Pronuncia 145/2020

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 709-ter, secondo comma, numero 4), del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale ordinario di Treviso nel procedimento vertente tra G. S. e M. P., con ordinanza del 16 luglio 2019, iscritta al n. 219 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito il Giudice relatore Giovanni Amoroso nella camera di consiglio del 26 maggio 2020, svolta ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a); deliberato nella camera di consiglio del 26 maggio 2020.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 709-ter, secondo comma, numero 4), del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 9 aprile 1990, n. 98, dal Tribunale ordinario di Treviso con l'ordinanza indicata in epigrafe; 2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 709-ter, secondo comma, numero 4), cod. proc. civ., sollevate, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 3, primo comma, Cost., dal Tribunale ordinario di Treviso con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2020. F.to: Marta CARTABIA, Presidente Giovanni AMOROSO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 10 luglio 2020. Il Cancelliere F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giovanni Amoroso

Data deposito: Fri Jul 10 2020 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CARTABIA

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Massime

Prospettazione della questione incidentale - Sufficiente motivazione sulla rilevanza - Ammissibilità della questione.

Sono ammissibili, sotto il profilo della motivazione sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 709- ter , secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. Dall'ordinanza di rimessione si evince agevolmente quale sia il "fatto" penalmente rilevante - previsto come reato dall'art. 3 del d.lgs. n. 54 del 2006 (applicabile ratione temporis ) e oggi confluito nell'art. 570- bis cod. pen. - per il quale il genitore è già stato condannato con l'applicazione delle pene di cui all'art. 570 cod. pen. e che il rimettente assume a presupposto della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla disposizione censurata. ( Precedente citato: sentenza n. 189 del 2019 ).

Prospettazione della questione incidentale - Sufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza - Ammissibilità della questione.

È ammissibile, sotto il profilo della motivazione sulla non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 709- ter , secondo comma, n. 4), cod. proc. civ., sollevata, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. in relazione all'art. 4 Prot. n. 7 CEDU. Il rimettente, pur senza richiamare la più recente evoluzione della giurisprudenza della Corte EDU sul divieto di bis in idem , ha comunque effettuato un sufficiente vaglio delle relative condizioni, non limitandosi ad assumere, sic et simpliciter , una violazione del divieto in questione, concepito in una prospettiva meramente processuale. ( Precedenti citati: sentenza n. 222 del 2019 e ordinanza n. 114 del 2020 ).

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 117
  • Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4

Sanzioni amministrative - Controversie tra genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale - Genitore che abbia posto in essere atti pregiudizievoli per il minore - Sanzione amministrativa pecuniaria - Ritenuta applicabilità anche in caso di precedente condanna penale per lo stesso fatto - Denunciata violazione del principio convenzionale del "ne bis in idem" - Possibile interpretazione costituzionalmente conforme - Non fondatezza della questione, nei sensi di cui in motivazione.

È dichiarata non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal Tribunale di Treviso in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 4 Prot. n. 7 CEDU - dell'art. 709- ter , secondo comma, n. 4), cod. proc. civ., nella parte in cui prevede che, nell'ambito delle controversie riguardanti, tra l'altro, l'affidamento condiviso dei figli, il genitore che abbia posto in essere atti che arrechino pregiudizio al minore sia passibile della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro, in favore della Cassa delle ammende. L'interpretazione conforme della norma censurata - introdotta dall'art. 2 della legge n. 54 del 2006 - esclude che la sanzione amministrativa pecuniaria, di natura sostanzialmente penale, ivi prevista possa applicarsi nell'ipotesi di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio - condotta punita penalmente dal successivo art. 3, mediante rinvio all'art. 570 cod. pen. La sua ratio, infatti , è di assicurare una tutela effettiva rispetto all'adempimento di una serie di obblighi di carattere prevalentemente infungibile nei confronti della prole, ed è applicabile a condotte diverse da quelle oggetto della tutela penale indicata, che riguardano invece gli aspetti patrimoniali del rapporto tra i genitori e la prole, relativi all'assegno di mantenimento. Così interpretata, la disposizione censurata non viola pertanto il principio del ne bis in idem - enunciato dalla Corte EDU e recepito anche dalla giurisprudenza costituzionale - non sussistendo una duplicità di sanzione per l'idem factum in assenza di una "stretta connessione in sostanza e nel tempo". ( Precedenti citati: sentenze n. 43 del 2018 e n. 222 del 2019 ). Il principio del ne bis in idem trova, sebbene ivi non espressamente contemplato, saldo fondamento nella Costituzione. Esso, infatti si correla agli artt. 24 e 111 Cost., perché non è compatibile con l'ordinamento giuridico una normativa nel cui ambito la medesima situazione giuridica possa divenire oggetto di statuizioni giurisdizionali in perpetuo divenire, ed è volto a evitare che il singolo possa essere esposto ad una spirale di reiterate iniziative penali per il medesimo fatto. Pertanto, costituisce principio cardine del nostro sistema quello per il quale un doppio binario sanzionatorio rappresenta non già una regola, bensì un'eccezione, che deve trovare giustificazione in esigenze di complementarità del trattamento punitivo complessivo. ( Precedenti citati: sentenze n. 200 del 2016, n. 381 del 2006, n. 230 del 2004 e n. 284 del 2003 ).

