Pronuncia 320/2007

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 443 del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 2 della legge 20 febbraio 2006 n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), e dell'art. 10 della stessa legge, promossi con ordinanze del 21 marzo 2006 dalla Corte militare d'appello, sezione distaccata di Verona, del 6 aprile e del 28 aprile 2006 dalla Corte d'appello di Milano, rispettivamente iscritte ai nn. 275 e 589 del registro ordinanze 2006 ed al n. 115 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 2006 e nn. 1 e 12, prima serie speciale, dell'anno 2007. Udito nella camera di consiglio del 4 luglio 2007 il giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui, modificando l'art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato; 2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, comma 2, della citata legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui prevede che l'appello proposto dal pubblico ministero, prima dell'entrata in vigore della medesima legge, contro una sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato, è dichiarato inammissibile. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2007. F.to: Franco BILE, Presidente Giovanni Maria FLICK, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2007. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Relatore: Giovanni Maria Flick

Data deposito: Fri Jul 20 2007 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: BILE

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Massime

Processo penale - Principio di parità tra le parti - Identità tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli dell'imputato - Esclusione, nei limiti della ragionevolezza.

Il principio di parità delle parti processuali non comporta necessariamente, nel processo penale, l'identità tra i poteri del pubblico ministero e quelli dell'imputato: infatti, stanti le fisiologiche differenze che connotano le posizioni delle due parti, ripartizioni asimmetriche di poteri tra le stesse sono compatibili con il principio di parità, alla duplice condizione che tali asimmetrie trovino un'adeguata ratio giustificatrice nel ruolo istituzionale del PM, ovvero in esigenze di funzionale e corretta esplicazione della giustizia penale, e che risultino comunque contenute - anche in un'ottica di complessivo riequilibrio delle posizioni delle parti - entro i limiti della ragionevolezza. - V., citate, sentenze n. 26/2007, n. 98/1994 e n. 432/1992, e ordinanze n. 46/2004 e n. 165/2003.

Processo penale - Sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato - Appello del pubblico ministero - Preclusione - Irragionevole alterazione del principio di parità tra le parti - Illegittimità costituzionale 'in parte qua' - Assorbimento degli ulteriori profili di censura.

E' costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l'art. 111, secondo comma, Cost., ed assorbiti gli ulteriori profili di censura, l'art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui, modificando l'art. 443, comma 1, cod. proc. pen., esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio abbreviato. Come già affermato nella sent. n. 26 del 2007, che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 1 della medesima legge nella parte in cui rimuoveva il potere di appello del PM contro le sentenze di proscioglimento pronunciate nel giudizio ordinario, anche la norma in oggetto racchiude una dissimmetria radicale fra i poteri delle parti necessarie del processo penale, poiché, a differenza dell'imputato, che rimane abilitato ad appellare le sentenze che affermino la sua responsabilità, il pubblico ministero viene totalmente privato del simmetrico potere di proporre doglianze di merito avverso la pronuncia che disattenda in modo integrale la pretesa punitiva, senza che tale ablazione possa venir giustificata dall'obiettivo di assicurare una maggiore celerità nella definizione dei processi svoltisi in primo grado con il rito abbreviato, considerato, altresì, che il valore della ragionevole durata del processo va contemperato con il complesso delle altre garanzie costituzionali e non può essere perseguito attraverso la totale soppressione di rilevanti facoltà di una sola delle parti. - La incostituzionalità dell'art. 1 della stessa legge n. 46 del 2006 è stata pronunciata con sentenza n. 26/2007, citata. - Sul giudizio abbreviato v., citate, sentenze n. 442/1994, n. 92/1992 n. 363 e n. 81/1991, n. 183 e n. 66/1990 e ordinanze n. 165/2003, n. 347/2002, n. 421/2001, n. 33/1998 e n. 305/1992. - Sul fatto che il valore costituzionale della ragionevole durata del processo debba essere contemperato con il complesso delle altre garanzie costituzionali v., citate, ex plurimis , sentenza n. 219/2004, ordinanze n. 420 e n. 418/2004.

Processo penale - Sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato - Appello del pubblico ministero - Modifiche normative - Inammissibilità dell'appello proposto prima dell'entrata in vigore della novella - Irragionevole alterazione del principio di parità tra le parti - Illegittimità costituzionale 'in parte qua' - Assorbimento degli ulteriori profili di censura.

E' costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l'art. 111, secondo comma, Cost., ed assorbiti gli ulteriori profili di censura, l'art. 10, comma 2, della legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui prevede che l'appello proposto dal pubblico ministero, prima dell'entrata in vigore della legge stessa, contro una sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato, è dichiarato inammissibile. L'art. 2 della legge indicata racchiude una dissimmetria radicale tra le parti necessarie del processo penale, poiché priva il pubblico ministero del potere di proporre doglianze di merito avverso la pronuncia che disattenda in modo integrale la pretesa punitiva, a differenza di quanto accade all'imputato, che rimane abilitato ad appellare le sentenze che affermino la sua responsabilità; tale ablazione non può venir giustificata dall'obiettivo di assicurare una maggiore celerità nella definizione dei processi svoltisi in primo grado con il rito abbreviato, considerato, altresì, che il valore della ragionevole durata del processo va contemperato con il complesso delle altre garanzie costituzionali, e non può essere perseguito attraverso la totale soppressione di rilevanti facoltà di una sola delle parti. Poiché l'art. 2 suddetto è incostituzionale per contrasto con l'art. 111, secondo comma, Cost., deve correlativamente considerarsi costituzionalmente illegittimo in parte qua anche l'art. 10, comma 2, della stessa legge.

Norme citate

  • legge-Art. 10, comma 2

Processo penale - Sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato - Appello del pubblico ministero - Modifiche normative - Declaratoria di incostituzionalità dell'art. 10, comma 2, della legge n. 46 del 2006 - Necessità di intervento sui commi 1 e 3 dello stesso articolo 10, specificamente coinvolti come oggetto da scrutinio - Esclusione, essendo l'adottata declaratoria di incostituzionalità satisfattiva del 'petitum' del rimettente.

La declaratoria di incostituzionalità dell'art. 10, comma 2, della legge 20 febbraio 2006, n. 46, nella parte in cui prevede che l'appello proposto dal pubblico ministero, prima dell'entrata in vigore della legge stessa, contro una sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato, è dichiarato inammissibile, risulta satisfattiva del petitum dei rimettenti, senza che sia necessario un intervento sui commi 1 e 3 dello stesso articolo, in quanto il comma 1 si limita a ribadire il principio tempus regit actum valevole in materia processuale, mentre il comma 3 - che consente alla parte, il cui appello sia stato dichiarato inammissibile ai sensi del comma 2, di impugnare la sentenza di proscioglimento in primo grado con ricorso in cassazione - resta automaticamente inapplicabile nei casi di specie, venendo meno il presupposto della declaratoria di inammissibilità dell'appello del pubblico ministero.

Norme citate

  • legge-Art. 10, comma 1
  • legge-Art. 10, comma 3