Pronuncia 136/2020

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 625, primo comma, del codice penale, come modificato dall'art. 1, comma 7, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario), promosso dal Tribunale ordinario di Siracusa nel procedimento penale a carico di G. V., con ordinanza del 18 luglio 2019, iscritta al n. 208 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito il Giudice relatore Giovanni Amoroso nella camera di consiglio del 20 maggio 2020, svolta ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a); deliberato nella camera di consiglio del 20 maggio 2020.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 625, primo comma, del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Siracusa, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 2020 F.to: Marta CARTABIA, Presidente Giovanni AMOROSO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2020. Il Cancelliere F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giovanni Amoroso

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CARTABIA

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Massime

Rilevanza della questione incidentale - Necessità di fare applicazione della disposizione censurata nel giudizio a quo - Corretta argomentazione del rimettente - Ammissibilità delle questioni.

Sono ammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 625, primo comma, cod. pen., dal momento che il rimettente ha dato conto dei motivi per cui deve fare applicazione della cornice edittale di cui alla disposizione censurata e ha richiamato, in linea con la giurisprudenza di legittimità, la regola del cumulo giuridico di cui all'art. 63, quarto comma, cod. pen.

Prospettazione della questione incidentale - Assolvimento dell'onere di indicazione del tertium comparationis - Ammissibilità della questione.

Sono ammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 625, primo comma, cod. pen., dal momento che l'intervento sostitutivo sollecitato dal rimettente - consistente nel chiedere di ripristinare la pena pecuniaria nell'ammontare minimo previsto dalla disposizione censurata prima della modifica da parte della legge n. 103 del 2017 - è aspetto che attiene al possibile contenuto dell'invocata pronuncia additiva e, pertanto, non ridonda in un profilo di inammissibilità, avendo il giudice a quo assolto all'onere di indicare il tertium comparationis , su cui fonda la censura di arbitrarietà e irragionevolezza della norma in esame. ( Precedenti citati: sentenze n. 23 del 2016 e n. 81 del 2014 ).

Reati e pene - Furto monoaggravato - Minimo edittale della multa più elevato rispetto a quello previsto per la fattispecie pluriaggravata - Denunciata violazione dei principi di uguaglianza, proporzionalità e di finalità rieducativa della pena - Insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza - Inammissibilità delle questioni - Auspicio di correzione dello squilibrio da parte del legislatore.

Sono dichiarate inammissibili, per insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Siracusa in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost. - dell'art. 625, primo comma, cod. pen., nella parte in cui stabilisce il minimo edittale della multa per il furto monoaggravato in misura superiore (927 euro) rispetto alla fattispecie pluriaggravata, di cui al secondo comma (206 euro). La previsione censurata, stante l'ampia discrezionalità del legislatore, può ridondare nella violazione del principio di uguaglianza e di proporzionalità della pena soltanto se detta asimmetria venga esaminata nel contesto del complessivo trattamento sanzionatorio; al contrario, il rimettente non ha tenuto conto del divario del minimo della pena detentiva prevista per le due ipotesi (pari a un anno di reclusione in più per l'ipotesi più grave). In tal modo ha omesso di considerare se il citato divario sia idoneo o meno a ridimensionare l'asimmetria denunciata, relegandola nell'ambito di meri difetti di tecnica normativa, che la Corte costituzionale ? soprattutto nella materia penale quanto alla dosimetria della pena ? non è chiamata per ciò solo a correggere, ove non ridondino in un trattamento sanzionatorio manifestamente irragionevole e sproporzionato. È comunque auspicabile che il legislatore corregga lo squilibrio denunciato dal rimettente. Dall'insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale consegue l'inammissibilità delle stesse. ( Precedenti citati: sentenze n. 24 del 2019, n. 231 del 2018 e n. 134 del 2018 ). La ragionevolezza della pena deve essere giudicata secondo una valutazione complessiva della pena pecuniaria e della pena detentiva, dando rilievo all'unitarietà del trattamento sanzionatorio complessivamente predisposto dal legislatore; in tal modo si consente al giudice, attraverso la graduabilità della pena detentiva comminata congiuntamente a quella pecuniaria, un consistente margine di adeguamento del trattamento sanzionatorio alle particolarità del caso concreto. ( Precedenti citati: sentenze n. 15 del 2020 n. 233 del 2018 e n. 142 del 2017; ordinanze n. 91 del 2008 e n. 475 del 2002 ). Il legislatore gode di un'ampia discrezionalità nella determinazione del trattamento sanzionatorio delle fattispecie criminose, sindacabile solo ove venga superato il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà oppure del manifesto difetto di proporzionalità, avendo, peraltro, la giurisprudenza costituzionale gradatamente affrancato il sindacato di conformità al principio di proporzione della pena edittale dalle strettoie segnate dalla necessità di individuare un preciso tertium comparationis da cui mutuare la cornice sanzionatoria destinata a sostituirsi a quella dichiarata incostituzionale, privilegiando un modello di sindacato sulla proporzionalità "intrinseca" della pena. ( Precedenti citati: sentenze n. 284 del 2019, n. 73 del 2020, n. 40 del 2019, n. 233 del 2018, n. 222 del 2018, n. 179 del 2017 e n. 148 del 2016, n. 68 del 2012 e n. 161 del 2009 e n. 343 del 1993 ).