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Pronuncia 133/2020

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Calabria 31 maggio 2019, n. 14, recante «Interpretazione autentica del comma 1 dell'articolo 10 della legge regionale 2 marzo 2005, n. 8 (Collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2005)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 30 luglio-5 agosto 2019, depositato in cancelleria il 6 agosto 2019, iscritto al n. 86 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visto l'atto di costituzione della Regione Calabria; udito il Giudice relatore Giovanni Amoroso ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 9 giugno 2020; deliberato nella camera di consiglio dell'11 giugno 2020.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Calabria 31 maggio 2019, n. 14, recante «Interpretazione autentica del comma 1 dell'articolo 10 della legge regionale 2 marzo 2005, n. 8 (Collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2005)». Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2020. F.to: Marta CARTABIA, Presidente Giovanni AMOROSO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2020. Il Cancelliere F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giovanni Amoroso

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CARTABIA

Massime

Ricorso in via principale - Sostenuta inammissibilità senza indicazione delle relative ragioni - Ammissibilità delle questioni.

Sono ammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge reg. Calabria n. 14 del 2019. La difesa della Regione resistente, pur concludendo nella sua memoria di costituzione anche per l'inammissibilità del ricorso, non ne indica in alcun modo le ragioni, diffondendosi invece in argomentazioni per sostenere l'infondatezza delle questioni.

Norme citate

  • legge della Regione Calabria-Art. 1

Impiego pubblico - Norme della Regione Calabria - Ufficio stampa del Consiglio regionale - Interpretazione autentica dell'avvenuta abrogazione di precedente disposizione - Conseguente conferma, senza soluzione di continuità, dei rapporti di lavoro in essere alla data del 2 marzo 2005 - Effetto novativo, e non interpretativo, della norma impugnata - Irragionevolezza e violazione del principio del pubblico concorso - Illegittimità costituzionale.

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 97, quarto comma, Cost., l'art. 1 della legge reg. Calabria n. 14 del 2019, che, auto-qualificandosi in termini di norma di interpretazione autentica, interviene sulla legislazione regionale relativa al personale dell'Ufficio stampa presso il Consiglio regionale, stabilendo che il comma 1 dell'art. 10 della legge reg. Calabria n. 8 del 2005, che sopprime l'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 11 della legge reg. Calabria n. 8 del 1996, deve intendersi come confermativo, senza soluzione di continuità, dei rapporti di lavoro in essere alla data della sua entrata in vigore. La disposizione impugnata dal Governo è priva dei caratteri della legge di interpretazione autentica e ha invece - in quanto volta a stabilizzare, senza concorso pubblico, i rapporti di lavoro di giornalisti e pubblicisti esterni alla pubblica amministrazione che già collaboravano, con incarichi individuali a contratto, con l'Ufficio stampa del Consiglio regionale alla data di entrata in vigore della disposizione interpretata - la portata di una norma innovativa con efficacia retroattiva, sia perché diverso è l'ambito soggettivo di applicazione, sia perché l'effetto legale di saldatura dei rapporti pregressi realizzato è del tutto estraneo alla disposizione interpretata, in contrasto con l'art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 29 del 1993 e l'art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, i quali stabiliscono che, per i soggetti estranei alla pubblica amministrazione addetti agli uffici stampa, è necessario il termine di durata dell'incarico. Il concorso pubblico, quale meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci, costituisce il metodo migliore per l'accesso alla pubblica amministrazione in condizioni d'imparzialità; valore, quest'ultimo, in relazione al quale il principio sancito dall'art. 97 Cost. impone che l'esame del merito sia indipendente da ogni considerazione connessa alle condizioni personali dei concorrenti. Il concorso pubblico costituisce, quindi, la forma generale e ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego; eventuali deroghe devono avvenire entro i limiti derivanti dalla stessa esigenza di garantire il buon andamento dell'amministrazione, fermo il necessario vaglio di ragionevolezza e la rigorosa delimitazione dell'area delle eccezioni al concorso. Tali deroghe, inoltre, non possono trovare fondamento nella sola esigenza di stabilizzare il personale precario dell'amministrazione, in quanto non può assumere a tal fine rilevanza la sola tutela del (pur legittimo) affidamento dei lavoratori sulla continuità del rapporto, finalità questa che non è di per sé sola funzionale al buon andamento della pubblica amministrazione e non sottende straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle. ( Precedenti citati: sentenze n. 40 del 2018, n. 110 del 2017, n. 7 del 2015, n. 205 del 2006, n. 81 del 2006, n. 190 del 2005, n. 34 del 2004, n. 1 del 1999 e n. 477 del 1995 ). I principi in materia di concorso pubblico trovano applicazione anche con riferimento all'accesso ai pubblici impieghi presso le Regioni. Sebbene le modalità di instaurazione del rapporto di lavoro rientrino nella materia dell'organizzazione amministrativa, di competenza regionale residuale ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., nell'esercizio di tale competenza le Regioni devono rispettare la regola espressa dall'art. 97, quarto comma, Cost. ( Precedenti citati: sentenze n. 110 del 2017, n. 251 del 2016 e n. 202 del 2016 ). La regola del pubblico concorso, posta dall'art. 97, quarto comma, Cost. si applica anche nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche. ( Precedenti citati: sentenze n. 43 del 2019, n. 85 del 2016, n. 53 del 2012, e n. 7 del 2011 ).

