Pronuncia 217/2023

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D'ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 628, quinto comma, del codice penale promosso dal Tribunale ordinario di Torino, sezione prima penale, nel procedimento penale a carico di C.G. M., con ordinanza del 7 luglio 2022, iscritta al n. 119 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2022. Visti l'atto di costituzione di C.G. M., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 21 novembre 2023 il Giudice relatore Francesco Viganò; uditi l'avvocato Riccardo Magarelli per C.G. M. e l'avvocato dello Stato Salvatore Faraci per il Presidente del Consiglio dei ministri; deliberato nella camera di consiglio del 22 novembre 2023.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 628, quinto comma, del codice penale, nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall'art. 89 cod. pen., allorché concorra con l'aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628; 2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 628, quinto comma, cod. pen., sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione - sotto i profili dell'irragionevole equiparazione, sul piano sanzionatorio, di fatti di reato aventi disvalore differente e della violazione dei principi di proporzionalità e personalità della pena -, dal Tribunale ordinario di Torino, sezione prima penale, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2023. F.to: Augusto Antonio BARBERA, Presidente Francesco VIGANÒ, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria l'11 dicembre 2023 Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Francesco Viganò

Data deposito: Mon Dec 11 2023 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BARBERA

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Massime

Reati e pene - In genere - Principio di proporzionalità della pena - Necessaria proporzione della sanzione rispetto al disvalore oggettivo e soggettivo del reato - Incidenza, quanto al profilo soggettivo, di patologie o disturbi significativi della personalità che influiscono, diminuendola, sulla rimproverabilità della condotta. (Classif. 210001).

Il principio di proporzionalità della pena rispetto alla gravità del reato, desumibile dagli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., esige che la pena sia adeguatamente calibrata al concreto contenuto di offensività del fatto di reato e al suo disvalore soggettivo, il quale dipende in maniera determinante non solo dal contenuto della volontà criminosa (dolosa o colposa) e dal grado del dolo o della colpa, ma anche dalla eventuale presenza di fattori – quali principalmente patologie o disturbi significativi della personalità – che hanno influito sul processo motivazionale dell’autore, rendendolo più o meno rimproverabile. (Precedente: S. 73/2020 - mass. 43274).Al minor grado di rimproverabilità soggettiva deve corrispondere una pena inferiore rispetto a quella che sarebbe applicabile a parità di disvalore oggettivo del fatto, in modo che la pena appaia una risposta – oltre che non sproporzionata – il più possibile “individualizzata”, e dunque calibrata sulla situazione del singolo condannato, in attuazione del mandato costituzionale di “personalità” della responsabilità penale di cui all’art. 27, primo comma, Cost. (Precedenti: S. 73/2020 - mass. 43274; S. 222/2018 - mass. 40938).

Reati e pene - Rapina - Divieto di equivalenza o di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente (art. 89 cod. pen.) sulla circostanza aggravante dell'avere commesso il fatto in un edificio o altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 628, terzo comma, numero 3-bis, cod. pen.) - Denunciata irragionevole equiparazione, sul piano sanzionatorio, di fatti di reato aventi disvalore differente e violazione dei principi di proporzionalità e personalità della pena - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 210033).

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale – sollevate dal Tribunale di Torino, sez. prima pen., in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost. e per asserita irragionevole equiparazione, sul piano sanzionatorio, di fatti di reato di differente disvalore e violazione dei principi di proporzionalità e personalità della pena – dell’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede il divieto di equivalenza o prevalenza dell’attenuante del vizio parziale di mente (art. 89 cod. pen.) sulle circostanze aggravanti indicate dal terzo comma, n. 3-bis), del medesimo articolo. La disposizione censurata, nel precludere al giudice di ritenere equivalenti o prevalenti tutte le circostanze attenuanti diverse dalla minore età rispetto alle aggravanti ivi espressamente elencate, tra cui quella, rilevante nella specie, dell’aver commesso la rapina in un luogo di privata dimora, prevede al tempo stesso che le relative diminuzioni siano operate sulla pena già aumentata per effetto dell’applicazione delle aggravanti. Diversamente, quindi, dal divieto oggetto della sentenza n. 73 del 2020, richiamata dal rimettente, la preclusione in esame non determina una totale “neutralizzazione” dell’attenuante del vizio parziale di mente, di cui il giudice dovrà comunque tenere conto ai fini della commisurazione della sanzione, secondo il previsto meccanismo di calcolo. Il che consente di escludere, nel caso in esame, la fondatezza delle censure proposte sotto i profili dell’irragionevole equiparazione, sul piano sanzionatorio, di fatti di reato aventi disvalore soggettivo differente – e segnatamente del fatto commesso da persona in condizioni di normalità psichica, da un lato, e da persona affetta da vizio parziale di mente, dall’altro – e della violazione dei principi di proporzionalità e personalità della pena. (Precedenti: S. 197/23 - mass. 45842, 45843, 45844, 45845; S. 259/2021 - mass. 44434; S. 117/2021 - mass. 43901; S. 55/2021 - mass. 43738; S. 190/2020 - mass. 43265; S. 73/2020 - mass. 43274; S. 88/2019 - mass. 42547; S. 222/2018 - mass. 40938; S. 251/2012 - mass. 36711).

Reati e pene - Rapina - Divieto di equivalenza o di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente (art. 89 cod. pen.) sulla circostanza aggravante dell'avere commesso il fatto in un edificio o altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 628, terzo comma, numero 3-bis, cod. pen.) - Irragionevole disparità di trattamento rispetto a quanto previsto per il minore d'età - Illegittimità costituzionale in parte qua. (Classif. 210033).

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 628, quinto comma, cod. pen., nella parte in cui non consente di ritenere prevalente o equivalente la circostanza attenuante prevista dall’art. 89 cod. pen., allorché concorra con l’aggravante di cui al terzo comma, numero 3-bis), dello stesso art. 628. La disposizione censurata dal Tribunale di Torino, sez. prima pen. – che prevede un generale divieto di equivalenza o prevalenza delle attenuanti diverse dalla minore età rispetto a talune aggravanti, tra cui quella, rilevante nella specie, dell’aver commesso la rapina in un luogo di privata dimora – viola il principio di eguaglianza in quanto introduce una deroga in favore dei soli condannati minorenni e non anche degli imputati affetti da vizio parziale di mente. La ridotta rimproverabilità e colpevolezza, che è alla base dell’eccezione prevista dal legislatore per la minore età, non può infatti non essere affermata anche con riferimento a chi abbia agito trovandosi in uno stato di mente tale da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere. Identica è, del resto, la conseguenza sulla commisurazione della sanzione collegata alle due situazioni poste a raffronto – equiparate a vari altri fini nell’ordinamento penale – e la ratio delle due diminuenti. Un imperativo di coerenza, per linee interne al sistema, esige pertanto che l’esclusione prevista per il minorenne si estenda anche alla posizione degli imputati affetti da vizio parziale di mente, rispetto ai quali, anzi, le ragioni dell’attenuazione di pena valgono a fortiori, dal momento che la notevole riduzione della capacità di intendere e di volere della persona è in questa ipotesi oggetto di un accertamento caso per caso da parte del giudice, mentre per il minorenne la minore colpevolezza è presunta in via generale dal legislatore. (Precedenti: S. 197/2023 - mass. 45845; S. 98/2023 - mass. 45647; S. 2/2022 - mass. 44463, 44465; S. 73/2020 - mass. 43274; S. 168/1994 - mass. 20539, 20541, 20542).

Parametri costituzionali