Pronuncia 27/1973

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Prof. GIUSEPPE CHTARELLI, Presidente - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - Dott. LUIGI OGGIONO - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO AMADEI - Prof. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA, Giudici,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 304 bis, primo comma, 366, secondo comma, e 225 del codice di procedura penale e dell'art. 542, terzo comma, n. 2, del codice penale in relazione all'art. 530 dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1970 dal pretore di Pontedera nel procedimento penale a carico di Romeo Mario, iscritta al n. 31 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 74 del 24 marzo 1971. Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 7 febbraio 1973 il Giudice relatore Ercole Rocchetti; udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE a) dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli del codice di procedura penale: 304 bis, comma primo (testo originario), 366, comma secondo, e 225 (nel testo di cui alla legge 5 dicembre 1969, n. 932), proposte con l'ordinanza 9 dicembre 1970 del pretore di Pontedera, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, e già decise con le sentenze n. 190 del 1970 e n. 62 del 1971; b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 542, comma terzo, n. 2, in relazione all'articolo 530, del codice penale, proposta dallo stesso pretore, in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 febbraio 1973. GIUSEPPE CHIARELLI - GIUSEPPE VERZÌ - FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA. ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere

Relatore: Ercole Rocchetti

Data deposito: Thu Mar 01 1973 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CHIARELLI

Caricamento annuncio...

Massime

SENT. 27/73 A. PROCESSO PENALE - ISTRUZIONE FORMALE - COD. PROC. PEN., ARTT. 304 BIS, PRIMO COMMA (TESTO ORIGINARIO), 366, SECONDO COMMA, E 225 (NEL TESTO MODIFICATO DALLA LEGGE 5 DICEMBRE 1969, N. 932) - MANCATA PREVISIONE DELL'ASSISTENZA DEL DIFENSORE ALL'INTERROGATORIO DELL'IMPUTATO - QUESTIONI GIA' DECISE - SUCCESSIVA MODIFICAZIONE DELL'ART. 304 BIS NEL SENSO DI COMPRENDERE ANCHE L'INTERROGATORIO TRA GLI ATTI AI QUALI IL DIFENSORE HA DIRITTO DI ASSISTERE - MANIFESTA INFONDATEZZA.

Sono manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 304 bis, 366, secondo comma, e 225 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono l'assistenza del difensore all'interrogatorio dell'imputato: ed invero, mentre l'art. 304 bis, dichiarato costituzionalmente illegittimo con sent. n. 190 del 1970, e' stato modificato con il D.L. 23 gennaio 1971 n. 2 (convertito nella legge 18 marzo 1971 n. 62) che ha compreso l'interrogatorio dell'imputato tra gli atti ai quali il difensore ha diritto di assistere, le questioni relative agli artt. 366, secondo comma, e 225 c.p.p. sono gia' state dichiarate infondate dalla Corte con sentenza n. 62 del 1971.

Norme citate

  • codice di procedura penale 1930-Art. 304 BIS
  • codice di procedura penale 1930-Art. 225
  • codice di procedura penale 1930-Art. 366, comma 2
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

SENT. 27/73 B. REATI E PENE - CORRUZIONE DI MINORENNI - COD. PEN., ART. 542, TERZO COMMA, N. 2 - PROCEDIMENTO D'UFFICIO, INVECE CHE A QUERELA DELL'OFFESO, SE IL FATTO E' CONNESSO CON ALTRO DELITTO PERSEGUIBILE D'UFFICIO - DISPARITA' DI TRATTAMENTO, IN SEDE DI PROCEDIBILITA', TRA CITTADINI CHE COMMETTONO LO STESSO REATO - INSUSSISTENZA - RAZIONALITA' - ESCLUSIONE DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE.

L'art. 542, terzo comma, n. 2, del codice penale, nella parte in cui stabilisce che, per il delitto di corruzione di minorenni, si procede d'ufficio se il fatto e' connesso con altro delitto perseguibile di ufficio, non contrasta con il principio di eguaglianza, perche' la disparita' di trattamento, in ragione della connessione, tra cittadini che commettono lo stesso reato trova giustificazione in un motivo del tutto razionale: ed invero, la ragione che ha indotto il legislatore a lasciare arbitre le persone offese dai delitti che offendono la liberta' e l'onore sessuale, di portare o no alla pubblica conoscenza fatti riguardanti la loro vita intima, viene a cadere quando la connessione materiale di tali delitti con altri perseguibili di ufficio rende necessario l'accertamento e la diffusa conoscenza anche di quei fatti; ne consegue che non vi e' piu' alcun motivo per sottrarre i colpevoli di quei delitti alla regola generale relativa alla iniziativa pubblica nella persecuzione dei reati.

Parametri costituzionali