SENT. 292/98. PROCESSO PENALE - MISURE CAUTELARI PERSONALI - CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE - DURATA MASSIMA - LIMITE COMPLESSIVO E LIMITE DI FASE - RITENUTA OPERATIVITA', NEI CASI DI DECORRENZA 'EX NOVO' DEI TERMINI IN SEGUITO A REGRESSIONE DEL PROCEDIMENTO O RINVIO AD ALTRO GIUDICE, SOLO DEL PRIMO E NON ANCHE DEL SECONDO LIMITE - DENUNCIATA INGIUSTIFICATA DIVERSITA' DI TRATTAMENTO RISPETTO AI CASI DI SOSPENSIONE DEI TERMINI PER IMPEDIMENTO DELL'IMPUTATO O DEL DIFENSORE ECC., IN CUI ENTRAMBI I LIMITI DI DURATA SONO APPLICABILI - POSSIBILITA' E CONSEGUENTE NECESSITA' DI ACCOGLIERE, RIGUARDO ALL'AMBITO DI OPERATIVITA' DEL LIMITE DI FASE, UNA INTERPRETAZIONE DELLA NORMA CHE LO PREVEDE, PIU' AMPIA, E CONFORME A COSTITUZIONE, DI QUELLA PRESUPPOSTA DAL GIUDICE 'A QUO' - NON FONDATEZZA DELLA QUESTIONE NEI SENSI DI CUI IN MOTIVAZIONE.
Non e' fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., riguardo ai limiti di durata della carcerazione preventiva, sulla legittimita' costituzionale dell'art. 303 cod. proc. pen., nella parte in cui, nell'ipotesi, contemplata nel comma 2, di nuovo inizio della decorrenza dei termini per la regressione del procedimento, in seguito ad annullamento con rinvio da parte della Cassazione o per altra causa, ad una fase o a un grado di giudizio diversi, o di rinvio ad altro giudice, prevede, ad avviso del giudice 'a quo', che possa essere causa di scarcerazione solo il superamento del termine complessivo di durata massima, stabilito dallo stesso articolo al comma 4. Secondo quella che si appalesa l'unica soluzione ermeneutica enucleabile dal sistema ed in linea con i valori della Carta fondamentale, deve infatti ritenersi che anche nella suddetta ipotesi - contrariamente a quanto ha sostenuto il giudice 'a quo' - possa essere causa di scarcerazione, se piu' favorevole, anche il superamento del doppio del termine di fase previsto dall'art. 304, comma 6. Tale soluzione - alla quale non e' di ostacolo la collocazione della norma in un articolo concernente i casi di sospensione dei termini (per impedimento dell'imputato o del difensore ecc.) trattandosi di una previsione che rispetto al corpo dell'articolo era e resta autonoma - si impone in forza di vari e concorrenti argomenti, di carattere storico - legati alla genesi e funzione dell'istituto gia' durante la vigenza del vecchio codice - testuali e logico-sistematici (quali l'uso, nel comma in parola, dell'avverbio "comunque"; il richiamo, oltre che al comma 1, ai commi 2 e 3 dell'art. 303; il fatto che, mentre nei casi di sospensione, il prolungamento dei termini puo' essere conseguenza di una eventuale condotta ostruzionistica e defatigatoria dell'imputato, nei casi di regressione o di rinvio ad altro giudice deriva di regola da un errore in cui e' incorsa la stessa autorita' giudiziaria e senza colpa dell'imputato, per cui sarebbe paradossale limitare l'operativita' del limite di fase soltanto ai primi) e soprattutto in forza della stessa logica dell'art. 13 della Carta fondamentale, la quale richiede di individuare, fra piu' interpretazioni, quella che riduca al minimo il sacrificio per la liberta' personale. red.: S. Pomodoro