Pronuncia 406/1987
Sentenza
Collegio
composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO;
Epigrafe
ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt.26, lettera c), della legge 14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina della pesca marittima), e 147, primo comma, n. 1, e secondo comma, del codice penale, e dell'art. 589, terzo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 9 aprile 1980 dal Pretore di Pietrasanta, iscritta al n. 666 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12 dell'anno 1982; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1987 il Giudice relatore Giovanni Conso; Ritenuto che il Pretore di Pietrasanta, nel corso di un "incidente di esecuzione", avente ad oggetto la rateizzazione o il differimento della pena accessoria della sospensione del permesso di pesca, prevista dall'art.26, lettera c), del d.P.R. 14 luglio 1965, n. 963, per avere i condannati presentato domanda di grazia, ha, con ordinanza del 9 aprile 1980, denunciato: a) in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, l'illegittimità del combinato disposto dell'art. 26, lettera c), del d.P.R. 14 luglio 1965, n. 963, e dell'art. 147, primo comma, n. 1, e secondo comma, del codice penale, perché, nello stabilire che non possa essere differita la pena accessoria della sospensione del permesso di pesca, rischia "di trasformare una misura prevista dalla legge come transitoria in misura definitiva", potendo dalla prolungata applicazione della detta pena accessoria derivare "l'interdizione dell'attività imprenditoriale"; b) in riferimento agli artt. 27, terzo comma, e 24, primo comma, della Costituzione, l'illegittimità dell'art. 589, terzo (recte: secondo) comma, del codice di procedura penale, il quale, nel caso in cui venga proposta la domanda di grazia, attribuisce al Ministro di grazia e giustizia e non ad un organo giurisdizionale il potere di differire l'esecuzione delle pene accessorie; e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, in subordine, non fondata; Considerato che la prima questione appare inammissibile, avendo il giudice a quo - con il prospettare varie soluzioni allo scopo di far fronte alla dedotta illegittimità costituzionale ("per esempio, l'obbligo di comminare la pena accessoria in rapporto alla durata della attività lavorativa nell'anno, ovvero l'introduzione in via generale della possibilità di 'rateizzare' l'esecuzione come chiedevano gli istanti") e con il demandare "alla Corte o al Parlamento di colmare, nei modi ritenuti più opportuni, l'accennata lacuna normativa" - del tutto omesso di precisare il petitum perseguito; e che l'inammissibilità della prima questione determina la conseguente inammissibilità per irrilevanza della seconda questione, essendo questa subordinata all'accoglimento di quella; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
Dispositivo
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art.26, lettera c), della legge 14 luglio 1965, n. 963, e dell'art. 147, primo comma, n. 1, e secondo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Pretore di Pietrasanta con ordinanza del 9 aprile 1980; 2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art.589, terzo (recte: secondo) comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 27, terzo comma, e 24, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Pietrasanta con ordinanza del 9 aprile 1980. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 novembre 1987. Il Presidente: SAJA Il Redattore: CONSO Depositata in cancelleria il 19 novembre 1987. Il direttore della cancelleria: MINELLI
Relatore: Giovanni Conso
Data deposito: Thu Nov 19 1987 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)
Tipologia: O
Presidente: SAJA
Massime
ORD. 406/87 A. PESCA - MARITTIMA - REATI - PENE ACCESSORIE - SOSPENSIONE TEMPORANEA DEL PERMESSO DI PESCA - DIFFERIBILITA' DELL'ESECUZIONE - ESCLUSIONE - MANIFESTA INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE.
Norme citate
- codice penale-Art. 147, comma 2
- codice penale-Art. 147, comma 1
- legge-Art. 26 LETT.C
Parametri costituzionali
ORD. 406/87 B. PENA - PENE ACCESSORIE (NELLA SPECIE, SOSPENSIONE TEMPORANEA DEL PERMESSO DI PESCA) - DIFFERIMENTO DELL'ESECUZIONE IN CASO DI PRESENTAZIONE DI DOMANDA DI GRAZIA - COMPETENZA DEL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA ANZICHE' DI UN ORGANO GIURISDIZIONALE - MANIFESTA INAMMISSIBILITA' DELLA QUESTIONE.
Norme citate
- codice di procedura penale 1930-Art. 589, comma 2