Pronuncia 243/2014

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giuseppe TESAURO; Giudici : Sabino CASSESE, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 445-bis del codice di procedura civile e dell'art. 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, promosso dal Tribunale ordinario di Roma nel procedimento vertente tra R.A. e l'INPS con ordinanza del 18 gennaio 2013, iscritta al n. 204 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2013. Visti gli atti di costituzione di R.A. e dell'INPS; udito nell'udienza pubblica del 23 settembre 2014 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo; uditi gli avvocati Maurizio Cinelli e Giulio Cimaglia per R.A. e Mauro Ricci per l'INPS.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 445-bis, settimo comma, del codice di procedura civile, introdotto dall'art. 27, comma 1, lettera f), della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilità 2012), sollevata - in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione - dal Tribunale ordinario di Roma, in composizione monocratica e in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 445-bis, cod. proc. civ., in toto, nonché dell'art. 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 - comma aggiunto dall'art. 20, comma 5-bis, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, e poi modificato dall'art. 38, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento agli artt. 3, 24, 38 e 111 della Costituzione; b) dell'art. 445-bis, cod. proc. civ., in toto, in riferimento agli artt. 3 e 111 Cost.; c) dell'art. 445-bis, quarto, quinto e sesto comma, cod. proc. civ., in riferimento agli artt. 3, 24 e 38 Cost.: questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Roma, in composizione monocratica e in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2014. F.to: Giuseppe TESAURO, Presidente Alessandro CRISCUOLO, Redattore Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 28 ottobre 2014. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella Paola MELATTI

Relatore: Alessandro Criscuolo

Data deposito: Tue Oct 28 2014 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: TESAURO

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Massime

Procedimento civile - Controversie in materia di invalidità civile, di pensione di inabilità e di assegno di invalidità - Accertamento tecnico preventivo (ATP) per la verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa, quale condizione di procedibilità della domanda - Prevista inappellabilità della sentenza che definisce il giudizio - Asserita limitazione alla piena realizzabilità e tutelabilità dei diritti previdenziali e assistenziali in cui sia in contestazione il requisito sanitario - Ampia discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali - Inammissibilità della questione.

E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 445- bis , settimo comma, cod. proc. civ., impugnato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., in quanto, relativamente alle controversie in materia di invalidità, cecità, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, stabilisce l'inappellabilità della sentenza che definisce il giudizio in cui sia in contestazione il solo requisito sanitario oggetto di accertamento tecnico preventivo obbligatorio. Invero, la garanzia del doppio grado di giurisdizione non gode, di per sé, di copertura costituzionale e, in ogni caso, nella fattispecie si verte in tema di conformazione degli istituti processuali, non sindacabile dalla Corte per l'ampia discrezionalità spettante al legislatore. - Nel senso che la garanzia del doppio grado di giurisdizione non gode, di per sé, di copertura costituzionale, v., ex multis , le citate ordinanze nn. 42/2014, 190/2013, 410/2007 e 84/2003. - Sull'ampia discrezionalità spettante al legislatore in tema di conformazione degli istituti processuali, v., ex multis , le seguenti citate decisioni: sentenze nn. 65/2014 e 216/2013; ordinanze nn. 48/2014 e 190/2013.

Norme citate

Procedimento civile - Controversie in materia di invalidità civile, di pensione di inabilità e di assegno di invalidità - Accertamento tecnico preventivo (ATP) per la verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa, quale condizione di procedibilità della domanda - Asserita introduzione di una forma atipica di "giurisdizione condizionata", lesiva del principio di ragionevolezza e eguaglianza, del diritto di azione e di difesa in giudizio, del diritto all'assistenza sociale, dei principi di parità e del contraddittorio nonché della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali - Insussistenza - Congruo bilanciamento tra gli interessi generali al contenimento e alla brevità del contenzioso e l'interesse della parte - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, 38 e 111 Cost., degli artt. 445- bis cod. proc. civ. e 10, comma 6- bis , del d.l. 30 settembre 2005, n. 203 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248), i quali, relativamente alle controversie in materia di invalidità, cecità, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, prevedono, rispettivamente, l'accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere in giudizio, quale condizione di procedibilità della domanda, e la partecipazione alle indagini di un medico legale dell'INPS, su richiesta del consulente tecnico d'ufficio (CTU), tenuto a comunicare al predetto Istituto l'avvio delle operazioni di consulenza. La censurata normativa non delinea un'ipotesi di giurisdizione condizionata al previo esperimento di rimedi amministrativi, bensì un procedimento giurisdizionale sommario, modellato su quelli d'istruzione preventiva, a carattere contenzioso, avente ad oggetto la verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa che s'intende far valere, cui fa seguito un eventuale giudizio di merito a cognizione piena. Il legislatore ha inteso così perseguire gli interessi generali alla riduzione del contenzioso assistenziale e previdenziale (nelle ipotesi in cui il conseguimento della prestazione è subordinato all'accertamento del requisito sanitario), al contenimento della durata dei processi in materia ed al conseguimento della certezza giuridica in ordine al citato accertamento; e, nel ragionevole esercizio della sua discrezionalità in tema di processo, ha congruamente bilanciato tali interessi generali con quello della parte a far valere il suo diritto di assistenza o previdenza, basato sullo stato di invalidità. Al giudice, investito dell'istanza di accertamento tecnico preventivo, spettano tutti i poteri procedimentali previsti dal codice di rito civile, nonché il governo dei tempi del procedimento, e l'omologazione giudiziale dell'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del CTU rinviene la sua motivazione, in assenza di contestazioni, nell'accordo tacito tra le parti. Il difensore della parte ricorrente partecipa attivamente a tutto il procedimento, che fin dalla nomina del CTU si svolge nel contraddittorio delle parti, che possono fare osservazioni fino al deposito della consulenza e presentare contestazioni nel termine perentorio assegnato dal giudice. La previsione che impone al CTU di chiedere all'ente previdenziale la nomina del medico legale e di comunicare l'avvio delle indagini non attribuisce al consulente di parte INPS una posizione privilegiata in violazione del principio del contraddittorio, ma garantisce il contraddittorio anche tecnico fin dall'inizio delle operazioni processuali, in considerazione degli interessi pubblici di cui il detto ente è portatore e dei quali va garantita la tutela, peraltro senza che la realizzazione di tale esigenza incida sul libero espletamento dell'attività difensiva della parte privata. Infine, la mancata attribuzione dell'efficacia di titolo esecutivo al decreto di omologa è ragionevole perché coerente con la natura del provvedimento, atto meramente dichiarativo della sussistenza o meno del requisito medico-sanitario, il quale rende inoppugnabile un'acquisizione probatoria, ma non decide sul merito della domanda, essendo necessaria da parte dell'INPS la verifica anche degli altri requisiti, diversi da quello medico-sanitario, che la legge prevede per l'attribuzione di un determinato beneficio. - Per l'orientamento secondo cui la tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 Cost. non comporta l'assoluta immediatezza dell'esperibilità del diritto di azione, né deve necessariamente porsi in relazione di immediatezza con il sorgere del diritto, a condizione che la determinazione concreta di modalità e di oneri non renda difficile o impossibile l'esercizio di esso, v., ex multis , le seguenti citate decisioni: sentenze nn. 276/2000, 67/1990 e 186/1972; ordinanza n. 251/2003. - Relativamente alle condizioni che legittimano forme di accesso alla giurisdizione subordinate al previo adempimento di oneri finalizzati al perseguimento di interessi generali, v. le citate sentenze nn. 98/2014 e 406/1993.

