Pronuncia 133/2021

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 263, terzo comma, del codice civile, come modificato dall'art. 28, comma 1, del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), promosso dal Tribunale ordinario di Trento nel procedimento vertente tra B. Z., in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale di M. Z., e R. C., con ordinanza del 30 giugno 2020, iscritta al n. 156 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2020. Udita nella camera di consiglio del 12 maggio 2021 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta; deliberato nella camera di consiglio del 12 maggio 2021.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 263, terzo comma, codice civile, come modificato dall'art. 28, comma 1, del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), nella parte in cui non prevede che, per l'autore del riconoscimento, il termine annuale per proporre l'azione di impugnazione decorra dal giorno in cui ha avuto conoscenza della non paternità; 2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263, terzo comma, cod. civ., come modificato dall'art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 154 del 2013, nella parte in cui non prevede che, per l'autore del riconoscimento, il termine annuale per proporre l'azione di impugnazione, decorra dal giorno in cui ha avuto conoscenza della non paternità, sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Trento con l'ordinanza indicata in epigrafe; 3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263, terzo comma, cod. civ., come modificato dall'art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 154 del 2013, nella parte in cui prevede che «l'azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall'annotazione del riconoscimento», sollevata, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di Trento con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 maggio 2021. F.to: Giancarlo CORAGGIO, Presidente Emanuela NAVARRETTA, Redattrice Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2021. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Emanuela Navarretta

Data deposito: Fri Jun 25 2021 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CORAGGIO

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Massime

Filiazione - Modifiche introdotte con decreto legislativo - Impugnazione, da parte del suo autore, del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità - Termine annuale per proporre l'azione - Decorrenza alla sola ipotesi della scoperta dell'impotenza - Denunciata violazione dei principi e criteri direttivi della legge delega - Insussistenza - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Trento in riferimento all'art. 76 Cost., dell'art. 263, terzo comma, cod. civ., come modificato dall'art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 154 del 2013, nella parte in cui non prevede che, per l'autore del riconoscimento, il termine annuale per proporre l'azione di impugnazione decorra dal giorno in cui ha avuto conoscenza della non paternità. Non si può sostenere che al legislatore delegato fosse preclusa la possibilità di mantenere distinte azioni demolitorie dello status filiationis , purché l'esito - in conformità con l'art. 30 Cost. - non conducesse ad una discriminazione in pregiudizio al figlio nato fuori dal matrimonio. Al contrario, il legislatore delegato non solo ha introdotto - come espressamente richiesto dalla delega n. 219 del 2012 - l'imprescrittibilità dell'azione a beneficio del solo figlio, nonché un termine impeditivo dell'azione per gli altri legittimati, ma ha anche contemplato - come nel disconoscimento della paternità - un ulteriore termine riferito al padre. Tale norma, d'altro canto, pur non priva di criticità, non comporta in alcun modo una discriminazione in pregiudizio al figlio nato fuori dal matrimonio. In tema di eccesso di delega la previsione di cui all'art. 76 Cost. non osta all'emanazione, da parte del legislatore delegato, di norme che rappresentino un coerente sviluppo e un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, dovendosi escludere che la funzione del primo sia limitata ad una mera scansione linguistica di previsioni stabilite dal secondo. Il sindacato costituzionale sulla delega legislativa deve, così, svolgersi attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli, riguardanti, da un lato, le disposizioni che determinano l'oggetto, i princìpi e i criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione e, dall'altro, le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i princìpi e i criteri direttivi della delega. Il che, se porta a ritenere del tutto fisiologica quell'attività normativa di completamento e sviluppo delle scelte del delegante, circoscrive, d'altra parte, il vizio in discorso ai casi di dilatazione dell'oggetto indicato dalla legge di delega, fino all'estremo di ricomprendere in esso materie che ne erano escluse. ( Precedenti citati: sentenze n. 212 del 2018, n. 194 del 2015, n. 182 del 2014 e n. 50 del 2014 ).

Norme citate

Parametri costituzionali

Filiazione - Impugnazione, da parte del suo autore, del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità - Termine annuale per proporre l'azione di impugnazione - Decorrenza dal giorno in cui ha avuto conoscenza della non paternità - Omessa previsione - Irragionevolezza e disparità di trattamento rispetto al disconoscimento della paternità - Illegittimità costituzionale in parte qua.