Norme citate

  • legge della Regione Calabria-Art. 1

Legge - Leggi di interpretazione autentica - Necessità che la retroattività sia giustificata sul piano della ragionevolezza, mediante bilanciamento tra le esigenze perseguite e i valori costituzionali potenzialmente lesi - Erroneità dell'autoqualificazione di una norma come di interpretazione autentica quale indice di irragionevolezza della sua portata retroattiva.

La funzione legislativa (art. 70 Cost.) può esprimersi, ad opera del legislatore statale o regionale, anche con disposizioni interpretative, selezionando un significato normativo di una precedente disposizione, quella interpretata, la quale sia originariamente connotata da un certo tasso di polisemia e quindi sia potenzialmente suscettibile di esprimere più significati secondo gli ordinari criteri di interpretazione della legge. La norma che risulta dalla saldatura della disposizione interpretativa con quella interpretata ha quel contenuto fin dall'origine e in questo senso può dirsi retroattiva. Il legislatore può infatti adottare norme che precisino il significato di altre disposizioni, anche in mancanza di contrasti giurisprudenziali, purché la scelta "imposta" dalla legge interpretativa rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario. ( Precedenti citati: sentenze n. 167 del 2018, n. 15 del 2018, n. 525 del 2000 e n. 118 del 1957 ). In generale, la disposizione di interpretazione autentica è quella che, qualificata formalmente tale dallo stesso legislatore, esprime, anche nella sostanza, un significato appartenente a quelli riconducibili alla previsione interpretata secondo gli ordinari criteri dell'interpretazione della legge. Si crea così un rapporto duale tra le disposizioni, tale che il sopravvenire della norma interpretativa non fa venir meno, né sostituisce, la disposizione interpretata, ma l'una e l'altra si saldano dando luogo ad un precetto normativo unitario ( Precedente citato: sentenza n. 397 del 1994 ). Il generale principio secondo cui la legge non dispone che per l'avvenire e, di norma, non ha effetto retroattivo (art. 11, primo comma, disp. prel. cod. civ.), trova applicazione anche alle leggi regionali, poiché non può assumere per il legislatore regionale altro e diverso significato da quello che esso ha per il legislatore statale ( Precedente citato: sentenza n. 376 del 2004 ). La circostanza che una disposizione, a dispetto della propria auto-qualificazione, non abbia in realtà natura interpretativa può essere sintomo dell'uso improprio della funzione legislativa di interpretazione autentica, ma non la rende per ciò solo costituzionalmente illegittima, bensì incide sull'ampiezza del sindacato che la Corte costituzionale deve effettuare sulla norma in ragione della sua retroattività; in particolare, la erroneità di tale auto-qualificazione può costituire un indice, sia pure non dirimente, della sua irragionevolezza quanto alla retroattività del novum introdotto nel contesto del bilanciamento di valori sotteso al giudizio di costituzionalità che abbia ad oggetto norme retroattive. ( Precedenti citati: sentenze n. 108 del 2019 e n.73 del 2017 ).

Parametri costituzionali