Pronuncia 406/1999

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 109, comma 2, del codice di procedura penale e dell'art. 26, comma 2, del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1998 dal pretore di Venezia nel procedimentopenale a carico di Primoz Sancin, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1999. Udito nella camera di consiglio del 29 settembre 1999 il giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 2, del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 6 e 24 della Costituzione, dal pretore di Venezia, con l'ordinanza in epigrafe; 2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 109, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 6 e 24 della Costituzione, dal pretore di Venezia con la medesima ordinanza. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Zagrebelsky Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 29 ottobre 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola

Relatore: Gustavo Zagrebelsky

Data deposito: Fri Oct 29 1999 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: GRANATA

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Massime

SENT. 406/99 A. PROCESSO PENALE - PROCEDIMENTO RIGUARDANTE UN MAGISTRATO, A CARICO DI IMPUTATO APPARTENENTE AD UNA MINORANZA LINGUISTICA RICONOSCIUTA (NELLA SPECIE, SLOVENA) - SPOSTAMENTO DELLA COMPETENZA TERRITORIALE AI SENSI DELL'ART. 11 COD. PROC. PEN. - APPLICABILITA' DELLE GARANZIE PREVISTE A TUTELA DELLE MINORANZE LINGUISTICHE - MANCATA PREVISIONE - PRETESA VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA - PRETESA LESIONE DEI DIRITTI RICONOSCIUTI ALLE MINORANZE LINGUISTICHE - NORMA CHE PREVEDE IL DOVERE DELL'AUTORITA' GIUDIZIARIA, QUANDO CIO' SERVE AD ASSICURARE L'EFFETTIVITA' DELLA DIFESA, DI TENER CONTO DELL'APPARTENENZA ETNICA O LINGUISTICA DELL'IMPUTATO NELL'INDIVIDUAZIONE DEL DIFENSORE D'UFFICIO - INAPPLICABILITA' NEL GIUDIZIO 'A QUO' - DIFETTO DI RILEVANZA - INAMMISSIBILITA'.

E' inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimita' costituzionale - in relazione agli artt. 3, commi primo e secondo, 6 e 24 Cost. - dell'art. 26, comma 2, d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale ), il quale prevede il dovere dell'autorita' giudiziaria, avente competenza di primo grado o di appello su un territorio dove e' insediata una minoranza linguistica riconosciuta, di tener conto, negli stessi casi dell'art. 109, comma 2, cod. proc. pen. e quando cio' serva ad assicurare l'effettivita' della difesa, dell'appartenenza etnica o linguistica dell'imputato, nell'individuare il difensore d'ufficio o nel designare il sostituto del difensore a norma dell'art. 97, comma 4, del codice. Infatti - posto che risulta esplicitamente dall'ordinanza di rimessione che il soggetto a favore del quale viene rivendicato l'uso della lingua madre nel processo penale dispone della piena conoscenza della lingua italiana, sicche' la sua pretesa si pone in vista non dell'esercizio del diritto di difesa, ma della protezione della sua identita' linguistica; e che la previsione della disposizione impugnata vale, invece, soltanto "quando cio' serve ad assicurare l'effettivita' della difesa" - della disposizione medesima il giudice rimettente non e' chiamato a fare applicazione nel giudizio innanzi a lui pendente.

Norme citate

  • codice di procedura penale 1988 (disp. att.)-Art. 26, comma 2

SENT. 406/99 B. PROCESSO PENALE - PROCEDIMENTO RIGUARDANTE UN MAGISTRATO, A CARICO DI IMPUTATO APPARTENENTE AD UNA MINORANZA LINGUISTICA RICONOSCIUTA (NELLA SPECIE, SLOVENA) - SPOSTAMENTO DELLA COMPETENZA TERRITORIALE AI SENSI DELL'ART. 11 COD. PROC. PEN. - APPLICABILITA' DELLE GARANZIE PREVISTE A TUTELA DELLE MINORANZE LINGUISTICHE - MANCATA PREVISIONE - PRETESA VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI DIFESA - PRETESA LESIONE DEI DIRITTI RICONOSCIUTI ALLE MINORANZE LINGUISTICHE - ADOZIONE DEL "CRITERIO DELLA TERRITORIALITA'" - NON MANIFESTA IRRAGIONEVOLEZZA - INCONFERENZA DEL RICHIAMO AI DIRITTI DI DIFESA - NON FONDATEZZA.