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 263, terzo comma, cod. civ., come modificato dall'art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 154 del 2013, nella parte in cui non prevede che, per l'autore del riconoscimento, il termine annuale per proporre l'azione di impugnazione decorra dal giorno in cui ha avuto conoscenza della non paternità. Mentre può ritenersi non irragionevole che il termine annuale decorra dall'annotazione del riconoscimento per chi abbia posto in essere l'atto nella consapevolezza della non paternità biologica, per converso c'è una palese irragionevolezza a far decorrere il medesimo termine dall'annotazione del riconoscimento per chi ignorasse il difetto di veridicità, limitando la possibilità di far valere la decorrenza del termine dalla scoperta della non paternità alla sola ipotesi dell'impotenza. Ne discende che la norma censurata dal Tribunale di Trento - che richiede al giudice di non procedere ad un mero accertamento della verità biologica, ma opera un bilanciamento in concreto tra gli interessi coinvolti - realizza una irragionevole disparità di trattamento fra autori del riconoscimento, che possano provare l'impotenza, e autori del riconoscimento non affetti da tale patologia, che siano parimenti venuti a conoscenza della non veridicità della paternità biologica, quando oramai sia decorso il termine annuale conteggiato a partire dall'annotazione del riconoscimento. Vi è inoltre una irragionevole disparità di trattamento anche nel confronto tra le regole dettate per il padre che intenda far valere la verità biologica, impugnando il riconoscimento, e quelle previste per il padre che agisca per il disconoscimento di paternità. Mentre il primo può dimostrare solo l'impotenza, il secondo può, invece, avvalersi anche di altre prove, tra cui quella dell'adulterio, onde sottrarsi al dies a quo che altrimenti decorre dalla nascita, finendo così per rendere più stabile lo status filiationis sorto al di fuori del matrimonio rispetto a quello del figlio concepito o nato durante il matrimonio. ( Precedenti citati: sentenze n. 127 del 2020, n. 272 del 2017, n. 266 del 2006, n. 170 del 1999 e n. 134 del 1985 ).

Norme citate

Parametri costituzionali

Thema decidendum - Accoglimento della questione di legittimità costituzionale per uno dei parametri evocati - Assorbimento dell'ulteriore questione sollevata.

Accolta in parte qua , per violazione dell'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263, terzo comma, cod. civ., come modificato dall'art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 154 del 2013, nella parte in cui non prevede che, per l'autore del riconoscimento, il termine annuale per proporre l'azione di impugnazione decorra dal giorno in cui ha avuto conoscenza della non paternità, resta assorbita l'ulteriore questione di legittimità costituzionale, posta con riguardo all'art. 117, primo comma, Cost., relativamente alla norma interposta di cui all'art. 8 CEDU.

Norme citate

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 117
  • Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 8

Filiazione - Impugnazione, da parte del suo autore, del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità - Termine quinquennale per proporre l'azione di impugnazione - Decorrenza dall'annotazione del riconoscimento - Denunciata violazione del principio convenzionale di proporzionalità - Insussistenza - Non fondatezza della questione.

È dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Trento in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, dell'art. 263, terzo comma, cod. civ., come modificato dall'art. 28, comma 1, del d.lgs. n. 154 del 2013, nella parte in cui prevede che «l'azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall'annotazione del riconoscimento». Nella disciplina di tale termine il tempo decorre, inibendo l'azione, a prescindere dalla circostanza che il richiedente fosse consapevole della sua possibile non paternità. Tuttavia, ciò non contrasta con la giurisprudenza della Corte EDU, i cui giudizi hanno avuto ad oggetto fattispecie normative che si riferiscono a termini (semestrali o annuali) decisamente più brevi rispetto a quello previsto dalla norma censurata. Un così lungo decorso del tempo (cinque anni dal riconoscimento) radica il legame familiare e sposta il peso assiologico, nel bilanciamento attuato dalla norma, sul consolidamento dello status filiationis , in una maniera tale da giustificare che la prevalenza di tale interesse sia risolta in via automatica dalla fattispecie normativa. Nessuna censura di non proporzionalità può, dunque, muoversi alla scelta operata dal legislatore che, nella sua discrezionalità, ha ritenuto di sacrificare l'interesse dell'autore del riconoscimento, a far valere in via giudiziale l'identità biologica, a beneficio dell'interesse allo status filiationis consolidatosi dopo cinque anni dal suo sorgere. Da ultimo, deve, peraltro, rilevarsi che l'interesse a far valere la verità biologica non risulta in assoluto estromesso dal giudizio, in quanto esso può essere fatto valere dallo stesso figlio, per il quale l'azione di impugnazione del riconoscimento risulta imprescrittibile.

Norme citate

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 117
  • Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 8