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Pronuncia 216/2019

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Agrigento, sezione prima penale, in funzione di giudice dell'esecuzione, nel procedimento penale a carico di S. P., con ordinanza del 16 luglio 2018, iscritta al n. 183 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 18 giugno 2019 il Giudice relatore Francesco Viganò.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Agrigento, sezione prima penale, in funzione di giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2019. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Francesco VIGANÒ, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 27 settembre 2019. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Francesco Viganò

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: LATTANZI

Massime

Prospettazione della questione incidentale - Eccepita non irragionevolezza della scelta legislativa - Rilievo attinente al merito - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per mancata irragionevolezza della scelta legislativa, delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 656, comma 9, lett. a), cod. proc. pen. L'eccezione è attinente al merito delle questioni medesime, e non alla loro ammissibilità.

Esecuzione penale - Sospensione della esecuzione delle pene detentive brevi - Esclusione nei confronti delle persone condannate per il delitto di furto in abitazione di cui all'art. 624-bis codice penale - Denunciata disparità di trattamento e violazione dei principi di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni - Segnalazione al legislatore.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Agrigento in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, Cost. - dell'art. 656, comma 9, lett. a ), cod. proc. pen., nella parte in cui stabilisce che la sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 della medesima disposizione non può essere disposta nei confronti dei condannati per il delitto di furto in abitazione, di cui all'art. 624- bis , comma primo, cod. pen. Il differente trattamento previsto per i condannati per furto in abitazione non è irragionevole rispetto a chi sia stato condannato per rapina semplice, in quanto il primo delitto è destinato a trasmodare, in relazione alla possibile, e statisticamente frequente, reazione della vittima, non già nel delitto di rapina semplice, bensì in quello di rapina aggravata, ai sensi dell'art. 628, terzo comma, n. 3- bis , cod. pen., per essere il fatto commesso nei medesimi luoghi del furto in abitazione, fattispecie compresa nell'elenco dei delitti di cui all'art. 4- bis , comma 1- ter , ordin. penit., per i quali pure opera il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione. Né può essere tacciato in termini di manifesta irragionevolezza il differente trattamento rispetto a chi sia stato condannato per furto con strappo (per il quale, dopo la sentenza n. 125 del 2016, non opera il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione), ovvero per altre ipotesi di furto aggravato o pluriaggravato, in quanto il divieto censurato - lungi dal costituire un «aprioristico» automatismo legislativo - trova la propria ratio nella discrezionale, e non irragionevole, presunzione del legislatore relativa alla particolare gravità del fatto e alla speciale pericolosità soggettiva evidenziata in tale delitto dalla violazione dell'altrui domicilio. Infine, la disciplina censurata non esclude affatto una valutazione individualizzata del condannato in relazione alla possibilità di concessione dei benefici penitenziari, restando detta valutazione demandata al tribunale di sorveglianza, cui il condannato, dopo l'inizio dell'esecuzione della pena, può rivolgere la sua istanza. Si segnala comunque al legislatore l'incongruenza cui può dar luogo il difetto di coordinamento attualmente esistente tra la disciplina processuale e quella sostanziale relativa ai presupposti per accedere alle misure alternative alla detenzione, in relazione alla situazione dei condannati nei cui confronti non è prevista la sospensione dell'ordine di carcerazione ai sensi dell'art. 656, comma 5, cod. proc. pen., ai quali - tuttavia - la vigente disciplina sostanziale riconosce la possibilità di accedere a talune misure alternative sin dall'inizio dell'esecuzione della pena. Ciò, in particolare, in relazione al rischio che la decisione del tribunale di sorveglianza intervenga dopo che il soggetto abbia ormai interamente o quasi scontato la propria pena.