Non e' fondata, con riferimento agli artt. 3, commi primo e secondo, 6 e 24 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 109, comma 2, cod. proc. pen. (che prevede il diritto, esercitabile a richiesta, del cittadino italiano appartenente a una minoranza linguistica riconosciuta di essere interrogato o esaminato nella madrelingua, con relativa verbalizzazione anche in tale lingua, nonche' il diritto alla traduzione degli atti del processo a lui indirizzati, "davanti all'autorita' giudiziaria avente competenza di primo grado o di appello su un territorio dove e' insediata una minoranza linguistica riconosciuta"), nella parte in cui non si applica anche nel procedimento penale che si svolge (per effetto dello spostamento di competenza stabilito dall'art. 11 dello stesso codice in relazione ai procedimenti riguardanti i magistrati) dinanzi ad un'autorita' giudiziaria non avente sede nel territorio dove e' insediata una minoranza linguistica riconosciuta. Relativamente all'art. 6 Cost. - posto che la garanzia che la disposizione impugnata appresta (conformemente alla direttiva n. 102 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81) e' ispirata al "criterio di territorialita'", il quale comporta che i diritti di uso della lingua riconosciuti agli appartenenti a comunita' linguistiche di minoranza valgono si' come diritti personali, ma soltanto nei rapporti con le istituzioni aventi competenza sul territorio di insediamento delle comunita' medesime - va infatti considerato che, ancorche' i principi costituzionali richiedano di essere valorizzati nella loro funzione conformatrice della legislazione ordinaria, non e' possibile, da una proclamazione come quella contenuta nell'art. 6 Cost. ("La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche"), inferire l'esistenza di un vincolo del legislatore all'adozione del criterio personale, in luogo di quello territoriale, nella disciplina dei diritti linguistici delle minoranze, atteso che il legislatore dispone, in materia, di un proprio potere di doveroso apprezzamento, dovendosi necessariamente tener conto delle conseguenze che, per i diritti degli altri soggetti non appartenenti alla minoranza linguistica protetta e sul piano organizzativo dei pubblici poteri, derivano dalla disciplina speciale dettata in attuazione dell'art. 6 Cost.. Quanto all'art. 3, commi 1 e 2, Cost., le scelte di contemperamento del legislatore sono inevitabili ove si tratti, come nella specie, del riconoscimento a favore delle minoranze di diritti speciali che fanno eccezione a regole generali, e di discipline che devono tener conto della pluralita' degli interessi, costituzionalmente rilevanti, che vengono in considerazione; inoltre, ove si tratti di norme speciali (come per definizione e' in ogni caso la disciplina giuridica di diritti di minoranze), all'astratto richiamo del principio di uguaglianza deve sostituirsi la valutazione della ragionevolezza (anzi, della non manifesta irragionevolezza, dal punto di vista dei poteri di annullamento delle leggi, spettanti alla Corte) delle scelte del legislatore, rispetto all'insieme dei principi costituzionali che vengono in considerazione; e - su questo piano - l'adozione del criterio di territorialita' e la sua applicazione anche nell'ipotesi in esame non risulta incorrere in vizio di incostituzionalita', salva la ricostruzione delle scelte legislative, che spetta al giudice attraverso i suoi poteri interpretativi. Mentre, con riferimento, infine, all'art. 24 Cost., il richiamo alla garanzia dei diritti di difesa nel processo e' inconferente in una questione di costituzionalita' che attiene alla tutela dei diritti linguistici delle minoranze. - S. nn. 213/1998, 15/1996, 16/1995, 62/1992.