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Pronuncia 52/2016

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite civili, 28 giugno 2013, n. 16305, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19 marzo 2015, depositato in cancelleria il 26 marzo 2015 ed iscritto al n. 5 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2014, fase di merito. Visto l'atto di intervento della Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR); udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 2016 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi, sostituito per la redazione della decisione dal Giudice Nicolò Zanon; uditi l'avvocato dello Stato Giovanni Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Fabio Corvaja e Stefano Grassi per l'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR).

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara che non spettava alla Corte di cassazione affermare la sindacabilità in sede giurisdizionale della delibera con cui il Consiglio dei ministri ha negato all'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti l'apertura delle trattative per la stipulazione dell'intesa di cui all'art. 8, terzo comma, della Costituzione e, per l'effetto, annulla la sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite civili, 28 giugno 2013, n. 16305. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2016. F.to: Marta CARTABIA, Presidente Nicolò ZANON, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2016. Il Cancelliere F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giorgio Lattanzi

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CARTABIA

Massime

Intervento nei giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato - Regola generale secondo cui non è ammesso l'intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi - Deroga nell'ipotesi in cui la pronuncia resa nel giudizio costituzionale potrebbe precludere al soggetto terzo la tutela giudiziaria della situazione giuridica soggettiva vantata.

È ammissibile l'intervento spiegato dall' Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR) nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Presidente del Consiglio dei ministri, in proprio e a nome del Consiglio dei ministri, avverso la sentenza della Corte di Cassazione, sezioni unite civile, 28 giugno 2013, n. 16305, con la quale è stata affermata la sindacabilità, ad opera dei giudici comuni, del rifiuto del Consiglio dei ministri - basato sul mancato riconoscimento della qualificazione dell'altra parte come confessione religiosa - di avviare le trattative finalizzate alla conclusione dell'intesa di cui all'art. 8, terzo comma, Cost. La regola generale secondo la quale non è ammesso l'intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi, non opera quando la pronuncia resa nel giudizio costituzionale potrebbe precludere la tutela giudiziaria della situazione giuridica soggettiva vantata dall'interveniente, senza che gli sia data la possibilità di far valere le proprie ragioni. Tale è la situazione dell'UAAR, parte resistente nel giudizio in cui è stata resa l'impugnata sentenza della Corte di cassazione, poiché l'accoglimento del ricorso con cui è stato promosso il conflitto di attribuzione impedirebbe all'interveniente di giovarsi di una pronuncia giudiziaria, al fine di ottenere l'apertura delle trattative preordinate alla stipulazione di un'intesa ai sensi dell'art. 8, terzo comma, Cost. Sull'ammissibilità, nei giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, dell'intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi, nel caso in cui la pronuncia resa nel giudizio costituzionale potrebbe precludere la tutela giudiziaria della situazione giuridica soggettiva vantata dall'interveniente, senza che gli sia data la possibilità di far valere le proprie ragioni, v. le citate sentenze nn. 144/2015, 222/2014 e 221/2014 (pronunciate in conflitti fra poteri dello Stato) e le sentenze nn. 107/2015, 279/2008, 195/2007 e 386/2005 (rese in conflitti tra enti).

Governo della Repubblica - Intese tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica - Delibera del Consiglio dei ministri di diniego all'apertura di trattative con l'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti finalizzate alla conclusione di un'intesa - Sentenza della Corte di cassazione che ha affermato la sindacabilità in sede giurisdizionale del rifiuto del Governo di avviare le trattative predette - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, in proprio e a nome del Consiglio dei ministri - Riconducibilità della delibera governativa alla categoria degli atti politici liberi nel fine di cui il Governo risponde politicamente di fronte al Parlamento, ma non in sede giudiziaria - Menomazione della funzione d'indirizzo politico che la Costituzione assegna al Governo in materia religiosa - Dichiarazione di non spettanza alla Corte di cassazione del potere esercitato - Conseguente annullamento della sentenza impugnata.

Non spettava alla Corte di cassazione affermare con sentenza la sindacabilità in sede giurisdizionale della delibera con cui il Consiglio dei ministri ha negato all'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR) l'apertura delle trattative per la stipulazione dell'intesa di cui all'art. 8, terzo comma, Cost.; conseguentemente, è annullata la relativa pronuncia adottata dalle sezioni unite civili, 28 giugno 2013, n. 16305. Nell'ordinamento costituzionale italiano l'intesa richiesta, ex art. 8, terzo comma, Cost., per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diverse da quella cattolica presuppone il rispetto del metodo della bilateralità, cioè la necessità dell'incontro della volontà delle due parti già sulla scelta di avviare le trattative. Non è, quindi, configurabile la giustiziabilità della pretesa all'avvio delle trattative in quanto non è configurabile una pretesa soggettiva alla conclusione positiva delle trattative stesse, risultando altrimenti contraddittorio imporne l'illusoria apertura senza che se ne possa garantire giudizialmente la relativa conclusione. Alla luce di un ragionevole bilanciamento dei diversi interessi protetti dagli artt. 8 e 95 Cost., non è, quindi, configurabile - in capo ad una associazione che ne faccia richiesta, allegando la propria natura di confessione religiosa - una pretesa giustiziabile all'avvio delle trattative ex art. 8, terzo comma, Cost. Spetta, infatti, al Governo una discrezionalità ampia nel concedere all'associazione, che lo richiede, l'avvio delle trattative, il cui unico limite è rintracciabile nei principi costituzionali. L'eventuale atto di diniego all'apertura delle trattative - nella misura e per la parte in cui si fondi sul presupposto che l'interlocutore non sia una confessione religiosa - non può produrre, sulla sfera giuridica dell'associazione richiedente, ulteriori conseguenze negative, diverse dal mancato avvio del negoziato, in virtù dei principi espressi agli artt. 3, 8, 19 e 20 Cost. Sulla legittimazione della Corte di cassazione ad essere parte di un conflitto tra poteri dello Stato, v., ex multis , le citate sentenze nn. 29/2014, 24/2014, 320/2013 e 333/2011. Sui requisiti per l'ammissibilità di un ricorso per conflitto tra poteri promosso avverso una decisione giudiziaria, non potendosi trasformare in un improprio mezzo d'impugnazione della stessa, v. le sentenze nn. 88/2012, 81/2012, 259/2009, 195/2007 e 276/2003 nonché l'ordinanza n. 117/2006. Sull'intesa per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diverse da quella cattolica, di cui all'art. 8, terzo comma, Cost., v. le sentenze nn. 346/2002, 235/1997 e 59/1958. Sul riconoscimento della libertà di organizzazione e di azione garantita a tutte le confessioni dai primi due commi dell'art. 8 Cost. e dall'art. 19 Cost., a prescindere dalla circostanza che esse abbiano o meno regolato i loro rapporti con lo Stato tramite accordi o intese, v. le sentenze nn. 346/2002, 195/1993 e 43/1988. Sul principio di laicità e, quindi, di imparzialità ed equidistanza rispetto a ciascuna confessione religiosa, v. le sentenze nn. 508/2000 e 329/1997. Sulla nozione di confessione religiosa, v. le sentenze nn. 195/1993 e 467/1992.