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 117
  • Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 4

Sanzioni amministrative - Controversie tra genitori in ordine all'esercizio della responsabilità genitoriale - Genitore che abbia posto in essere atti pregiudizievoli per il minore - Sanzione amministrativa pecuniaria - Ritenuta natura sostanzialmente penale ai sensi della CEDU - Denunciata irragionevolezza e violazione del principio di determinatezza - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Treviso in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 3, primo comma, Cost. - dell'art. 709- ter , secondo comma, n. 4), cod. proc. civ., nella parte in cui prevede che, nell'ambito delle controversie riguardanti, tra l'altro, l'affidamento condiviso dei figli, il genitore che abbia posto in essere atti che arrechino pregiudizio al minore sia passibile della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro, in favore della Cassa delle ammende. La disposizione censurata, che introduce una sanzione amministrativa pecuniaria di natura sostanzialmente penale, non viola il principio di determinatezza, in quanto è possibile individuare i comportamenti sanzionabili in quelle condotte - da ricondurre a "inadempienze o violazioni" di prescrizioni dettate in un provvedimento giurisdizionale, pur non apparentemente "gravi" - che abbiano arrecato alla prole un danno, anche non patrimoniale, accertabile e valutabile secondo gli ordinari criteri. Né è irragionevole l'ammontare massimo previsto, rispetto a quello indicato dall'art. 3 della legge n. 54 del 2006 (applicabile ratione temporis ), per il quale la pena pecuniaria è stabilita nella misura massima di 1.032 euro. Ferma restando l'interpretazione conforme a Costituzione della norma censurata - per cui essa non si applica nell'ipotesi di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio, punita penalmente dall'indicato art. 3 - alla comminazione di sanzioni anche solo pecuniarie, ma formalmente qualificate come penali, si correla pur sempre un maggiore stigma sociale, al di là dell'importo concreto della pena irrogata, non senza considerare che per il reato comunque è prevista, in via alternativa, la pena della reclusione, che di per sé connota la maggiore gravità del trattamento sanzionatorio. Il principio di legalità di cui all'art. 25, secondo comma, Cost. trova applicazione anche per le sanzioni amministrative di natura sostanzialmente punitiva. ( Precedenti citati: sentenze n. 139 del 2019 e n. 223 del 2018 ). Per giurisprudenza costante, il principio secondo cui il ricorso a un'enunciazione sintetica della norma incriminatrice, piuttosto che a un'analitica enumerazione dei comportamenti sanzionati, non comporta, di per sé, un vizio di indeterminatezza purché, mediante l'interpretazione integrata, sistemica e teleologica, sia possibile attribuire un significato chiaro, intelligibile e preciso alla previsione normativa. ( Precedenti citati: sentenze n. 25 del 2019, n. 24 del 2019 e n. 172 del 2014 ). È compatibile con il principio di determinatezza l'uso, nella formula descrittiva dell'illecito sanzionato, di una tecnica esemplificativa oppure di concetti extragiuridici diffusi o, ancora, di dati di esperienza comune o tecnica, tanto più ove l'opera maieutica della giurisprudenza, specie di legittimità, consenta di specificare il precetto legale. ( Precedenti citati: sentenze n. 139 del 2019 e n. 42 del 1972 ).