Pronuncia 354/2002

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Cesare RUPERTO; Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 688, secondo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 6 febbraio 2001 dal Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Portogruaro, in composizione monocratica, iscritta al n. 55 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, 1ª serie speciale, dell'anno 2002. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2002 il giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 688, secondo comma, del codice penale. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002. Il Presidente: Ruperto Il redattore: Mezzanotte Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 17 luglio 2002. Il direttore della cancelleria:Di Paola

Relatore: Carlo Mezzanotte

Data deposito: Wed Jul 17 2002 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: RUPERTO

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Massime

Reati e pene - Reato di ubriachezza manifesta in luogo pubblico o aperto al pubblico - Punibilità soltanto se il fatto è commesso da chi abbia già riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o l’incolumità individuale - Irrazionalità intrinseca della disciplina, con violazione dei principî di legalità e della funzione rieducativa della pena nonché del principio di offensività del reato - Illegittimità costituzionale.

E' costituzionalmente illegittimo l'articolo 688, secondo comma, del codice penale, che punisce con l'arresto il reato di ubriachezza, se commesso da chi aveva già riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o l'incolumità individuale. La norma risulta viziata da intrinseca irrazionalità in relazione alla avvenuta trasformazione in illecito amministrativo del reato di ubriachezza, di cui al primo comma - e alle finalità perseguite dalla depenalizzazione - poiché essa non costituisce più una circostanza aggravante, ma configura un reato autonomo e finisce con il punire non tanto l'ubriachezza in sé, ma una qualità personale del soggetto. Risulta altresì vanificata la finalità rieducativa che l'articolo 27, terzo comma, della Costituzione assegna alla pena nonché sussiste l'aperta violazione del principio di offensività del reato, di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione e del limite ivi posto alla discrezionalità del legislatore che, nella specie, è quello di impedire la trasformazione in reato di fatti che per la generalità dei soggetti non costituiscono illecito penale, in dipendenza della qualità di condannato per determinati delitti. - Con riferimento al reato di ubriachezza e alla relativa aggravante, v. le ordinanze citate n. 53/1972, n. 185/1971 e n. 155/1971. - Sul principio di offensività del reato, v. le sentenze richiamate n. 263/2000 e n. 360/1995.

Norme citate