About

Pronuncia 136/1995

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE; Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 63 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 3 giugno 1994 dal Pretore di Bologna nel procedimento penale a carico di Marani Clarisca ed altri, iscritta al n. 590 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1994; Udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 63 del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1995. Il Presidente: BALDASSARRE Il redattore: VASSALLI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 27 aprile 1995. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA

Relatore: Giuliano Vassalli

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: BALDASSARRE

Massime

SENT. 136/95 A. PROCESSO PENALE - PERSONE NON IMPUTATE E PERSONE NON SOTTOPOSTE A INDAGINI - DICHIARAZIONI INDIZIANTI DA ESSE RESE ALL'AUTORITA' GIUDIZIARIA O ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA - GARANZIE (SOSPENSIONE DELL'ESAME, AVVERTENZE, EVENTUALE INUTILIZZABILITA') - NON PREVISTA APPLICABILITA' DELLA NORMA NELL'IPOTESI DI DICHIARAZIONI INDIZIANTI RESE DAL FALLITO AL CURATORE NEL CORSO DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE - PROSPETTATA INGIUSTIFICATA DISPARITA' DI TRATTAMENTO - QUESTIONE SOLLEVATA SULL'ERRONEO PRESUPPOSTO CHE NELLE DISPOSIZIONE IMPUGNATA L'ESPRESSIONE "AUTORITA' GIUDIZIARIA" SIA RIFERIBILE NON SOLTANTO AL GIUDICE PENALE E AL PUBBLICO MINISTERO, MA ANCHE AL GIUDICE CIVILE - NON FONDATEZZA.

Il riferimento all'autorita' giudiziaria, contenuto nell'art. 63 cod. proc. pen., in tema di dichiarazioni indizianti rese "all'autorita' giudiziaria o alla polizia giudiziaria" da una persona non imputata o non sottoposta alle indagini, e' preordinato al solo fine di ricomprendere in tale nozione non soltanto il giudice penale, ma anche il pubblico ministero. Contro quanto ritenuto dal giudice 'a quo', non puo' invece essere in essa ricondotto il giudice civile, il quale, pure ove in sede di interrogatorio formale vengano ammessi dalla parte fatti costituenti reato, non puo' certo fare ricorso al regime previsto dalla norma in questione, essendo, semmai, tenuto, ai sensi dell'art. 331, comma 4, cod. proc. pen., a redigere ed a trasmettere senza ritardo la denuncia al pubblico ministero. Non sussiste percio' la disparita' di disciplina tra curatore fallimentare e giudice civile posta a base della censura di violazione del principio di eguaglianza per la mancata estensione delle garanzie previste dall'art. 63, all'ipotesi di dichiarazioni indizianti rese dal fallito al curatore nel corso della procedura fallimentare. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 63 cod. proc. pen.). red.: G. Conti

Parametri costituzionali

SENT. 136/95 B. PROCESSO PENALE - PERSONE NON IMPUTATE O NON SOTTOPOSTE A INDAGINI - DICHIARAZIONI INDIZIANTI DA ESSE RESE ALL'AUTORITA' GIUDIZIARIA O ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA - GARANZIE (SOSPENSIONE DELL'ESAME, AVVERTENZE, EVENTUALE INUTILIZZABILITA') PREVISTE DALL'ART. 63 COD. PROC. PEN. - NON PREVISTA APPLICABILITA' DELLA NORMA NELL'IPOTESI DI DICHIARAZIONI INDIZIANTI RESE DAL FALLITO AL CURATORE NEL CORSO DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE - DEDOTTA CONSEGUENTE VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA - CENSURA FORMULATA SUL NON CONDIVISIBILE ASSUNTO CHE IL DIVIETO DI TESTIMONIANZA SULLE DICHIARAZIONI DELL'IMPUTATO STABILITO DALL'ART. 62 STESSO CODICE RIGUARDO ALLE DICHIARAZIONI RESE NEL PROCESSO PENALE, SIA APPLICABILE ANCHE NEL CASO IN QUESTIONE - NON FONDATEZZA.

Nella questione di legittimita' costituzionale sollevata nei confronti dell'art. 63 cod. proc. pen., per la mancata estensione delle garanzie ivi previste riguardo alle "dichiarazioni indizianti" rese da persone non imputate o non sottoposte a indagini, all'ipotesi di dichiarazioni rese al curatore, ai sensi dell'art. 49 della legge fallimentare, dal fallito non ancora sottoposto a procedimento penale per reati connessi al fallimento, non e' pertinente il richiamo al divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell'imputato, stabilito dall'art. 62 st. cod., divieto operante solo con riferimento alle dichiarazioni rese nel corso del procedimento penale. Non potendo certo sostenersi che la procedura fallimentare sia preordinata alla verifica di una 'notitia criminis', e non avendo il giudice 'a quo' discriminato l'ipotesi in cui il fallito rivesta la qualita' di indagato da quella in cui, invece, tale qualita' non abbia ancora assunto, si rivela infondata la dedotta censura di violazione del diritto di difesa, in quanto soltanto nel primo caso possono profilarsi ostacoli all'utilizzazione delle dichiarazioni. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost., dell'art. 63 cod. proc. pen.). - V. massime A e C. Circa il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell'imputato, v. S. n. 237/1993. Sulle dichiarazioni rese al curatore ai sensi dell'art. 49 legge fall., v. S. n. 69/1984. red.: G. Conti

Parametri costituzionali

SENT. 136/95 C. PROCESSO PENALE - PROVA DOCUMENTALE - RELAZIONE DEL CURATORE FALLIMENTARE - NATURA DI DOCUMENTO.

Alla relazione del curatore fallimentare (entro la quale puo' essere contenuta l'indicazione di fatti appresi dal fallito) deve essere riconosciuta la natura di documento che, a norma dell'art. 234 cod. proc. pen., puo' essere acquisito ed utilizzato come prova. E cio' perche' la relazione non ha origine nel processo penale e non e' finalizzata ad esso, essendo diretta al giudice delegato e non al pubblico ministero; cosicche', anche se puo' contenere indicazioni utili ai fini delle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale, essa non costituisce di per se' una notizia di reato e, dunque, non puo' essere disciplinata come tale. - V. massima B. red.: G. Conti

Norme citate