Norme citate

Procedimento civile - Controversie in materia di invalidità civile, di pensione di inabilità e di assegno di invalidità - Accertamento tecnico preventivo (ATP) per la verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa - Procedura e termini - Asserita introduzione di una forma atipica di "giurisdizione condizionata", lesiva del principio di ragionevolezza e eguaglianza, del diritto di azione e di difesa in giudizio, del diritto all'assistenza sociale - Insussistenza - Ampia discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 38 Cost., dei commi quarto, quinto e sesto dell'art. 445- bis cod. proc. civ. i quali - nel disciplinare l'accertamento tecnico preventivo per la verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere nelle controversie in materia di invalidità, cecità, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità - prevedono, rispettivamente, la fissazione, da parte del giudice, di un termine perentorio non superiore a trenta giorni per contestare le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio (CTU); in assenza di contestazioni, l'omologazione, con decreto non impugnabile né modificabile, dell'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del CTU; e l'obbligo per la parte che ha contestato la consulenza di depositare il ricorso introduttivo del giudizio di merito nel termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione. Il legislatore, nel ragionevole esercizio della sua discrezionalità in materia processuale, ha considerato superflua la fissazione di un termine minimo per l'attività di mera contestazione delle conclusioni della CTU, in presenza di un termine massimo già stabilito in trenta giorni: del resto, qualora il giudice assegni un termine non congruo e la parte dimostri di essere incorsa in decadenza per causa ad essa non imputabile, la stessa potrà chiedere di essere rimessa in termini. Inoltre, il decreto di omologa costituisce il punto di arrivo di una procedura che si svolge nel contraddittorio delle parti fin dall'inizio e presuppone un "tacito accordo" delle parti medesime sull'esistenza del requisito sanitario, sicché la sua adozione "fuori udienza" non è lesiva delle garanzie difensive e del contraddittorio tra le parti. Infine, il termine perentorio di trenta giorni per il deposito del ricorso (decorrente dal deposito in cancelleria della dichiarazione di dissenso della parte) è congruo poiché non rende eccessivamente difficile agli interessati la tutela delle proprie ragioni, tenendo, altresì, conto che già il ricorso, con il quale si propone l'istanza di accertamento tecnico preventivo, contiene tutti gli elementi propri di un ricorso giurisdizionale o, quanto meno, l'esposizione sommaria delle domande o eccezioni alle quali la prova è preordinata e, quindi, indica il diritto di cui il ricorrente si afferma titolare e alla cui realizzazione è finalizzata la detta istanza. Pertanto, risultano correttamente contemperate le esigenze di tutela del diritto di difesa con quelle di garantire una ragionevole durata del processo ed é parimenti ragionevole la previsione della necessaria specificazione, a pena di inammissibilità del ricorso, dei motivi della contestazione. - Per l'affermazione che gli interventi diretti a comporre le contrapposte esigenze di concedere alla parte ulteriori strumenti di difesa e di assicurare al processo una ragionevole durata, attraverso la previsione di termini perentori, richiedono apprezzamenti rimessi esclusivamente al legislatore, v. le citate ordinanze nn. 305/2001 e 855/1988. - Sulla compatibilità di preclusioni e decadenze processuali con la garanzia costituzionale del diritto di difesa, v. la citata sentenza n. 221/2008. - Per l'affermazione che la previsione di termini, con effetti di decadenza o di preclusione, è compatibile con l'art. 24 Cost., purché i termini stessi siano congrui e non tali da rendere eccessivamente difficile per gli interessati la tutela delle proprie ragioni, v. la citata sentenza n. 106/1973, ove è altresì sottolineato che, nel processo civile, l'immutabilità dei termini perentori, legali e giudiziali, tende ad assicurare una effettiva parità dei diritti delle parti, contemperando l'esercizio dei rispettivi diritti di difesa.