Pronuncia 3/2015

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Paolo Maria NAPOLITANO; Giudici : Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 133, primo e secondo comma, e 327, primo comma, del codice di procedura civile, nel testo anteriore alla modifica apportata dall'art. 46, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), come interpretati dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con la sentenza n. 13794 del 1° agosto 2012, promosso dalla Corte di cassazione, seconda sezione civile, nel procedimento vertente tra P.A., M.A. ed altri, con ordinanza del 22 novembre 2013, iscritta al n. 38 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio dell'8 ottobre 2014 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata, nei termini indicati in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 133, primo e secondo comma, e 327, primo comma, del codice di procedura civile, nel testo anteriore alla modifica apportata dall'art. 46, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), come interpretati dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con la sentenza n. 13794 del 1° agosto 2012, sollevata, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione, seconda sezione civile, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2015. F.to: Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente Giancarlo CORAGGIO, Redattore Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2015. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella Paola MELATTI

Relatore: Giancarlo Coraggio

Data deposito: Thu Jan 22 2015 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: NAPOLITANO

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Massime

Procedimento civile - Deposito della sentenza e pubblicazione a cura del cancelliere effettuati in momenti diversi - Effetti sulla decorrenza del termine per l'impugnazione - Diritto vivente che fa decorrere gli effetti giuridici dalla data del deposito - Asserita disparità di trattamento - asserita irragionevolezza lesiva della certezza del diritto di difesa delle parti - Insussistenza - Possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata in relazione al quadro normativo - Non fondatezza, nei sensi di cui in motivazione.

Non é fondata, nei termini indicati in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 133, commi primo e secondo, e 327, primo comma, cod. proc. civ. (nel testo anteriore alla modifica apportata dall'art. 46, comma 17, della legge n. 69 del 2009), impugnati, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 24, commi primo e secondo, Cost., in quanto, nell'interpretazione fornita dalla Corte di cassazione, farebbero decorrere il termine lungo per l'impugnazione dalla data del deposito della sentenza, ove diversa e anteriore rispetto alla data di effettiva pubblicazione. La separazione temporale dei due passaggi in cui si articola la procedura di pubblicazione della sentenza (deposito da parte del giudice e presa d'atto del cancelliere), comprovata dall'apposizione di date differenti, costituisce una patologia gravemente incidente sulle situazioni giuridiche degli interessati, riflettendo il tardivo adempimento delle operazioni previste dalla pertinente disciplina legislativa e regolamentare (tra le quali, l'inserimento nell'elenco cronologico delle sentenze, con l'attribuzione del relativo numero identificativo), nonché dalle disposizioni sul processo telematico. Invero, solo con il compimento delle operazioni prescritte dalla legge può dirsi realizzata quella pubblicità alla quale è subordinata la titolarità in capo ai potenziali interessati di puntuali situazioni giuridiche, come il potere di prendere visione degli atti pubblicati e di estrarne copia. Pertanto, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata del censurato diritto vivente, per costituire dies a quo del termine per l'impugnazione, la data apposta in calce alla sentenza dal cancelliere deve essere qualificata dalla contestuale adozione delle misure volte a garantirne la conoscibilità e solo da questo concorso di elementi consegue tale effetto, che, in presenza di una seconda data, deve ritenersi di regola realizzato esclusivamente in corrispondenza di quest'ultima. Il ritardato adempimento, attestato dalla diversa data di pubblicazione, rende così inoperante la dichiarazione dell'intervenuto deposito, pur se formalmente rispondente alla prescrizione normativa; qualora ciò accada, può soccorrere l'istituto della rimessione in termini per causa non imputabile, quale doveroso rimedio ad uno stato di fatto contra legem che, in quanto addebitabile alla sola amministrazione giudiziaria, non può in alcun modo incidere sul fondamentale diritto all'impugnazione. Per il consolidato principio secondo cui «nessuna norma di legge può essere dichiarata costituzionalmente illegittima solo perché è suscettibile di essere interpretata in senso contrastante con i precetti costituzionali, ma deve esserlo soltanto quando non sia possibile attribuirle un significato che la renda conforme a Costituzione», v., ex multis , la citata sentenza n. 17/2010. Per l'affermazione che la garanzia costituzionale del diritto di difesa esige che «i soggetti interessati abbiano tempestiva conoscenza degli atti oggetto di una possibile impugnazione, in modo che siano utilizzabili nella loro interezza i termini di decadenza previsti per l'esperimento del gravame», v. la citata sentenza n. 223/1993.