Pronuncia 78/2015

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 51, primo comma, numero 4), del codice di procedura civile e 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), promossi dal Tribunale ordinario di Milano - sezione nona civile, con ordinanza del 27 gennaio 2014, dallo stesso Tribunale - sezione prima civile, con ordinanza dell'11 febbraio 2014 e sezione specializzata in materia di impresa, con ordinanze del 1° aprile e del 9 maggio 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 87, 130, 169 e 170 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 24, 36 e 43, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visti l'atto di costituzione di N. C. nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 28 aprile 2015 e nella camera di consiglio del 29 aprile 2015 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli; uditi gli avvocati Ugo Minneci e Emilio Negro per N. C. e l'avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 51, primo comma, numero 4), del codice di procedura civile, e 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), sollevata, dal Tribunale ordinario di Milano - sezione nona civile e dallo stesso Tribunale, sezione prima civile e sezione specializzata in materia di impresa, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, con le quattro ordinanze indicate in epigrafe, e, dal solo Tribunale di Milano - sezione nona civile, in riferimento anche all'art. 3 Cost. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2015. F.to: Alessandro CRISCUOLO, Presidente Mario Rosario MORELLI, Redattore Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2015. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella Paola MELATTI

Relatore: Mario Rosario Morelli

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CRISCUOLO

Caricamento annuncio...

Massime

Procedimento civile - Nuovo rito impugnatorio dei licenziamenti - Opposizione avverso l'ordinanza che decide in via semplificata sul ricorso del lavoratore - Previsto deposito "dinanzi al tribunale che ha emesso il provvedimento opposto" - Mancata previsione dell'obbligo di astensione per il magistrato investito dell'opposizione ove abbia pronunciato l'ordinanza opposta - Asserita irragionevole disparità di trattamento rispetto alla ipotesi ritenuta analoga del reclamo nel procedimento cautelare - Asserita lesione del diritto alla tutela giurisdizionale sotto il profilo del difetto di imparzialità del giudice - Insussistenza - Procedimento unitario svolgentesi davanti al medesimo giudice, articolato in due fasi nell'interesse del lavoratore - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., degli artt. 51, comma 1, n. 4, cod.proc.civ. e 1, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92, i quali, nel disciplinare il nuovo rito impugnatorio dei licenziamenti individuali, stabiliscono che l'opposizione avverso l'ordinanza che decide in via semplificata sul ricorso del lavoratore debba essere depositata dinanzi al Tribunale che ha emesso il provvedimento opposto, senza prevedere l'obbligo di astensione per il magistrato investito dell'opposizione ove abbia pronunciato l'ordinanza. La disciplina processuale assunta a tertium comparationis - ossia quella del reclamo contro i provvedimenti cautelari di cui all'art. 669- terdecies cod.proc.civ. - è, in realtà, ben diversa da quella in esame, la quale, a differenza della prima, prevede una prima, necessaria, fase sommaria ed informale e una successiva, eventuale, fase a cognizione piena. Inoltre, diversamente da quanto ritenuto dai rimettenti, l'opposizione de qua non verte sullo stesso oggetto dell'ordinanza opposta (pronunciata su un ricorso "semplificato", e sulla base dei soli atti di istruzione ritenuti, allo stato, indispensabili) né è tantomeno circoscritta alla cognizione di errores in procedendo o in iudicando eventualmente commessi, ma può investire anche diversi profili soggettivi (stante il possibile intervento di terzi), oggettivi (in ragione dell'ammissibilità di domande nuove, anche in via riconvenzionale, purchè fondate sugli stessi fatti costitutivi) e procedimentali. Ciò esclude che la fase oppositoria possa configurasi come la riproduzione dell'identico itinerario logico decisionale già seguito per pervenire all'ordinanza opposta, e, dunque, come un altro grado del processo rispetto al quale sarebbe da ritenersi sussistente l'obbligo di astensione. Il fatto che entrambe le fasi dell'unico grado di un procedimento unitario possano essere svolte dal medesimo magistrato non confligge, quindi, con il principio di terzietà del giudice ma si rivela funzionale all'attuazione del principio del giusto processo per il profilo della sua ragionevole durata e ad una miglior tutela del lavoratore. Infatti, quest'ultimo, in virtù dell'effetto anticipatorio dell'ordinanza che chiude la fase sommaria, può conseguire un'immediata, o comunque più celere, tutela dei propri diritti, mentre la successiva, ed eventuale, fase a cognizione piena è volta a garantire alle parti, che non restino soddisfatte dal contenuto dell'ordinanza opposta, una pronuncia più pregnante e completa. - Per la manifesta inammissibilità di analoga questione di legittimità costituzionale, v. la citata ordinanza n. 205/2014. - Sull'incompatibilità per il giudice che si è pronunciato con decreto ex art. 28, comma 1, della legge n. 300 del 1970 a conoscere dell'opposizione al decreto stesso, v. la citata sentenza n. 387/1999. - Sull'inapplicabilità nel processo civile delle regole in tema di incompatibilità del processo penale, v. la citata sentenza n. 387/1999. - Sul principio di imparzialità del giudice, di cui costituisce estrinsecazione la disciplina dell'astensione, v. la citata ordinanza n. 220/2000. - Sull'obbligo di astensione del giudice nel procedimento civile, si vedano le citate sentenze nn. 460/2005, 363/1998 e 326/1997 e le citate ordinanze nn. 101/2004, 497/2002, 220/2000, 168/2000 e 359/1998.

Norme citate