Pronuncia 335/2004

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Carlo MEZZANOTTE; Giudici: Fernanda CONTRI, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 287 del codice di procedura civile promosso con ordinanza del 20 gennaio 2004 dal Tribunale di L'Aquila nel procedimento civile vertente tra Di Simone Carlo e De Nuntiis Andrea ed altro, iscritta al n. 159 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2004. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 29 settembre 2004 il Giudice relatore Romano Vaccarella.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 287 del codice di procedura civile limitatamente alle parole «contro le quali non sia stato proposto appello». Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 2004. F.to: Carlo MEZZANOTTE, Presidente Romano VACCARELLA, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2004. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Relatore: Romano Vaccarella

Data deposito: Wed Nov 10 2004 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: MEZZANOTTE

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Massime

Rilevanza della questione - Eccezione di inammissibilità proposta dall’avvocatura dello stato - Problema interpretativo (titolo esecutivo in relazione a decreto ingiuntivo e sentenza di rigetto dell’opposizione) - Adesione del rimettente alla unanime interpretazione della dottrina e della giurisprudenza - Reiezione dell’eccezione.

E’ da respingere l’eccezione di inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, posto che il problema dell’interpretazione dell’art. 653, primo comma, cod. proc. civ. su cui essa si fonda – e cioè se, in caso di rigetto dell’opposizione, il titolo esecutivo sia costituito dal decreto ingiuntivo (come sostiene, sulla base della lettera della norma, la giurisprudenza prevalente) ovvero dalla sentenza (come ritiene la dottrina maggioritaria) – non riveste rilievo di sorta nel presente giudizio una volta che si convenga, con l’unanime dottrina e giurisprudenza, che è la sentenza di rigetto dell’opposizione – senza necessità, dopo la riforma dell’art. 282 cod. proc. civ., che sia dichiarata provvisoriamente esecutiva – a consentire al creditore opposto di procedere esecutivamente (si utilizzi come titolo esecutivo il decreto ovvero la sentenza stessa) nei confronti dell’ingiunto.

Procedimento civile - Errori materiali - Procedimento di correzione della sentenza davanti allo stesso giudice che l’ha pronunciata - Applicabilità alle sole sentenze contro le quali non sia stato proposto appello e non anche alle sentenze appellate - Irragionevolezza, ingiustificata compressione del diritto di agire esecutivamente della parte vittoriosa, lesione della effettività della tutela giurisdizionale - Illegittimità costituzionale (limitatamente alle parole specificate nel dispositivo).

E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., l’art. 287 del codice di procedura civile, limitatamente alle parole «contro le quali non sia stato proposto appello». Ed infatti, la norma impugnata dal rimettente esclude la sola sentenza di primo grado già investita dall’appello – ma non anche quella non ancora appellata – dallo speciale procedimento di correzione di errore materiale da essa disciplinato, ed in tale modo viene a determinare una situazione eccezionale rispetto alla regola – ricavabile dall’esame del sistema normativo in cui tale norma si inserisce – secondo la quale il procedimento di correzione è insensibile alla proposizione dell’impugnazione ed è di competenza del giudice che ha emesso il provvedimento affetto da errore ('lato sensu') ostativo. La circostanza poi che la legge n. 353 del 1990 abbia introdotto la duplice regola della mancanza di efficacia sospensiva dell’appello (art. 337 cod. proc. civ.), unitamente a quella dell’immediata esecutività della sentenza di primo grado (art. 282 cod. proc. civ.), rende tale disciplina – che non può essere più giustificata in base a mere esigenze di economia processuale – del tutto irragionevole, risolvendosi essa altresì in una ingiustificabile compressione del diritto di agire esecutivamente della parte vittoriosa, e pertanto – costituendo l’azione esecutiva strumento essenziale dell’effettività della tutela giurisdizionale – in una violazione dell’art. 24 Cost. - Sulla possibilità per la Corte costituzionale di sindacare la discrezionalità del legislatore nel disciplinare il processo solo in caso di manifesta irrazionalità della disciplina, ovvero di assenza di una valida ragione giustificativa delle scelte legislative, v. le citate sentenze n. 32 e n. 204/2001.