiva di assicurare l'ordine costituzionale delle competenze e non per decidere questioni di legittimità costituzionale.

Nei giudizi per conflitto tra poteri proposti dalla Corte di cassazione, sez. un. civ., in relazione ai regolamenti di autonomia con cui il Senato e il Presidente della Repubblica hanno attribuito la decisione delle controversie con i propri dipendenti ad organi di autodichia, la Corte costituzionale è chiamata ad assicurare l'ordine costituzionale delle competenze tra gli organi in conflitto, sicché è in tale prospettiva - e non già per decidere questioni di legittimità costituzionale - che deve valutare la violazione di diritti individuali (e segnatamente di quello di azione), di cui la ricorrente allega la ridondanza sulla propria sfera di attribuzioni costituzionali.

Organi costituzionali - Autonomia normativa - Fondamento costituzionale - Manifestazione di più ampia autonomia organizzativa - Coerente svolgimento di essa attraverso l'autodichia.

La Costituzione riconosce autonomia agli organi costituzionali innanzitutto sul piano normativo, assegnando espressamente alle Camere (art. 64 Cost.) e implicitamente al Presidente della Repubblica una potestà regolamentare (di cui la legge n. 1077 del 1948 è meramente ricognitiva) che investe logicamente anche gli aspetti organizzativi interni e che mette tali organi costituzionali nella condizione di produrre apposite norme giuridiche per disciplinare l'assetto e il funzionamento dei loro apparati amministrativi "serventi" nonché il rapporto di lavoro con i propri dipendenti (non anche, in via principio, i rapporti con soggetti terzi, come quelli relativi ad appalti e forniture di servizi prestati a favore delle amministrazioni dei predetti organi). Peraltro, l'autonomia degli organi costituzionali non si esaurisce nella normazione, ma comprende - coerentemente - il momento applicativo delle norme stesse, incluse le scelte riguardanti la concreta adozione delle misure atte ad assicurarne l'osservanza. Tale momento applicativo, ossia l'autodichia, costituisce dunque uno svolgimento dell'autonomia normativa che la Costituzione riconosce alle Camere e al Presidente della Repubblica; e ciò vale non solo per quanto attiene alla diretta disciplina delle funzioni costituzionali primarie attribuite agli organi di vertice del sistema, ma anche per l'interpretazione e l'applicazione della disciplina del rapporto di lavoro, in occasione di controversie che oppongano i dipendenti all'organo costituzionale presso il quale prestano servizio. ( Precedenti citati: sentenza n. 129 del 1981; sentenze n. 120 del 2014 e n. 379 del 1996 ).

Parametri costituzionali

Autodichia - Controversie degli organi costituzionali con i propri dipendenti - Riserva della loro decisione ad organi interni da parte dei regolamenti di autonomia - Conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato promossi dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, nei confronti del Senato e del Presidente della Repubblica - Denunciata sottrazione di quote di potere decisionale alla giurisdizione di legittimità e violazione del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva dei dipendenti degli organi costituzionali - Insussistenza - Configurabilità dell'autodichia come razionale completamento dell'autonomia normativa degli organi costituzionali - Compatibilità con l'ordine costituzionale delle competenze e con la "grande regola" del diritto al giudice e alla tutela giurisdizionale effettiva dei diritti - Spettanza al Senato e al Presidente della Repubblica del potere esercitato.

È dichiarato che spettava al Senato della Repubblica e al Presidente della Repubblica approvare, rispettivamente, gli artt. da 72 a 84 del Titolo II del Testo unico delle norme regolamentari dell'Amministrazione riguardanti il personale del Senato della Repubblica e gli artt. 1 e ss. del decreto presidenziale n. 81 del 1996, integrato dal decreto presidenziale n. 89 del 1996 e modificato dal decreto presidenziale n. 34 del 2008, nelle parti in cui riservano ad organi di autodichia la decisione delle controversie di lavoro instaurate dai dipendenti dei due organi costituzionali. Posto che le Camere e il Presidente della Repubblica hanno provveduto a disciplinare con le proprie fonti il rapporto di lavoro dei loro dipendenti in quanto hanno ritenuto tale scelta funzionale alla più completa garanzia della propria autonomia, la conseguente riserva agli organi di autodichia dell'interpretazione e dell'applicazione di dette fonti costituisce svolgimento dell'autonomia normativa e razionale completamento dell'autonomia organizzativa degli organi costituzionali in relazione ai loro apparati serventi, la cui disciplina e gestione viene in tal modo sottratta a qualunque ingerenza esterna. Ne deriva che - in quanto (e solo in quanto) riguardi i rapporti di lavoro dei dipendenti - l'autodichia non altera l'ordine costituzionale delle competenze né lede, in particolare, le attribuzioni dell'autorità giudiziaria ricorrente, atteso che consentire agli organi della giurisdizione comune di interpretare e applicare la speciale disciplina adottata per tali rapporti dagli organi costituzionali significherebbe dimezzare l'autonomia che a questi ultimi si è inteso garantire. Né la sottrazione alla giurisdizione comune delle controversie che oppongono i dipendenti all'organo costituzionale comporta eccezione alla "grande regola" del diritto al giudice e alla tutela giurisdizionale effettiva dei diritti, in quanto - pur escluso che gli organi di autodichia siano stati configurati come giudici speciali (art. 102 Cost.) e, quindi, che le loro decisioni siano ricorribili ex art. 111, settimo comma, Cost. - la tutela delle posizioni giuridiche dei dipendenti non viene radicalmente meno, ma rimane assicurata attraverso organi interni non appartenenti all'organizzazione giudiziaria, chiamati a dirimere, in posizione super partes, controversie tra l'amministrazione dell'organo costituzionale e i suoi dipendenti secondo moduli procedimentali di carattere giurisdizionale, e dunque a svolgere funzioni obiettivamente giurisdizionali per la decisione delle predette controversie. ( Precedenti citati: sentenza n. 120 del 2014; sentenza n. 238 del 2014, secondo cui la "grande regola", appartenendo ai grandi principi di civiltà del tempo presente, non può conoscere eccezioni ).

Giudice rimettente - Organi di autodichia - Legittimazione a sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale - Sussistenza relativamente alle norme di legge cui le fonti di autonomia degli organi costituzionali effettuino rinvio.

Gli organi di autodichia - in quanto posti in posizione d'indipendenza e chiamati a svolgere un'attività oggettivamente giurisdizionale - sono legittimati a sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale delle norme di legge cui le fonti di autonomia degli organi costituzionali effettuino rinvio. ( Precedente specifico citato: sentenza n. 213 del 2017. Precedenti citati: sentenze n. 376 del 2001 e n. 12 del 1971 ).