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Pronuncia 333/2009

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dellart. 517 del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale di Pinerolo nel procedimento penale a carico di C. N. ed altra con ordinanza del 18 settembre 2008, iscritta al n. 35 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dellanno 2009. Udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara lillegittimità costituzionale dellart. 517 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà dellimputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dellazione penale; dichiara, in applicazione dellart. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, lillegittimità costituzionale dellart. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà dellimputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dellazione penale. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2009. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Giuseppe FRIGO, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 18 dicembre 2009. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Relatore: Giuseppe Frigo

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: AMIRANTE

Massime

Processo penale - Dibattimento - Contestazione di un reato concorrente già desumibile dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale - Facoltà dell'imputato di chiedere il rito abbreviato - Omessa previsione - Denunciata irragionevolezza, ingiustificata disparità di trattamento fra imputati, nonché violazione del diritto di difesa - Motivazione non implausibile sulla rilevanza della questione - Ammissibilità.

E' ammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 517 cod. proc. pen., impugnato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al processo concernente il reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale. Il rimettente, infatti, nel motivare non implausibilmente circa la rilevanza della questione, ha tenuto conto del consolidato orientamento giurisprudenziale che esclude la richiesta di giudizio abbreviato parziale (riferita, cioè, ad una parte soltanto delle imputazioni cumulativamente formulate contro la stessa persona) sull'assunto che il processo non verrebbe definito nella sua interezza, onde rimarrebbe ingiustificato l'effetto premiale, collegato alla scelta del rito alternativo, voluto dal legislatore al fine di ridurre il ricorso alla fase dibattimentale. Invero, tale indirizzo non avrebbe rilievo nel processo a quo , in cui - a seguito dell'avvenuta separazione dei processi e della definizione di quello relativo all'imputazione originaria - la regiudicanda si esaurisce nel solo reato concorrente contestato in dibattimento. Inoltre, l'orientamento in discorso, elaborato con riguardo a richieste di giudizio abbreviato tempestive, ben potrebbe non valere per il caso di specie ove la contestazione suppletiva assume connotati di anomalia, essendo diretta non già ad adeguare l'imputazione a nuove risultanze dibattimentali ma a rimediare ad un'incompletezza già apprezzabile sulla base degli atti di indagine. Pertanto, emerge l'esigenza di garantire all'imputato la facoltà di accesso al giudizio abbreviato limitatamente al reato contestato in dibattimento - reato che, a causa di quell'incompletezza, non avrebbe potuto formare oggetto di una richiesta tempestiva del rito alternativo - senza che possa ipotizzarsi un recupero globale della facoltà stessa (esteso, cioè, anche al reato originariamente contestato, rispetto al quale l'imputato ha consapevolmente lasciato spirare il termine di proposizione della richiesta). Per la declaratoria di manifesta inammissibilità di analoga questione, per non avere il rimettente preso in considerazione l'orientamento della giurisprudenza di legittimità contrario alla richiesta di giudizio abbreviato parziale, «anche solo per contestarne, eventualmente, la riferibilità all'ipotesi di specie», v. la citata ordinanza n. 67/2008.

Processo penale - Dibattimento - Contestazione di un reato concorrente già desumibile dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale - Omessa previsione della facoltà dell'imputato di chiedere il rito abbreviato - Irragionevolezza, ingiustificata disparità di trattamento fra imputati, nonché violazione del diritto di difesa - Illegittimità costituzionale in parte qua.

E' costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., l'art. 517 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale. Premesso che il dubbio di costituzionalità investe la fattispecie della contestazione suppletiva tardiva (derivante, cioè, da un'incompletezza già apprezzabile sulla base degli atti di indagine e non dalla fisiologica emersione di nuovi elementi nel corso dell'istruzione dibattimentale), e che oggetto di scrutinio è la perdita, da parte dell'imputato, della facoltà di accesso al giudizio abbreviato, essendo la nuova contestazione intervenuta dopo che sia spirato il termine ultimo di proposizione della relativa richiesta; la norma censurata viola gli evocati parametri costituzionali, poiché, come già riconosciuto dalla sentenza n. 265 del 1994, nell'ipotesi di contestazione dibattimentale tardiva precludere all'imputato l'accesso ai riti speciali é «lesivo del diritto di difesa», risultando la libera scelta dell'imputato verso il rito alternativo sviata da aspetti di anomalia nella condotta processuale del pubblico ministero, collegati all'erroneità o all'incompletezza dell'imputazione, riscontrabili già sulla base degli elementi acquisiti nel corso delle indagini; e contrasta, altresì, con l'art. 3 Cost., «venendo l'imputato irragionevolmente discriminato, ai fini dell'accesso ai procedimenti speciali, in dipendenza della maggiore o minore esattezza o completezza della discrezionale valutazione delle risultanze delle indagini preliminari operata dal pubblico ministero nell'esercitare l'azione penale». Invero, la citata sentenza del 1994 - dichiarativa dell'illegittimità costituzionale degli artt. 516 e 517 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedono la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione della pena su richiesta delle parti, relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale - aveva dichiarato inammissibile l'omologa questione relativa al giudizio abbreviato, ma solo perché il vulnus costituzionale, ugualmente ravvisabile, poteva essere colmato attraverso plurime soluzioni rimesse alla discrezionalità legislativa, stante l'inconciliabilità di fondo del rito abbreviato con la procedura dibattimentale. Tuttavia, la successiva evoluzione della disciplina dell'istituto, svincolato dai presupposti della definibilità del processo allo stato degli atti e del consenso del pubblico ministero e dotato di un meccanismo di integrazione probatoria, deve indurre a ritenere superata la detta incompatibilità e lo stesso giudice dibattimentale abilitato a disporre e celebrare il giudizio abbreviato. L'accesso al rito alternativo per il reato oggetto della contestazione suppletiva tardiva, anche quando avvenga in corso di dibattimento, risulta comunque idoneo a produrre un effetto di economia processuale, giacché consente al giudice del dibattimento di decidere sulla nuova imputazione allo stato degli atti. La declaratoria di illegittimità della norma impugnata, dunque, si impone, oltre che per rimuovere i profili di contrasto con gli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost. già rilevati dalla sentenza del 1994, anche per eliminare la differenza di regime, in punto di recupero della facoltà di accesso ai riti alternativi di fronte ad una contestazione suppletiva tardiva, a seconda che si discuta di patteggiamento o di giudizio abbreviato: differenza che, nell'attuale panorama normativo, si rivela essa stessa fonte di una discrasia rilevante sul piano del rispetto dell'art. 3 Cost. Sull'ampliamento delle garanzie in tema di ammissione di nuove prove, nel caso di nuove contestazioni del pubblico ministero, v. la citata sentenza n. 241/1992. Per l'affermazione che, in caso di contestazioni derivanti dall'emersione di nuovi elementi nel corso dell'istruzione dibattimentale, la preclusione alla fruizione dei vantaggi connessi ai riti speciali, che si determina nei confronti dell'imputato nelle ipotesi previste dagli artt. 516 e 517 cod. proc. pen., non sia censurabile sul piano della legittimità costituzionale, v. le seguenti citate decisioni: sentenze n. 129/1993, n. 316/1992, n. 593/1990, ordinanze n. 107/1993 e n. 213/1992. Con riferimento alle contestazioni dibattimentali tardive, v. le seguenti citate decisioni: sentenze n. 530/1995, n. 265/1994, ordinanze n. 236/2005, n. 129/2003 e n. 486/2002. Nel senso che la libera scelta dell'imputato verso il rito alternativo rappresenta una delle modalità di espressione del diritto di difesa, v., ex plurimis , le citate sentenze n. 219/2004 e n. 148/2004. In materia di giudizio abbreviato, si vedano, altresì, le citate sentenze n. 169/2003, n. 54/2002, n. 92/1992 e n. 23/1992.

Processo penale - Dibattimento - Contestazione di un fatto diverso già desumibile dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale - Omessa previsione della facoltà dell'imputato di chiedere il rito abbreviato - Irragionevolezza, ingiustificata disparità di trattamento fra imputati, nonché violazione del diritto di difesa - Illegittimità costituzionale in via conseguenziale in parte qua.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., dell'art. 517 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale, comporta la dichiarazione di illegittimità costituzionale consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dell'art. 516 del medesimo codice, nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale. Infatti, i profili di violazione degli evocati parametri costituzionali, riscontrabili con riferimento all'ipotesi di contestazione nel corso del dibattimento di un reato concorrente, sussistono, allo stesso modo, anche in rapporto alla parallela ipotesi in cui la nuova contestazione dibattimentale consista, ai sensi dell'art. 516 cod. proc. pen., nella modifica dell'imputazione originaria per diversità del fatto.

Parametri costituzionali