Pronuncia 249/2010

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 61, numero 11-bis, del codice penale, come introdotto dall'art. 1, lettera f), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), o nel testo risultante dalle modifiche apportate, in sede di conversione, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), promossi dal Tribunale di Livorno con ordinanza del 4 febbraio 2009 e dal Tribunale di Ferrara con ordinanza del 26 gennaio 2010, rispettivamente iscritte ai nn. 16 e 121 del registro ordinanze 2010 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 6 e 17, prima serie speciale, dell'anno 2010. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 9 giugno 2010 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 61, numero 11-bis, del codice penale; dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica); dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, l'illegittimità costituzionale dell'art. 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, limitatamente alle parole «e per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'art. 61, primo comma, numero 11-bis), del medesimo codice,»; dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 61, numero 11-bis, cod. pen., sollevata dal Tribunale di Livorno con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2010. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Gaetano SILVESTRI, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'8 luglio 2010. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA

Relatore: Gaetano Silvestri

Data deposito: Thu Jul 08 2010 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: AMIRANTE

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Massime

Reati e pene - Circostanze aggravanti comuni - Previsione quale circostanza aggravante del fatto commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale - Natura discriminatoria dell'aggravante - Irragionevole disparità di trattamento sanzionatorio tra lo straniero in condizione di soggiorno irregolare e il cittadino italiano o dell'Unione europea - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio di offensività del reato - Illegittimità costituzionale - Assorbimento delle ulteriori censure.

È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 25, secondo comma, Cost., l'art. 61, numero 11- bis , cod. pen., introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f ), del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 luglio 2008, n. 125, che prevede una circostanza aggravante comune per i fatti commessi dal colpevole mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale. Premesso che la violazione delle norme sul controllo dei flussi migratori può essere penalmente sanzionata, per effetto di una scelta politica del legislatore non censurabile in sede di controllo di legittimità costituzionale, ma non può introdurre automaticamente e preventivamente un giudizio di pericolosità del soggetto responsabile; la disposizione in esame lede, innanzitutto, il principio di uguaglianza che non tollera ingiustificate disparità di trattamento fondate sulla differenza di condizioni personali e sociali, poiché prevede un regime sanzionatorio irragionevolmente più rigoroso per lo straniero in condizione di soggiorno irregolare. Questi, infatti, a parità di comportamenti penalmente rilevanti, non solo è punito più gravemente del cittadino italiano o dell'Unione europea (al quale l'aggravante non si applica per effetto della norma interpretativa di cui all'art. 1, comma 1, della legge n. 94 del 2009), ma rimane, altresì, esposto per tutto il tempo della sua successiva permanenza nel territorio nazionale, e per tutti i reati previsti dalle leggi italiane (tranne quelli aventi ad oggetto condotte illecite strettamente legate all'immigrazione irregolare), ad un trattamento penale più severo. La censurata aggravante rivela la propria natura discriminatoria allorché collega alla qualità personale di straniero irregolare, acquisita con un'unica violazione delle leggi sull'immigrazione, l'inasprimento della risposta punitiva prevista per i reati comuni, offensivi di interessi e valori che nulla hanno a che fare con la problematica dei flussi migratori. Dalla contraddizione insita nell'eterogeneità della natura della condotta antecedente rispetto a quella dei comportamenti successivi discende l'estraneità dell'aggravante stessa alla logica del maggior danno o del maggior pericolo per il bene giuridico tutelato dalle norme penali che prevedono e puniscono i singoli reati. Né potrebbe essere ritenuta ragionevole e sufficiente la finalità di contrastare l'immigrazione illegale: infatti, se questo scopo fosse perseguito in modo indiretto, ritenendo più gravi i comportamenti degli stranieri irregolari rispetto ad identiche condotte poste in essere da cittadini italiani o comunitari, si finirebbe per distaccare totalmente la previsione punitiva dall'azione criminosa contemplata nella norma penale e dalla natura dei beni cui la stessa si riferisce. Risulta, altresì, violato il principio di offensività del reato stabilito dall'art. 25, secondo comma, Cost., che, ponendo il fatto alla base della responsabilità penale, esige che un soggetto sia sanzionato per le condotte tenute e non per le sue qualità personali. Un principio, quest'ultimo, che senz'altro è valevole anche in rapporto agli elementi accidentali del reato. Tuttavia, la previsione considerata - rinvenendo la sua ratio sostanziale in una presunzione assoluta di maggiore pericolosità dell'immigrato irregolare - non vale a configurare la condotta illecita come più gravemente offensiva del bene protetto, ma serve a connotare una generale e supposta qualità negativa del suo autore. La qualità di immigrato irregolare diventa così uno "stigma", che funge da premessa ad un trattamento penalistico differenziato del soggetto, i cui comportamenti appaiono, in generale e senza riserve o distinzioni, caratterizzati da un accentuato antagonismo verso la legalità. Le qualità della singola persona da giudicare rifluiscono nella qualità generale preventivamente stabilita dalla legge, in base ad una presunzione assoluta, che identifica un «tipo di autore» assoggettato, sempre e comunque, ad un più severo trattamento. (Restano assorbite le ulteriori censure proposte in relazione all'art. 27, commi primo e terzo, Cost.). Sulla spettanza dei diritti inviolabili «ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani», v. la citata sentenza n. 105/2001. Sull'illegittimità di trattamenti penali più severi fondati su qualità personali dei soggetti che derivino dal precedente compimento di atti «del tutto estranei al fatto-reato», introducendo così una responsabilità penale d'autore «in aperta violazione del principio di offensività», v. la citata sentenza n. 354/2002. Per l'affermazione che «il principio costituzionale di eguaglianza in generale non tollera discriminazioni fra la posizione del cittadino e quella dello straniero», v. la citata sentenza n. 62/1994. Sulla compatibilità costituzionale di limitazioni ai diritti fondamentali, v. le citate sentenze n. 393/2006, n. 63/1994 e n. 366/1991. Sull'illegittimità costituzionale di norme incriminatrici fondate su presunzioni assolute di pericolosità e istitutive di irragionevoli discriminazioni, v. le citate sentenze n. 354/2002 e n. 370/1996. Con specifico riferimento alla condizione dello straniero entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo di permesso di soggiorno, ovvero responsabile del reato di indebito trattenimento nel territorio nazionale, v. le citate sentenze n. 78/2007 e n. 22/2007.

