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Pronuncia 211/2022

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 73 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), promossi dalla Corte di cassazione, sezione sesta penale, con ordinanza del 10 settembre 2021 e dal Tribunale ordinario di Ravenna, sezione penale, in composizione monocratica, con ordinanza del 14 marzo 2022, iscritte, rispettivamente, al n. 184 del registro ordinanze 2021 e al n. 45 del registro ordinanze 2022 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2021 e n. 18, prima serie speciale, dell'anno 2022. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 12 settembre 2022 il Giudice relatore Giovanni Amoroso; deliberato nella camera di consiglio del 12 settembre 2022.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 73 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione, sezione sesta penale, e dal Tribunale ordinario di Ravenna, sezione penale, in composizione monocratica, con le ordinanze indicate in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 settembre 2022. F.to: Silvana SCIARRA, Presidente Giovanni AMOROSO, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 17 ottobre 2022. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giovanni Amoroso

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: SCIARRA

Massime

Reati e pene - In genere - Principio di offensività - Definizione - Necessità di tutelare interessi meritevoli di protezione (offensività in astratto) e di punire comportamenti concretamente atti a lederli (offensività in concreto) - Incriminazione di un mero status - Esclusione - Applicabilità anche ai reati di pericolo presunto - Condizioni - Necessità che la valutazione legislativa di pericolosità non risulti irrazionale e arbitraria, ma risponda all'id quod plerumque accidit. (Nel caso di specie: non fondatezza della questione di legittimità costituzionale della disposizione che punisce con la pena dell'arresto da sei mesi a tre anni la guida di un autoveicolo o motoveicolo senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, qualora si tratti di persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale). (Classif. 210001)

Il rispetto del principio di offensività ( nullum crimen sine iniuria ), desumibile dall'art. 25, secondo comma, Cost., comporta che il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, può reprimere sul piano penale, come fattispecie di reato, soltanto condotte che, nella loro descrizione tipica comunque rispettosa del principio di legalità, consistano in comportamenti dal contenuto offensivo di beni meritevoli di protezione, anche sotto il profilo della loro mera esposizione a pericolo. ( Precedente: S. 354/2002 - mass. 27220 ). Il principio di offensività opera su due piani distinti: da un lato, come precetto rivolto al legislatore, diretto a limitare la repressione penale a fatti che, nella loro configurazione astratta, presentino un contenuto offensivo di beni o interessi ritenuti meritevoli di protezione (offensività «in astratto»); dall'altro, come criterio interpretativo-applicativo per il giudice comune, il quale, nella verifica della riconducibilità della singola fattispecie concreta al paradigma punitivo astratto, dovrà evitare che ricadano in quest'ultimo comportamenti privi di qualsiasi attitudine lesiva (offensività «in concreto»). ( Precedenti: S. 225/2008 - mass. 32613, mass. 32614; S. 265/2005 - mass. 29512; S. 519/2000 - mass. 25908; S. 263/2000 - mass. 25484 ). Il principio di offensività «in astratto» non implica che l'unico modello, costituzionalmente legittimo, sia quello del reato di danno, rientrando nella discrezionalità legislativa la scelta per forme di tutela anticipata, che colpiscano l'aggressione ai beni giuridici protetti nello stadio della semplice esposizione a pericolo, nonché, correlativamente, l'individuazione della soglia di pericolosità alla quale riconnettere la risposta punitiva; prospettiva questa nella quale non è precluso, di norma, il ricorso al modello del reato di pericolo presunto sempre che la valutazione legislativa di pericolosità del fatto incriminato non risulti irrazionale e arbitraria, ma risponda all' id quod plerumque accidit . ( Precedenti: S. 278/2019 - mass. 41830; S. 141/2019 - mass. 41823, mass. 41824; S. 109/2016 - mass. 38865; S. 225/2008 - mass. 32613; S. 360/1995 - mass. 22565; S. 133/1992; S. 333/1991 - mass. 17541, mass. 17546; S. 62/1986 - mass. 12302 ). Il principio di offensività, anche nella sua configurazione come fattispecie di pericolo, postula che le qualità personali dei soggetti o i comportamenti pregressi degli stessi non possono giustificare disposizioni che attribuiscano rilevanza penale a condizioni soggettive, salvo che tale trattamento specifico e differenziato rispetto ad altre persone non risponda alla necessità di preservare altri interessi meritevoli di tutela. ( Precedenti: S. 249/2010; S. 225/2008; n. 354/2002; S. 14/1971; S. 110/1968; S. 370/1996 ). Non è compatibile con il principio di offensività l'incriminazione di un mero status , anziché di una condotta, pur potendo rilevare, nei reati propri, la condizione soggettiva dell'autore. (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte di cassazione, sez. sesta pen., e dal Tribunale di Ravenna, sez. pen., in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost. - dell'art. 73 cod. antimafia che punisce con la pena dell'arresto da sei mesi a tre anni la guida di un autoveicolo o motoveicolo, senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, commessa da persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale. La fattispecie censurata è finalizzata a tutelare l'ordine pubblico rispetto a situazioni di pericolo derivanti dalla violazione di una regola - quella posta dall'art. 120 cod. strada - collegata alla necessità di limitare gli spostamenti, di impedire o ostacolare la perpetrazione di attività illecite e di rendere meno agevole il sottrarsi ai controlli dell'autorità di soggetti pericolosi. Non è pertanto violato il principio di offensività, perché l'essere sottoposto a misura di prevenzione personale non si pone come evenienza del tutto estranea al reato e non configura una "responsabilità penale d'autore", ma identifica una pericolosità specifica della condotta sanzionata, tenuto conto che la revoca della patente non consegue più automaticamente all'assoggettamento a misure di prevenzione personale e che queste devono comunque essere calibrate sulla pericolosità in concreto. La pericolosità rappresenta anche la ragione giustificatrice della diversità di disciplina rispetto all'ipotesi di guida senza patente di soggetti non colpiti da misure di prevenzione prevista dall'art. 116, comma 15, cod. strada; la scelta legislativa di sanzionare l'ipotesi meno grave sul piano amministrativo, allo scopo di assicurare il bene della sicurezza della circolazione stradale e, al contempo, di punire più severamente la stessa condotta, se realizzata da soggetti dalla accertata pericolosità è infatti coerente ad un legittimo inasprimento della risposta punitiva in relazione al differente disvalore della condotta e alla diversa intensità dell'offesa ai beni protetti. Il che esclude, sotto il profilo della finalità rieducativa, anche il carattere sproporzionato del relativo trattamento sanzionatorio. Precedenti: S. 99/2020 - mass. 42519; S. 25/2019 - mass. 41556; S. 24/2019 - mass. 42485, mass. 42486, mass. 42487, mass. 42490, mass. 42490, mass. 42491; S. 354/2002 - mass. 27220; O. 257/1985 - mass. 11132; S. 66/1984 - mass. 13325; O. 66/1971 - mass. 5511 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 73