Pronuncia 295/2002

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Massimo VARI; Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 262 del codice penale promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 2001 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova nel procedimento penale a carico di B.G. ed altri, iscritta al n. 614 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 1ª serie speciale, n. 34 dell'anno 2001. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2002 il giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 262 del codice penale sollevata, in riferimento all'art. 25 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova con l'ordinanza in epigrafe; Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 262 del codice penale, nella parte relativa al trattamento sanzionatorio, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, dal predetto giudice con la medesima ordinanza. Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2002. Il Presidente: Vari Il redattore: Flick Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 28 giugno 2002. Il direttore della cancelleria:Di Paola

Relatore: Giovanni Maria Flick

Data deposito: Fri Jun 28 2002 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: VARI

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Massime

Reati e pene - Divieto di divulgazione di notizie riservate - Insufficiente specificazione dei presupposti, dei caratteri e dei limiti dei provvedimenti amministrativi che impongono il divieto e possibilità di arbitraria determinazione in concreto della pena - Prospettata lesione del principio di determinatezza della legge penale e del principio di legalità della pena - Riferibilità alla categoria delle notizie riservate dei criteri dettati per le notizie coperte da segreto di stato - Non fondatezza della questione - Auspicabilità di una revisione complessiva della materia.

La norma che punisce chiunque rivela od ottiene "notizie delle quali l'Autorità competente ha vietato la divulgazione" (c.d. notizie riservate) non lede i principî di tassatività della legge penale e di legalità della pena, in quanto, secondo una possibile lettura del complessivo quadro normativo nella materia del segreto, anche per la categoria delle notizie riservate - omogenea, sul piano dei requisiti oggettivi di pertinenza e di idoneità offensiva, a quella delle notizie sottoposte a segreto di Stato - è possibile fare riferimento alla legge n. 801 del 1977, al fine di rinvenire una sufficiente specificazione dei presupposti, del carattere, del contenuto e dei limiti dell'atto di natura amministrativa che impone il divieto assistito da sanzione penale, tale da permettere un efficace controllo incidentale di legittimità dell'atto medesimo. Non è pertanto fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 262 del codice penale sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione. Resta comunque auspicabile una revisione complessiva della "materia del segreto". - V. citate sentenze n. 333/1991 e n. 282/1990.

Parametri costituzionali

Reati e pene - Divieto di divulgazione di notizie riservate - Trattamento sanzionatorio - Lamentata irragionevole equiparazione alla pena prevista (nel massimo) per il delitto di rivelazione di segreti di stato - Esclusione di qualsivoglia potere decisorio del giudice rimettente in ordine alla pena - Manifesta inammissibilità della questione.

Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 262 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, sotto il profilo della asserita irragionevolezza della pena massima nonché eccessiva ampiezza del divario fra il massimo e il minimo della pena prevista dalla norma censurata. Infatti il giudice rimettente, nella sua veste di giudice dell'udienza preliminare, non è chiamato a determinare la pena per il fatto per cui si procede, essendo il suo potere decisorio, nel caso di specie, circoscritto all'alternativa fra la sentenza di non luogo a procedere e il decreto che dispone il giudizio. - Sempre in riferimento all'art. 262 cod. pen. e con riguardo a situazione processuale analoga, v. citata ordinanza n. 156/2000.