Norme citate

Reati e pene - Disposizione interpretativa dell'art. 61, numero 11- bis , cod. pen. - Riferimento della circostanza aggravante ivi prevista ai cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi - Inscindibile connessione con la norma interpretata, dichiarata costituzionalmente illegittima - Illegittimità costituzionale in via consequenziale.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 61, numero 11- bis , cod. pen., introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f ), del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 luglio 2008, n. 125, comporta, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2009, n. 94, secondo cui la censurata aggravante si intende riferita ai cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi. L'odierna decisione caducatoria ha, infatti, reso completamente priva di oggetto una disposizione che è nata al solo scopo di introdurre una norma interpretativa dell'art. 61, numero 11- bis , cod. pen. e che a quest'ultimo è legata da quel rapporto di inscindibile connessione che, secondo la giurisprudenza costituzionale, giustifica una dichiarazione di illegittimità costituzionale consequenziale. Con riferimento al rapporto di inscindibile connessione idoneo a fondare una dichiarazione di illegittimità costituzionale consequenziale, v., da ultimo, ex multis , la citata sentenza n. 186/2010.

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 1

Parametri costituzionali

  • legge-Art. 27

Reati e pene - Esecuzione delle pene detentive - Divieto di disporre la sospensione dell'esecuzione nei confronti dei condannati per i delitti aggravati dalla circostanza prevista dall'art. 61, n. 11- bis , cod. pen. - Inscindibile connessione con la disposizione del codice penale dichiarata costituzionalmente illegittima - Illegittimità costituzionale parziale, in via consequenziale.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 61, numero 11- bis , cod. pen., introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f ), del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 luglio 2008, n. 125, comporta, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 656, comma 9, lett. a ), cod. proc. pen., limitatamente alle parole «e per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'art. 61, primo comma, numero 11- bis ), del medesimo codice,». L'art. 656 cod. proc. pen. disciplina l'esecuzione delle sanzioni detentive, prevedendo, tra l'altro, la sospensione degli adempimenti esecutivi nel caso di pene (relativamente) brevi, in vista dell'eventuale applicazione di misure alternative alla detenzione. Il citato comma 9, lett. a ), identifica i delitti per i quali la sospensione non può essere disposta, includendovi quelli aggravati dalla condizione di soggiorno irregolare del colpevole, attraverso l'inciso «e per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'art. 61, primo comma, numero 11- bis ), del medesimo codice», introdotto dalla legge n. 125 del 2008 di conversione del d.l. n. 92 del 2008. L'odierna decisione caducatoria ha reso completamente priva di oggetto la norma citata da ultimo - cioè quella specificamente dettata, in un più ampio contesto, con l'inciso che si è trascritto - e legata alla disposizione dichiarata illegittima in questa sede da quel rapporto di inscindibile connessione che, secondo la giurisprudenza costituzionale, giustifica una dichiarazione di illegittimità costituzionale consequenziale.

Norme citate

Parametri costituzionali

  • legge-Art. 27

Reati e pene - Circostanze aggravanti comuni - Previsione quale circostanza aggravante del fatto commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale - Denunciata violazione dei principi di uguaglianza, di personalità della responsabilità penale e della finalità rieducativa della pena - Carenza assoluta di motivazione in ordine ad una condizione essenziale di rilevanza della questione - Inammissibilità.

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 61, numero 11- bis , cod. pen., introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f ), del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 luglio 2008, n. 125, impugnato, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., in quanto prevede una circostanza aggravante comune per i fatti commessi dal colpevole mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale. Condizione essenziale di rilevanza delle questioni concernenti la suddetta previsione circostanziale è che quest'ultima risulti concretamente applicabile nel giudizio a quo . Nel caso di specie, nessun rilievo è stato svolto al fine di illustrare per quale ragione una circostanza aggravante fondata sulla «illegalità» del soggiorno dovrebbe applicarsi anche per reati che, al pari di quello contestato nel giudizio principale, consistono proprio in violazioni della disciplina in materia di immigrazione. Va considerato, in proposito, quanto stabilito nella prima parte dell'art. 61 cod. pen., e cioè che le circostanze comuni aggravano il reato solo «quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali». La carenza assoluta di motivazione sui presupposti interpretativi che condizionano l'applicazione della norma censurata da parte del giudice rimettente rende inammissibile, nel giudizio incidentale di costituzionalità, la questione sollevata. Per la manifesta inammissibilità di questioni aventi specificamente ad oggetto l'aggravante di cui all'art. 61, numero 11- bis , cod. pen., v. le citate ordinanze n. 66/2010 e n. 277/2009. Per la manifesta inammissibilità di questioni per assoluta carenza di motivazione sui presupposti interpretativi che condizionano l'applicazione della norma censurata da parte del rimettente, v., ex multis , le citate ordinanze n. 61/2007 e n. 346/2006.

Norme citate